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Sciopero Generale della CGIL


Lo sciopero ha avuto come motivazione la sensibilizzazione, oltre che sul problema lavoro, sui problemi della società tutta che, negli ultimi anni, ha visto decresciere il suo potere di intervento sulle decisioni del governo; ultima quella dell’aggiramento dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
Sciopero Generale della CGIL
Evento importante nell’attuale quadro della politica italiana. Da anni, ormai, i sindacati erano "latitanti sul piano nazionale; dall’inizio della crisi si sono visti i lavoratori che, per difendere il posto di lavoro, si sono "ingegnati" in diversi tipi di proteste dimostrando, ancora una volta, di essere, quando vengono lesi i loro interessi, all’altezza di manifestare il proprio dissenso democraticamente a differenza dello stato che, in diverse occasioni, ha agito caricandoli.

Lo sciopero indica l’insofferenza dei lavoratori alle affermazioni del governo sulla crisi; affermazioni che indicano più una volontà politica di "nascondere per non affrontare" che di affrontare i problemi inerenti al lavoro. Comportamento, questo, incomprensibile in un regime di economia basata sul consumo.


I due milioni e più di disoccupati o aspiranti tali e a quanti, vivendo di lavoro, possono trovarsi in condizioni di necessità, non possono accettare una politica del lavoro basata sull’esclusione dalla produzione e, di conseguenza, dal fruire dei beni tipici della nostra società perché porterebbe ad un impoverimento sia materiale che culturale e aumenterebbe lo spazio a manovre politiche, per certi versi già in atto, miranti a instaurare un sistema basato sulla competizione tra poveri.

Il lavoro è, innanzi tutto, una necessità primaria che serve a produrre beni di prima necessità ma è anche un mezzo di ricatto se a gestirlo sono i proprietari. E’ in questo contesto che si rende necessario un intervento più incisivo dei sindacati affinché si ripristino quei principi - lavoro fisso, cassa integrazione fino ad altra collocazione, scala mobile per il recupero salario e altri - che hanno permesso ai lavoratori di contribuire in modo attivo allo sviluppo e che, senza di essi, tutto sta crollando.
E’ impensabile che una società, basata sul sistema del precariato, possa riuscire a mantenere il livello di civiltà raggiunto. Tale società è destinata a retrocedere al livello di terzo mondo, la dove, anche se tutti lavorano, ma i salari bastano appena per sopravvivere, cadrebbero tutti quei lavori che, per loro natura, non essendo produttivi (servizi) dipendono, appunto, dalla produzione; produzione che, attraverso un salario adeguato dato ai dipendenti, permette loro di acquistare anche beni non necessari e di usare servizi che altrimenti non potrebbero permettersi. Ciò significa, non solo diminuizione del fatturato nei servizi, ma anche nell’industria che produce per i servizi. Inoltre, la diminuizione di lavoratori implica anche la diminuizione delle tasse con conseguente calo dei servizi sociali (sanità, case, scuole, ecc.).

C’è da auspicarsi che i sindacati ritrovino l’unità e ricomincino ad operare in base ai bisogni della gente e non a quelli dei politici.

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francesco

francesco

Sono pensionato da sempre interessato al mondo in cui vivo, scrivo sui blog per esprimere ciò che provo di fronte alle tematiche moderne, non sono giornalista o, se preferite, lo sono solo nella misura in cui esprimo le mie idee scrivendole.

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