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Russia-NATO | Il boomerang delle sanzioni

In molti -probabilmente più interessati al risvolto politico e personale di tanti proclami, ma molto poco consapevoli e dotti dal punto di vista economico e della economia reale- vanno beatificando le sanzioni alla Russia. Un po’ come la maestra cattiva che si compiaceva delle punizioni inflitte agli studenti, piuttosto che preoccuparsi di formare una classe di ragazzi preparati. 

Ebbene, le sanzioni potrebbero invero rivelarsi un boomerang senza precedenti. In particolare, l’esclusione delle banche russe da Swift, il centro nervoso delle transazioni internazionali, usato da più di 11.000 banche di oltre 200 paesi comporterebbe per l’Europa un completo cambio di rotta, dopo trent’anni di tentativi di integrazione con l’economia russa. Le banche europee sono le più esposte al mondo nei confronti della Russia, in particolare quelle austriache, francesi e italiane. Francia e Italia vantano crediti per circa 22 miliardi di euro (dati Bis a ottobre 2021) ciascuna, e le banche austriache per 15.
Sul piano macroeconomico è una misura indiretta della ricaduta negativa delle sanzioni sulla crescita potenziale in Europa e, sul piano aziendale, per le banche del vecchio continente che hanno dal 2007 il problema di vedere le quotazioni delle proprie azioni ben al di sotto del valore contabile. Ma il punto essenziale è che questa guerra non è paragonabile a nessuno dei conflitti che abbiamo vissuto dalla fine della seconda guerra mondiale e che c’è il rischio che i mercati sottostimino le implicazioni a lungo termine, esattamente come sottostimarono il pericolo della prima guerra mondiale, come è dimostrato dal fatto che Wall Street ha reagito positivamente alla notizia dell’invasione il 24 febbraio perché questo riduceva la probabilità di aumento dei tassi di interesse da parte della Fed.
Invece dobbiamo prendere atto che la seconda guerra fredda è ufficialmente cominciata, che le implicazioni politiche sono imprevedibili e che un periodo globale di stagflazione è sempre più probabile.

Ci vorrà del tempo per capire le conseguenze a medio termine del nuovo scenario e soprattutto l‘effetto combinato dei due eventi come la pandemia e la guerra, anche perché il secondo di essi non era affatto considerato come il più probabile. Ma una cosa può già ritenersi certa: per le banche europee e quelle italiane sarà un anno molto più complesso di quanto previsto. 

A ciò si aggiunga che la fine degli acquisti di titoli da parte della Bce (anche se temperata dal fatto che i titoli che giungeranno a scadenza verranno rinnovati per almeno due anni) è un problema per paesi con un debito pubblico elevato come l’Italia: dopo la pandemia siamo arrivati a oltre 150 per cento del pil e oggi, nonostante l’allungamento della scadenza media, il Tesoro italiano emette circa 400 miliardi di titoli all’anno. E infatti dopo l’annuncio della Bce, lo spread Italia-Germania è subito cresciuto di qualche decina di punti: è il segno che il circolo vizioso fra debito bancario e debito sovrano esploso nel 2010 continua a produrre effetti.
In uno scenario di crescita, il problema poteva essere tenuto sotto controllo: l’Italia, dopo il 6,3% del 2021, avrebbe dovuto crescere del 3,9% nel 2022 secondo le previsioni di ottobre del Fondo monetario. Ma la guerra avrà effetti negativi sulla crescita, soprattutto in Europa. 

Germania e Italia sono i principali acquirenti del gas russo vedranno e hanno già visto aumentare la loro bolletta energetica, ma non bisogna dimenticare che la Russia copre un terzo del fabbisogno di gas naturale dell’intero vecchio continente. 

Sarà inevitabile quindi un’ulteriore spinta all’aumento dei prezzi, con ovvi effetti sulla crescita dell’intero continente. 

Insomma, la stagflazione è servita.

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