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Se “fare un figlio è bello” non lo decidono gli Stati Generali della natalità

«Un figlio è un dono, ma è anche un bene comune, capitale umano, sociale e lavorativo». «Fare un figlio è bello! Un figlio non è un bene privato, ma un bene comune che genera futuro e speranza». «Un figlio non è solo un “affare di famiglia”, un fatto privato, ma un investimento per il bene comune. Un figlio è di tutti e per tutti».

Non fosse per i riferimenti costanti al “bene comune” – concetto di là da venire e comunque alieno all’epoca fascista – quelle sopra riportate sembrerebbero affermazioni tratte dritte dritte da una qualche pubblicazione dell’Opera nazionale maternità e infanzia.

Sfortunatamente non è così, a 100 anni dalla marcia su Roma a riproporre la retorica del “fare figli per la patria” in salsa pseudo-contemporanea sono gli Stati Generali della natalità promossi dalla neonata Fondazione per la natalità. Niente di cui stupirsi considerato che si tratta nient’altro che di uno spin-off del Forum delle associazioni familiari, nota realtà di orientamento cattolico, di cui la Fondazione vanta – si fa per dire – anche lo stesso presidente, Gigi De Palo.

Preoccupati per il cosiddetto “inverno demografico”, gli Stati Generali, la cui edizione di quest’anno è in programma per metà maggio (a quella dell’anno scorso partecipò anche il presidente del Consiglio Mario Draghi…), mirano a sensibilizzare politica e opinione pubblica circa le conseguenze della dinamica demografica del nostro Paese, che mostra un segno meno sulla bilancia già da diversi anni.

Ma a fare acqua da tutte le parti è la preoccupazione stessa alla base della chiamata all’azione (a fare sesso senza precauzioni, in fondo, ma sicuramente all’interno del matrimonio qualora qualcuno glielo chiedesse…). Perché non tiene in minima considerazione il contesto più generale, fatto di migrazioni che possono riequilibrare la bilancia demografica e di preoccupazioni (quelle sì fondate) circa l’impronta della popolazione mondiale sul pianeta Terra in termini di esaurimento delle risorse.

L’invito della Fondazione è a «immaginare una nuova narrazione della natalità». Benissimo, lavoriamo a una nuova narrazione della natalità ma che – per carità – non sia questa, che non sia il solito rispolvero di argomenti che cancellano l’autodeterminazione delle donne, che sopprimono la libertà di scelta, che rimuovono dall’immaginario la legittimità di decidere di non avere figli. Perché se «fare un figlio è bello» non lo decidono gli Stati Generali ma ciascuno di noi e per sé soltanto.

Ingrid Colanicchia

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

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