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Ricordi? Il film di Valerio Mieli

Proiettato alla presenza di regista (Valerio Mieli) e attori un film acquista maggiore credibilità, gli spettatori possono discuterne con i primi, che “ci mettono la faccia”. Così è avvenuto in un cinema di buon livello, d'essai, a Treviso. La presentatrice dell'evento ha detto del premio del pubblico alla Giornata degli Autori al festival di Venezia del 2018, ha descritto la bontà della fotografia e del montaggio, ha rivolto al pubblico l'invito a prescindere dalla razionalità nella visione ma di lasciarsi andare unicamente alle emozioni. Sarà!?

Ma... oltre ai Ricordi? niente! Non resta nulla ad almeno uno spettatore che si aspettava le annunciate emozioni: la storia d'amore tra il bel tenebroso, bello e tormentato (Luca Marinelli) e la ragazza gioiosa acqua e sapone (Linda Caridi) che ne resta inebriata è abbastanza banale: il colpo di fulmine, la successiva convivenza, la ragazza gioiosa che lo tradisce con l'amico di adolescenza, nessuna emozione, “tutto il resto è noia, no non ho detto gioia”. Fino al conclusivo Ti voglio bene ma non ti amo più (o la regola dell'amico?). Probabilmente le emozioni (“siamo fatti solo di quelle”, diceva Harvey Keitel in Youth di Sorrentino) risiederebbero nei ricordi di lui, che ne ha solo di pesanti sui rapporti burrascosi tra i suoi genitori al tempo dell'infanzia. A lui vengono in mente, in continua dissolvenza delle scene del presente e riproposizione del passato, momenti analoghi a quelli d'oggi già vissuti prima, magari con altre ragazze. E' invaso da un “pessimismo cosmico”, parole più volte citate sono isquallidendo squallido intristito. Frustrante è che dica che la cosa ha cominciato a finire quando è iniziata o che le cose si fanno il nido dentro, che tutto diventa qualunque e nulla sarà mai più così bello. A nulla vale che venga detto nel film che il passato è passato, lasciamolo un po' in pace.

Mah! Forti dubbi di non avere ben compreso questo film e di conseguenza non apprezzarlo. L'unica nozione di una qualche utilità che se ne può ricavare è di fare attenzione a lasciarsi prendere dai propri ricordi e mostrarli (come nel film) o raccontarli a lungo, essi sono molto personali e gli astanti potrebbero non averne emozioni e cominciare a distrarsi, sì da chiedere al proprio vicino di poltrona tre volte che ore sono, nell'attesa che finiscano i 106 minuti di proiezione. Altra pecca minore o casuale è che i due vengano descritti di mestiere come docente universitario il primo e professoressa di liceo la seconda: a parte un certo maschilismo nell'attribuzione delle professioni (il maschio al solito è più alto in grado), di esse non si vede traccia, tutti presi sono i due dai loro turbamenti.

 

 

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