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Storie quotidiane di razzismo in Italia. L’"altro" siamo noi

L’italia è un Paese sempre più razzista.

Fatti.

I recenti episodi, piu’ o meno assurti agli onori delle cronache, sono sempre più numerosi e gravi; l’ultimo, risalente al primo di febbraio, ci parla di un gruppo di giovani italiani annoiati che ha cosparso di benzina e poi bruciato un clochard di origine indiana, che dormiva sulla panchina della stazione ferroviaria di Anzio.
Il poveretto non e’ morto, per fortuna, ma e’ in prognosi riservata, mezzo bruciato. Mezzo morto. Si chiama Navte Singh e aveva recentemente perso il lavoro di muratore.

 Forse perderà anche la vita. E noi un altro pezzo della nostra anima.

Parole:

L’Italia è un Paese civile. A parole.

Il Presidente della Repubblica Napolitano parla di "episodi raccapriccianti non più isolati, sintomi allarmanti di tendenze diffuse, che sono purtroppo venute crescendo" (applausi).

Quello del Senato, Schifani parla di: "un’escalation che non va sottovalutata". Poi, seguito dalle telecamere, si è recato presso l’ospedale, dov’è ricoverato l’ustionato
e gli ha promesso un lavoro. (Applausi).

Segue a ruota quello della Camera dei Deputati, Fini, che tuona: "non è possibile in alcun modo tollerare forme di discriminazione anche velate, nei confronti di lavoratori stranieri", aggiungendo che "sono lavoratori che danno un contributo fondamentale in settori centrali del nostro sistema produttivo". (Applausi).

E non dimentichiamo l’onorevole Maroni, della Lega Nord, che si batte il petto stigmatizzando "la mancanza di principi fondamentali del vivere civile" (fonti: Ansa)
(Applausi).

L’altroIeri:

Gennaio 2009: il ministro dell’interno Maroni, prepara una direttiva per tutti i prefetti d’Italia, per vietare le preghiere dei cittadini di religione musulmana davanti alle chiese (il famoso "comma Maroni").

1993, alcuni militari italiani in missione "di pace" Onu (Restor hope) in Somalia, praticano la tortura, mediante scariche elettriche ai testicoli, di alcuni civili somali. I torturatori verrano poi tutti assolti (prescrizione). (Silenzio).

Anni cinquanta e sessanta, Torino, boom economico della Fiat, record di immigrazione dal sud Italia per far fronte alle crescenti esigenze di manodopera: su molti stabili in affitto campeggia il monito "NON SI AFFITTA AI TERRONI (Silenzio).

Anni trenta: l’antisemitismo di stato; il governo italiano promulga, controfirmate dal re, le leggi razziali (novembre 1938), che colpiranno gli ebrei italiani, facendogli perdere lavoro, diritti, proprieta’ e poi la vita. (Silenzio).

1911: l’Italia inizia una guerra coloniale di aggressione contro la Libia. Gli "Italiani brava gente" arriveranno a sterminare (anche coi gas e le fucilazioni di massa) il 20 per cento della popolazione autoctona, le cosiddette "razze inferiori" così come venivano definite da media, storici e professori universitari, oltre che da 25 secoli di ideologia occidentale che confluiva in eugenetica e mito della stirpe italica. 
Sappiamo com’è andata a finire....

In realtà:

Il ministro Maroni, che parla di "vivere civile", è quello stesso che firma (27 maggio 2008) il "paccheto sicurezza" con norme contro i migranti ancora piu’ odiosamente razziste di quelle previste dalla famigerata legge Bossi-Fini 
( nº 189/02), vergogna legislativa per la quale l’Italia viene puntualmente stigmatizzata dai rapporti di Amnesty international. Inutile sottolineare come tali rapporti siano sistematicamente censurati dai media di stato. Ma il rapporto annuale 2008 di Amnesty sul razzismo italiano e’ documentato e circostanziato. 
Per esempio nel nostro Paese manca una normativa sul diritto d’asilo (forse perché, crollato il comunismo, i "dissidenti" non servono piu’ alla propaganda).
I "centri d’accoglienza" per migranti sono poco meno che lager, con separazione di famiglie, mancanza di assistenza legale, ispezioni corporali e confische arbitrarie, abusi diffusi.

Sempre Maroni ha recentemente "creato" un nuovo reato, quello di "immigrazione clandestina", nell’ambito del "pacchetto sicurezza" di cui sopra. Bontà sua la pena per tale "colpa" è stata derubricata dalla galera alla sanzione pecuniaria (sino a diecimila euro... non è una barzelletta), fermo restando l’espulsione dopo 60 giorni.


"Immigrazione clandestina", per cui voler sfuggire alla fame, alla guerra, alla disperazione, diventa reato. E’ questa la nostra grande civiltà: Pericle, Gesù e Leonardo ci disconoscerebbero....
 
Io non vedo come si possa parlare di "vivere civile" promulgando leggi palesemente razziste, intimamente razziste, che creano il razzismo per dispositivo.

E trovo incredibilmente incoerente, offensivo, aberrante, parlare in un modo ed agire nel senso esattamente opposto. Eppure è ciò che quotidianamente fa la casta al potere in Italia. Specie in materia di razzismo, dove la retorica più trita e banale viene ripetuta incessantemente dalla tv: in Parlamento votano leggi razziste, davanti alle telecamere vogliono (ipocritamente) bene ai "lavoratori extracomunitari".

Io mi domando come ci si possa stupire del razzismo dei "giovani di borgata" quando l’ordinamento razzista viene promulgato e decretato dai vertici della società stessa, dai suoi ministri e "onorevoli"?

Il fatto poi che, in epoche recenti, gli stessi italiani siano stati migranti in diversi Paesi stranieri, e che il recente benessere ci abbia fatto dimenticare la cultura dell’accoglienza, e’ questo un ribaltamento, un oblio, un’ignoranza di ritorno, che dovrebbe far riflettere.

Abbiamo salito una scala, dapprima umili e malfermi e, ora che siamo in cima, osserviamo gli "altri", con orgoglioso distacco e cinico disprezzo. E magari li bruciamo anche.

Quando non li bruciamo li teniamo in schiavitù

Come per esempio i raccoglitori di patate di Cassibile, a proposito dei quali padre Alex Zanotelli ha detto: "mi vergogno di essere cristiano e di essere italiano".
Ma il nostro razzismo tocca vertici tanto agghiaccianti quanto censurati sistematicamente dai mainstream: pochi sanno come in Puglia,al giorno d’oggi, ci sia un sistema di sfruttamento schiavistico, inumano e bestiale, che ha portato alla morte di più di un centinaio di "schiavi" polacchi, introdotti con l’inganno per raccogliere pomodori, vittime di un caporalato omicida e di una fliera agricola grondante sangue.

Chi poi ha letto "Gomorra" di Saviano sa che lo sfruttamento "razziale" è in Italia ben più che tollerato e non è un fenomeno circoscritto. Al contrario.

Questo accade. Qui e ora.

Lo sappiamo, è gia’ accaduto e non solo in Italia.

Ma perche’ deve accadere ancora? Perche’ non riusciamo a prendere la direzione giusta?

Perche’ non riusciamo a vedere nell’ altro, un po’ di noi stessi? 

Siamo sempre quelli della pietra e della fionda?...Che pena.

Albert Einstein soleva dire che vi e’ solo una razza: quella umana.

Per questo vorrei terminare questa breve riflessione sul razzismo nostrano, con le inesorabili parole di una vittima, le parole con le quali lo scrittore Jean Paul Pougala, il 20 marzo 2008, si appellava al Presidente Napolitano, in una lunga lettera.

E la lettera parla di permessi di soggiorno, questura, ingiustizia, diritti negati, incubi, madre, moglie, figlie, documenti, ritardi, termini, e poi ancora questura, carte, ritardi, documenti, tempi, notifiche, protocolli...ma dietro quelle parole si sente il dramma umano di un camerunese di 46 anni, gli ultimi 23 dei quali in Italia, la cui moglie non può far ritorno in Camerun, dalla madre malata, a causa di un dettaglio burocratico della legge italiana.

Quella stessa Italia che, quando vuole, ci mette 60 giorni a sbatterti fuori a calci, ma se sei qui da decenni e manca un timbro, allora no, qui sei e qui resti.
E se tua madre crepa son fatti tuoi, qui manca il timbro...Prima i timbri poi le persone, se le persone sono sempli "negri", prima che italiani.

Lui, Jean Paul Pougala, si appella al Presidente, e termina il suo scritto con queste parole, ferme e dignitose: "Mi appello a Lei, Sua Eccellenza, per chiedere GIUSTIZIA e sottrarmi al razzismo di stato di cui siamo vittima io e la mia famiglia, affinché possiamo continuare a vivere sereni, affrontando le normali difficoltà della vita, come ogni essere umano di questo paese, senza ulteriori barricate e muri alzati, senza ulteriori frustrazioni, che condizionano la nostra liberta’, la nostra serenita’, la nostra voglia di intraprendere, e di essere utili alla societa’ ed al prossimo. Chiedo forse troppo?"

Ricordiamoci di quando eravamo noi al suo posto

Ricordiamoci che, domani, potremmo tornare ad esserci, al suo posto, anche se non ci pensiamo e continuiamo a farci beatamente i fatti nostri.

O, più semplicemente, proviamo a ricordarci della nostra umanità
, se ancora ce ne resta, e a dimenticarci del resto.

Commenti all'articolo

  • Di mabo (---.---.---.184) 4 febbraio 2009 18:12
     
    Bell’articolo.
     
    Tutto ciò viene amplificato dalla circostanza, non trascurabile, che il nostro è il paese dove maggiormente si è diffuso il cristianesimo, ma si sa tra il dire e il fare………..
     
    Su tutte le facciate degli edifici pubblici dovrebbe campeggiare la parola IPOCRISIA.
     
    Un saluto
    Mauro Bonaccorso
     

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