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Sanremo e padre Pio segnali: del declino culturale degli italiani?

Il noto filosofo Umberto Galimberti, in una trasmissione televisiva, ha sostenuto che il pubblico che vede le diverse serate del festival di Sanremo coincide con le persone che seguono Padre Pio. E poi ha aggiunto che, in entrambi i casi, si tratta di fenomeni di massa sulle cose scadenti dell’esistenza.

Ha ragione Galimberti?

Inizio con il festival di Sanremo. E’ più semplice.

Indubbiamente, sono ormai diverse edizioni che la qualità artistica delle canzoni presentate a Sanremo è, tranne rare eccezioni, appunto scadente. Il festival è diventato un happening televisivo, visto sì da 10 milioni di italiani, un numero elevato, che peraltro, non lo si deve dimenticare, rappresentano una minoranza, sebbene consistente, dell’intera popolazione.

Del resto a partire soprattutto dagli anni ’80 si è assistito ad un progressivo scadimento della qualità delle trasmissioni televisive, in primo luogo con il forte sviluppo delle reti private di proprietà di Mediaset, che ha contribuito al declino culturale che ha interessato componenti rilevanti della società italiana.

Passando a padre Pio, si può fare riferimento ad un articolo di don Aldo Antonelli, pubblicato su l'Huffington Post nella parte in cui vengono riportati tre episodi della vita di padre Pio contenuti nel libro, scritto da Sergio Luzzatto, “Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento”.

“1911-1913. Dopo essere stato ordinato sacerdote, il giovane fra’ Pio passa quasi tutto il tempo nella sua casa di Pietrelcina, perché malanni non meglio precisati gli rendono impossibile la vita in convento. E da casa sua scrive lettere ai suoi direttori spirituali, fra’ Benedetto e padre Agostino, entrambi di San Marco in Lamis. Lettere nelle quali descrive con trasporto il suo travaglio spirituale, le sue estasi, il suo rapporto personale con Cristo. Ma le lettere sono copiate, per la precisione riprese parola per parola dell’epistolario di Gemma Galgani, una donna di Lucca che aveva ricevuto le stimmate nel 1899, e il cui libro era tra le letture del giovane frate.

15 agosto 1920. San Giovanni Rotondo. Un’automobile esce dal convento dei cappuccini per giungere nella piazza principale del paese. A bordo padre Pio, acclamato dalla folla. Giunto in piazza, il frate benedice la bandiera dei reduci, che nella zona hanno organizzato le prime squadre fasciste. Due mesi dopo, in quella stessa piazza, undici contadini socialisti saranno massacrati dai soldati. All’indomani dell’eccidio, il frate accoglierà con grande cordialità nel suo convento Giuseppe Caradonna, figura di primo piano del nascente fascismo in Capitanata.

1921. Il Santo Uffizio manda a San Giovanni Rotondo monsignor Raffaele Carlo Rossi, per interrogare il frate. Tra le altre cose, monsignor Rossi gli chiede conto di una certa sostanza da lui ordinata in gran segreto in una farmacia locale, che poteva servire a procurare le stimmate. Il frate si difende sostenendo che intendeva usarla per fare uno scherzo ai confratelli, mischiandola al tabacco in modo da farli starnutire”.

E Antonio Vigilante così commentò quei tre episodi: “Il profilo che emerge è quello di un fascista un po’ imbroglione, privo di qualsiasi spessore umano e culturale”.

Del resto Padre Gemelli, il fondatore dell’Università cattolica di Milano, in una relazione dopo una sua visita di ispezione definì padre Pio “autolesionista, imbroglione, psicopatico”.

Pertanto la presenza di un numero molto consistente di persone che hanno seguito l’arrivo della salma di Padre Pio a Roma e che hanno partecipato alle diverse iniziative organizzate in Vaticano, può essere interpretata anche come un’ulteriore manifestazione del livello culturale non proprio molto elevato che contraddistingue settori abbastanza consistenti della popolazione italiana.

Con tali considerazioni non si intendono formulare giudizi fortemente negativi sui comportamenti e sugli orientamenti culturali di una parte piuttosto rilevante degli italiani.

Si vuole soltanto prendere atto di una situazione che caratterizza, attualmente, la società italiana e che l’ha contraddistinta anche in passato.

Altrimenti, a mio avviso, non si spiegano, ad esempio, i notevoli consensi elettorali, del tutto legittimi ovviamente, ottenuti da Berlusconi ed anche, inoltre, i consensi che riesce ad avere Salvini, pur se, in entrambi i casi, ci sono ulteriori, e non secondari, motivi che hanno determinato tali consensi, attribuibili a quanti non sono stati in grado di fornire reali, convincenti e credibili alternative agli orientamenti politici e culturali dei personaggi a cui ho appena fatto riferimento.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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