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Seamus Heaney, un poeta per i diritti umani

La poesia come arte ispirata dalla solidarietà, il ruolo dell’artista come voce di chi è oppresso e dimenticato.

Seamus Heaney, il grande poeta irlandese premio Nobel per la letteratura nel 1995, cultore di Dante e Pascoli ma anche un grande testimone del suo tempo costantemente impegnato nella difesa dei diritti umani, è morto venerdì 30 agosto.
 
Nella vecchia sede generale di Amnesty International a Londra, come ricordano gli attivisti storici dell’associazione, i suoi versi adornavano molte pareti.
 
Versi del figlio di un contadino di Derry (la città nord-irlandese dove era nato nel 1939), di un uomo che mai aveva perso l’istinto naturale per il ritmo universale della natura e della vita dei campi, la sua bellezza e le sue asperità; ma anche versi di un artista indignato che sentiva il dovere di scrivere contro l’ingiustizia.
 
Nel 1985, ricorda Colm O’Gorman, direttore generale di Amnesty International Irlanda, Heaney venne avvicinato in una strada di Dublino da Mary Lawlor, allora responsabile di un Gruppo di volontari dell’associazione nella capitale irlandese. Lei gli domandò: “Vorrebbe scrivere qualcosa per il 10 dicembre?”, la Giornata internazionale dei diritti umani.
 
Heaney rispose subito di sì, chiedendo di ricevere alcune storie emblematiche di prigionieri di coscienza. Quelle storie, di donne e uomini in carcere solo per aver espresso le loro opinioni, ispirarono una delle opere più conosciute di Heaney, Dalla repubblica della coscienza.
 
Molte attiviste e molti attivisti di Amnesty International hanno letto quei versi e ne hanno tratto forza e passione. Quel poema ha suggerito ad Amnesty International di istituire un premio sui diritti umani, chiamato per l’appunto “Ambasciatore della coscienza”.
 
La vita e le poesie di Heaney spingeranno tante altre persone a impegnarsi accanto ad Amnesty International nella difesa dei diritti umani.
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