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Solidarietà vo cercando

All’indomani dell’incontro tra Angela Merkel e Matteo Renzi, che non ha avuto nulla di epocale e molto di routine, checché ne dica e scriva qualcuno, è opportuno fare il punto sullo stato dell’arte (illusionistica) che il nostro premier si trova a gestire. Con un paio di inferenze manco troppo sofisticate si giunge ad una conclusione piuttosto sconfortante: non abbiamo alleati in Europa.

Intanto, due parole sull’incontro di Renzi con François Hollande. Anche quello è stato un purissimo non-evento, malgrado i soliti commenti estasiati in Italia su “asse”, “alleanza” e consimili amenità. Ci si domanda per quale motivo Hollande dovrebbe fare asse con Renzi, visto che l’Italia è uscita dalla procedura per deficit eccessivo (EDP) e la Francia se ne guarda bene. Sarebbe utile sapere che l’uscita dalla EDP implica che scatti un’altra tagliola: l’avvio della cosiddetta Debt Brake Rule del Fiscal Compact, cioè l’avvio della convergenza del rapporto debito-Pil verso la soglia del 60%. La norma prevede che gli stati membri il cui rapporto debito-Pil eccede il livello di riferimento del 60% debbano ridurlo di un tasso medio annuo di almeno un ventesimo (5%) della differenza. Il periodo medio di riferimento deve essere o il triennio che copre l’ultimo anno fiscale (a consuntivo, quindi) e le previsioni per i due anni successivi, o degli ultimi tre anni fiscali.

Ma da quando entra in vigore, la Debt Brake Rule? Formalmente, è entrata in vigore il 13 dicembre 2011. Tuttavia, a quella data ai paesi dell'Ue che si trovavano in procedura di deficit eccessivo è stata concessa una sospensiva triennale, prevedendo l’attivazione della regola nell’anno in cui lo stato membro ha visto il termine della procedura per deficit eccessivo. Questo significa che l’Italia, uscita nel 2013 dalla EDP, vedrà la Rule operativa dal 2016. In quell’anno potremo fare riferimento al triennio consuntivo 2013-2015 oppure a quello 2015-2017, con solo il primo anno a consuntivo.

Persi? Riprendete a leggere da qui. La Francia resta in EDP, e non è dato sapere quando vi uscirà, quindi per loro l’urgenza non si pone. Per noi, invece, la recente segnalazione di “squilibrio macroeconomico eccessivo” significa che non abbiamo fatto nulla per piegare il rapporto debito-Pil, che poi è il requisito ante-Fiscal Compact a cui fare riferimento ora, nell’interim prima dell’avvio della regola. Inoltre, i paesi con debito-Pil superiore al 60% devono raggiungere l’equilibrio di bilancio su base strutturale, pari allo 0,5% di debito-Pil. Il nostro paese deve raggiungere quella soglia l’anno prossimo, quando invece la “Previsione d’Inverno ” della Ue ci vede in risalita dallo 0,6 allo 0,9%. Non vi diciamo dove si trova la Francia (e men che meno la Spagna) secondo quelle metriche. Guardatelo da soli (pagina 153) e sbigottite. Perché mai la Francia dovrebbe “allearsi” con l’Italia, se basta girarsi dall’altra parte e fischiettare?

E quindi? Quindi pare che Renzi si sia concentrato solo sul deficit-Pil “assoluto” e non su quello strutturale, concetto che forse gli sfugge, essendo in effetti piuttosto ostico. Come spesso accade, la miglior lettura dei fatti la fornisce Federico Fubini:

«È per questo che nell’incontro privato le parole di Angela Merkel a Matteo Renzi sono state precise. Al premier ha detto che nella zona euro di oggi non basta riferirsi al Trattato di Maastricht, quello che fissa al 3% del Pil la soglia consentita del disavanzo: quella è solo la base. Bisogna anche rispettare il nuovo patto di stabilità (il cosiddetto “Six Pack”) e il Fiscal Compact. La differenza non è da poco, perché questa diga di norme erette per arginare i mercati nella tempesta degli ultimi anni è più alta di Maastricht: implica l’obiettivo di pareggio in Costituzione, che l’Italia ha approvato da poco; prevede un calo del disavanzo ogni anno e, tra poco, anche del debito; scoraggia dal finanziare tagli alle tasse in deficit senza prima il sì dalla Commissione europea. Renzi ha preso nota delle precisazioni, ma in conferenza stampa ha continuato a dire che rispetterà “Maastricht”. L’impressione dei suoi interlocutori tedeschi è che il neo-premier non cogliesse in pieno la differenza fra il Trattato del ’92 sull’unione monetaria e le regole più recenti»

Quindi, la situazione è questa: Renzi sta cercando di negoziare un innalzamento da 2,6 a 2,8% del deficit-Pil 2014, ma scorda/ignora il parametro strutturale. E nel frattempo dimostra quindi di essere molto moderno, per usare i canoni del suo amico Oscar Farinetti, cambiando idea con la rapidità della luce, passando dal “con riforme strutturali il 3% si può sfondare” al “norma antiquata, ma la rispettiamo e non la cambieremo in modo unilaterale”.

Come finirà? Dovessimo scommettere due centesimi, potremmo ipotizzare la richiesta italiana di disapplicazione temporanea della Debt Brake Rule contro firma di un qualcosa che ricordi molto da vicino un famigerato Memorandum, o uno dei “contractual agreements” che la Merkel vorrebbe introdurre. Lo ha ipotizzato lo stesso Renzi, giorni addietro, in mezzo a tutte le altre sue chiacchiere, ma anche in questo caso noi abbiamo il sospetto che il premier parli di cose che non conosce.

Nel frattempo, pur se inutile, reiteriamo l’appello (o più propriamente la supplica) alla stampa italiana. Alzatevi, e fate analisi. Non esegesi, né auspici, né riti magici, né altre pratiche che appartengono alla sfera della sessualità.

Foto:YahooFinanza

Questo articolo è stato pubblicato qui

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