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Ricco e interessante fino all’ultimo concerto, il cartellone di Musikàmera 2023

I concerti del Pavel Haas Quartet ; di Beatrice Rana; de La stagione Armonica; del duo Dindo/De Maria hanno concluso con successo la settima stagione concertistica.

 

Quattro concerti per un arrivederci a presto hanno concluso la stagione 2023 dell’Associazione veneziana.

Nelle sale Apollinee si è esibito il Pavel Haas Quartet, originario di Praga, dove venne fondato nel 2002 dalla violinista Veronika Jaruskova. Il nome scelto è quello del compositore Pavel Haas (Brno, 21 giugno 1899 – Auschwitz, 17 ottobre 1944), uno dei più talentuosi allievi di Leos Janacek, il quale fu imprigionato dai nazisti nel 1941 nel ghetto di Terezin e trasferito in seguito nel campo di concentramento di Auschwitz, per essere ucciso.

Mutata negli anni, ad eccezione della fondatrice, la formazione comprende Marek Zwiebel, violino; Simon Truszka, viola ; Peter Jarusek, attuale consorte di Veronika, violoncello.

Il concerto si è aperto con un toccante brano di Josef Suk (1874 – 1935), - un compositore cecoslovacco, tendenzialmente melodico, uno degli allievi prediletti di Antonin Dvorak nato in Boemia, allora appartenente all’impero austro-ungarico – Meditation on the Old Czech Chorale ‘St. Wenceslas’, op.35a (1914).

Si tratta dell’inno più conosciuto della chiesa ceca. Appartiene tuttora ai canti religiosi più popolari e ai più antichi canti europei ancora oggi eseguiti. Il suo contenuto è una preghiera a San Venceslao, duca di Boemia e santo patrono ceco, affinché interceda presso Dio per la sua nazione, aiuti dall’ingiustizia e garantisca la salvezza.

Rapito dalla limpidezza e dalla sofisticata eleganza sonora, il pubblico ha quindi ascoltato il Quartetto n. 3 in Re maggiore, op. 34 (1945) di Erich Wolfgang Korngold (1897 – 1957), compositore e bambino prodigio, nato in Moravia, trasferitosi in America, dove ottenne successo come compositore di musica per film e dove morì a Los Angeles.

Quello che è il suo ultimo lavoro da camera, in quattro movimenti, per una durata che sfiora la mezz’ora, è caratterizzato da una melodia presente fino alla fine nei diversi momenti, con l’utilizzo di pizzicati nel simpatico Scherzo.

Una breve pausa, per ritrovare la concentrazione adatta per eseguire l’unico Quartetto scritto da Claude Debussy (1862 – 1918), “in Sol minore, op.10 L 91” (1893), che rappresentò anche il primo importante lavoro del compositore.

In quasi 27 minuti, Debussy, suddividendolo in quattro movimenti, diversi quanto al ritmo e all’atmosfera che li pervade, dimostra una originalità di idee, e una solidità nella tecnica che lo accompagneranno per tutta l’esistenza.

Applausi affettuosi e convinti fanno riuscire il quartetto, per un piccolo bis, che spesso contraddistingue le sue esibizioni : Du einzig teure, nur fur dich, vale a dire il n .9 dei “Zypressen” per quartetto d’archi di Antonin Dvorak (1841 – 1904), originalmente “Liebes Lieder”, dall’omonima raccolta poetica di Gustav Pfleger Moravsky (1833 – 1875), letterato ceco.

Ci si sposta al teatro Malibran, per un appuntamento atteso con trepidazione, che ha visto un notevole afflusso di pubblico. Protagonista la giovane, sta per compiere 31 anni, pianista, ormai frequentatrice di tutte le più prestigiose sale da concerto nel mondo, Beatrice Rana, al punto che il suo website è in lingua inglese e le recensioni inserite sono tutte estere.

Ma torniamo alla musica.

Ha iniziato con la Fantasia in Si minore, op. 28 (1900) di Aleksandr Scriabin (Mosca, 1871 – 1915), compositore che emoziona per il suo essere romantico e sperimentatore nello stesso tempo, passando dalla atonalità alla dissonanza.

Si rimane nel XX° secolo con Cipressi, op. 17 (1920) di Mario Castelnuovo-Tedesco (Firenze, 1895 – Beverly Hills, 1968), pianista e compositore di origini ebraiche, naturalizzato statunitense, perché costretto ad emigrare a New York nel 1939, dato che in Italia erano state promulgate le leggi razziali. E’ un brano inizialmente austero, quasi ombroso, che si sviluppa alternando oscurità e luminosità, dolcezza e malinconia, fino a giungere ad un finale sussurrato, quasi a voler indurre l’ascoltatore a una riflessione.

E’ la volta di una Medley di Claude Debussy. Dal secondo libro dei Preludi, l’artista esegue il n.7, La Terrasse des audiences au clair de lune (1912); dal primo libro dei Preludi sceglie ancora il n.7, Ce qu’a vu le vent d’ouest (1910) ; conclusione con L’isle joyeuse (1904), una scelta azzeccata, perché ha dato modo di assaporare un pianismo introspettivo, spezzettato, di un musicista ormai in grado di imporsi all’attenzione per un linguaggio decisamente originale.

Una lunga pausa prelude il ritorno in scena per interpretare l’impegnativa Sonata in Si minore S 178 (1853) di Franz Liszt (1811 – 1886), arduo banco di prova di pianisti affermati – uno su tutti Vladimir Horowitz - , dedicata a Robert Schumann. Pur non approdando a una risoluzione spirituale, la Sonata è immersa in un clima di insoddisfatta tensione.

Esecuzioni impeccabili unite a tecnica e tocco elegante, rendono la Rana distinguibile anche ad un ascolto al buio. Il pubblico l’ha seguita in silenzio e con attenzione, per cogliere ogni minima sfumatura stilistica, tributandole alla fine un lungo, ininterrotto applauso.

Rimandato alla stagione 2024 il concerto di Silvia Frigato, soprano e Aldo Orvieto, pianoforte, per motivi di salute, ha entusiasmato e divertito alle Apollinee il concerto de La Stagione Armonica, un numeroso ensemble vocale, affiancato da due musicisti, Pietro Posser, tiorba, Silvia De Rosso, viola da gamba, e artisticamente diretto dal 1996 da Sergio Balestracci (Torino, 1944).

In programma L’Amfiparnaso, del modenese Orazio Vecchi (1550 – 1605), “Comedia Harmonica”, presumibilmente composta a Modena nel 1594, dove anche debuttò.

Nelle intenzioni dell’autore, la commedia è un tentativo di trasportare in musica la Commedia dell’Arte, i cui caratteristici personaggi del XVI° e XVII° secolo si potevano vedere in ogni fiera di villaggio dell’Italia del Nord ed erano popolarissimi e conosciuti da tutti.

A rappresentare i diversi personaggi in una maniera esilarante , che ha suscitato le risate della platea e i sorrisi degli stessi musicisti, un attore che giocava in casa, il veneziano Alessandro Bressanello, coadiuvato da Alessia Donadio. Bravissimo a passare dall’italiano al dialetto nel caratterizzare : Pantalone, il vecchio avaro sempre innamorato delle giovani donne ; Arlecchino, lo Zanni sempre affamato ; il dottor bolognese Graziano, l’erudito e il Capitan Cardone, lo spagnolo sbruffone, gradasso e millantatore.

Considerato, nel suo genere, la prima Opera Buffa, lo spettacolo ha incontrato un gradimento sia nella parte musicale, con la professionalità e la bravura di cantanti e musicisti, che negli interventi teatrali .

Due musicisti affiatatissimi, che suonano assieme da molto tempo, hanno concluso con un concerto memorabile la stagione 2023 alle sale Apollinee. La scelta di approntare un programma di brani di compositori poco conosciuti e colpevolmente trascurati, tuttavia meritevoli di essere ascoltati, ha dato vita ad un recital intenso, seguito con passione da un folto pubblico.

In pedana il pianista Pietro De Maria (Venezia, 1957) e il violoncellista Enrico Dindo (Torino, 16 marzo 1965), il cui strumento, un Pietro Giacomo Rogeri del 1717, appartenuto a Niccolò Paganini, ha una voce eccellente, fra le più belle e appaganti che l’orecchio umano possa udire.

Tre i compositori selezionati : Alexander von Zemlinsky (Vienna, 14 ottobre 1871 – Larchmont, New York, 15 marzo 1942) ; Erno Dohnanyi (Pozsony, nome ungherese di Bratislava, all’epoca appartenente al regno d’Ungheria, 27 luglio 1877 – New York, 9 febbraio 1960) ; Nikolaj Jakovlevic Mjaskovskij (Novogeorgievsk, vicino a Varsavia, a quell’epoca occupata dai russi, 20 aprile 1881 – Mosca, 8 agosto 1950).

Zemlinsky, compositore austriaco di origine polacca, protagonista nella Vienna musicale a cavallo tra ‘800 e ‘900, fu molto legato a Gustav Mahler, con il quale condivise la fama di grande direttore d’orchestra, e ad Arnold Schoenberg, più giovane di lui di soli tre anni, il quale divenne in seguito suo cognato, quando sposò sua sorella Mathilde von Zemlinsky.

Di Zemlinsky il duo ha eseguito la Sonata in La minore, un’opera giovanile composta nel 1894 e presentata in anteprima da Friedrich Siegfried Buxbaum, a cui è dedicata, al violoncello. In tre movimenti – Mit Leidenschaft (con passione) – Andante – Allegretto – per certi versi ricorda un certo Romanticismo beethoveniano, anche se risente delle inquietudini dell’Espressionismo.

Di Dohnanyi, tra i più rinomati artisti ungheresi, quanto a perfezione tecnica e fervore dell’espressione, i musicisti hanno eseguito la Sonata in mi bemolle, op. 8 (1899), un pezzo in quattro movimenti, in cui i motivi principali sono tutti di derivazione popolare, soprattutto quello finale che serve da tema per nove variazioni in un tempo allegro moderato. Assai ritmico e coinvolgente è l’inizio del secondo movimento (Scherzo:vivace assai), che poi si indirizza verso un andamento melodico, quasi una ballata ariosa, pur se leggermente malinconica. Ma ecco che il finale ridiventa ritmicamente scoppiettante.

Di Mjaskovskij, Dindo e De Maria hanno affrontato la Sonata n.2 in La minore, op. 81, la seconda di due sonate, che rappresentano due pilastri del repertorio per violoncello e pianoforte della prima metà del ‘900 e influenzeranno anche la musica contemporanea.

E’ conosciuta anche grazie al dedicatario dell’opera, un giovane Mstislav Rostropovich (1927 – 2007), che oltre ad eseguirla per la prima volta il 5 marzo 1949, aveva chiesto di collaborare durante la fase di composizione. Nei tre movimenti convivono un lirismo popolare e un romanticismo strappalacrime.

Impeccabile l’esecuzione del duo, con un Dindo palesemente affaticato, per la concentrazione in un difficile programma, affrontato con decisione e professionalità, superando ogni insidia, grazie anche al sostegno di De Maria : anche se Dindo, rivolto verso la platea, non vedeva il collega, bastava un gesto o un'occhiata fugace, per iniziare il percorso musicale in perfetta sintonia.

Applausi e soddisfazione nel pubblico, consapevole di aver assistito ad un concerto di qualità superiore.

Musikamera 2024 comincerà il 17 e 18 gennaio alle 20 alle sale Apollinee della Fenice. Protagonisti il basso Andrea Mastroni, e il pianista Silvio Ometto nell’ interpretare Die Schone Mullerin, (1823), di Franz Schubert, venti Lieder per voce e pianoforte, un ciclo di poesie che apriva la raccolta dello scrittore Wilhelm Muller.

 

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