• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Media > Report: l’arresto di Messina Denaro, la latitanza, la trattativa

Report: l’arresto di Messina Denaro, la latitanza, la trattativa

La verità, vi prego, sulla mafia, sull’arresto di Messina Denaro e su chi ne ha garantito la latitanza – viene da parafrasare il poeta Auden, per questa puntata di Report, all’indomani delle celebrazioni sulla morte del giudice Giovanni Falcone ucciso a Capaci 31 anni fa assieme alla moglie e ai componenti della scorta.

Sos Emilia Romagna

Ma l’anteprima della puntata è dedicata all’alluvione in Emilia Romagna, con le immagini dei campi allagati, gli allevamenti dove gli animali rischiano di affogare nell’acqua.
L’acqua nei campi ha raggiunto l’altezza di 1 metro e venti centimetri: significa la morte delle piante, dei laboratori, dei frigoriferi, di tutte le strutture nelle aziende agricole o negli allevamenti.
Andrea Benzenati – l’allevatore che ha aperto a Report il suo allevamento deve salvare le sue scrofe che sono rimaste nell’acqua fredda per più di 24 ore.

Passata l’emergenza arriverà poi il momento della conta dei danni.

La pupiata di Paolo Mondani

Nei vocali presi dal telefono di MMD si sente parlare il boss della sua vita privata: la cattura del boss è diventata una soap opera, le amanti che litigano, il paese omertoso sullo sfondo, la sua cartella clinica squadernata davanti a tutti.

Possibile che la sua rete di fiancheggiatori finisca con l’alter ego, il medico massone e l’autista?

Ancora mancano pezzi della cattura, non sappiamo chi abbia garantito la sua latitanza: il giudice Di Matteo parla di garanzie ad alto livello, in una provincia, Trapani, che non è una provincia qualsiasi. Qui si legano mafia, logge massoniche, servizi segreti.
Nelle logge si ritrovano mafiosi, politici che si ritrovano assieme. A Trapani si trovava la base dell’aeronautica usata da Gladio: dopo l’arresto di MMD si scoprì che il suo fiancheggiatore era il medico Tumbarello, i cui contatti cui servizi erano noti da anni, medico anche iscritto alla massoneria.

MMD aveva messo in piedi una rete massonica tutta sua: è stato l’architetto Tuzzolino a raccontarlo alla magistrata Principato. Alcune sue rivelazioni si sono rivelate false e ne hanno causato l’arresto, ma altre sono state riscontate: come quelle sui rapporti tra Messina Denaro e l’ex sottosegretario D’Alì, sul fatto che quest’ultimo fosse iscritto alla loggia La Sicilia, come un Gran Maestro.
Le indagini sulla massoneria si sono poi fermate: a queste super logge segrete appartenevano imprenditori trapanesi e politici che tutelavano la latitanza del boss.
Tuzzolini incontrò Messina Denaro più volte, in diversi incontri che gli diede una mano in un suo progetto a New York.
La Loggia La Sicilia era una diretta emanazione della P2 – racconta il servizio: sin dai tempi di Bontade la mafia era in contatto con la loggia di Gelli. Diversi pentiti hanno dettagliato di viaggi in Sicilia di Gelli in Sicilia, dove questi si incontrava coi boss mafiosi.
Dunque la rete di protezione di MMD (scoperta dalla pm Principato) è di derivazione da quella di Gelli: politici, giornalisti, professionisti, tutti dentro questa loggia itinerante, senza sede, che dava consigli e contatti per chi voleva investire all’estero.

Dentro questa loggia, raccontano i pentiti, anche l’ex senatore D’Alì, lo zio era iscritto alla loggia P2: oggi l’ex senatore è in carcere per la condanna di concorso esterno.

L’ex collaboratore Morsicato ha raccontato a Report dei familiari di MMD con cui era entrato in contatto: si sapeva che il boss era protetto da uomini dello stato. Lo stesso Tuzzolino spiega come nelle logge fossero presenti uomini delle forze dell’ordine e dei servizi.

Giovanni Savalle è un imprenditore che è stato considerato dalla GDF come il tesoriere di MMD: lo scorso anno è caduta l’accusa di essere in relazione col boss, per tramite di altri imprenditori, come Gianfranco Becchina. Secondo la DIA Becchina sarebbe a capo di una rete di trafficanti in opere d’arte. Altri rapporti con Maria Guttadauro, figlia di Filippo Guttadauro (sposato con la sorella di MMD), con Luca Bellomo (nipote del boss).. Buoni rapporti non solo coi parenti del boss ma anche con la politica, di destra o di sinistra: Totò Cuffaro gli aveva chiesto di candidarsi.

Tumbarello, il medico massone di MMD, era una fonte dei servizi: lo si sapeva da anni – racconta una fonte a Report che lavorava nella polizia giudiziaria: l’ex sindaco di Castelvetrano Vaccarino aveva proprio Tumbarello come tramite per raggiungere Messina Denaro. L’operazione Vaccarino era gestita dal Sisde e serviva per concordare la consegna spontanea del boss: una sorta di pre tavolo di trattativa.

Nelle lettere che MMD scrive a Vaccarino il boss spiega le sue condizioni, a modo suo: al centro della trattativa c’è l’ergastolo, il 41 bis.

Poi arriva la malattia e le abitudini del boss cambiano: è come se volesse lasciare delle briciole nel suo percorso per farsi arrestare, come il cellulare lasciato ad altre pazienti della clinica.

O era troppo fiducioso della rete di protezione oppure si è lasciato arrestare.

Il funzionario di polizia giudiziaria che è stato sentito da Report racconta della mancata cattura nel 2022: c’è un’ultima lettera con dentro dei pizzini, in cui MMD parla in codice “è andato tutto a scatafascio”, come se sapesse dell’indagine grazie ad una talpa.
Le indagini erano fatte da polizia e carabinieri, le cimici nella casa della sorella Rosalia erano state inserite dalla polizia e i carabinieri volevano inserirne una nel bagno 
nel dicembre 2022.
Qui c’è un mistero, un pizzino che prima c’è, poi scompare: un pizzino dove si parla della malattia del capomafia, quel pizzino poi servì ai carabinieri per arrivare alla cartella clinica e poi arrivare alla cattura.
La sorella Rosalia si accorge dei movimenti di polizia e carabinieri, che si pestano i piedi: nel pizzino il boss dichiara di non voler usare la posta perché non sicura, ma rimane a Campobello, dove si sentiva sicuro.

“I servizi segreti non vogliono che Matteo Messina Denaro fosse catturato nel maggio 2022, col governo Draghi”: sarebbe cioè il secondo round di una trattativa partita tramite uno scambio di lettere (le lettere a Svetonio) tra il mafioso e l’ex sindaco Vaccarino.
Lettere dove si parla del 41 bis, che rimane ancora un nervo scoperto per la mafia: quelle lettere servivano a preparare il terreno per la consegna di Messina Denaro.

L’arresto del latitante era stato annunciato da Salvatore Baiardo: nel processo del 2020 Ndrangheta Stragista aveva parlato di aver incontrato coi Graviano l’ex presidente Berlusconi.

Massimo Giletti aveva ospitato a La7 Baiardo dove quest’ultimo aveva annunciato l’arresta di Messina Denaro come regalo al governo, “quando allo stato farà comodo..”
L’arresto dei corleonesi in cambio della fine del 41 bis?

Report ha chiesto conto a Baiardo di questa cattura annunciata? Chi lo ha detto a Baiardo?
A Report Baiardo parla di un coinvolgimento dei servizi, che avrebbero interloquito col boss.



A Omegna sarebbe stata scattata la foto di Graviano con Berlusconi e l’ex generale Delfino: ex generale del Sismi, indagato per gli attentati del 1993. Cosa ci faceva sul lago D’Orta assieme ai Graviano? Quelle foto esistono veramente?
“Se non va tutto come deve andare le foto escono nel libro” racconta poi a Mondani: le foto sono state mostrate a Paolo Berlusconi – racconta ancora Baiardo.
L’avvocato di Paolo Berlusconi racconta di insinuazioni, si tratta solo di una richiesta di denaro.

Dopo la chiusura della trasmissione di Giletti e dopo l’uscita della storia delle foto, Baiardo inizia a ritrattare tutto facendo dei video su Tik Tok.
Altro che foto, sono tutte fesserie..

Ma all’autorità giudiziaria Giletti racconta di questa foto polaroid dove ha riconosciuto Berlusconi, l’ex generale Delfino e poi un’altra persona che Giletti non ha riconosciuto.

In uno scambio di messaggi Baiardo fa riferimento ad una data, l’8 marzo, data in cui la Cassazione inizia a discutere dell’ostacolo ostativo: a che gioco sta giocando Baiardo e per conto di chi?

Strane coincidenze in questa storia: la profezia del veggente Baiardo che da Giletti annuncia il regalo al governo Meloni, l’arresto del latitante Messina Denaro il 15 gennaio.

E, anni prima, la profezia del generale Delfino che nel 1992 annuncia la cattura di Riina, come favore al ministro Martelli.

Graviano, in una deposizione, racconta di essere venuto a conoscenza del pentimento di Balduccio Di Maggio, di cui non avvisò però Riina.

Oggi Martelli racconta di una visita, nell’estate del 1992, del generale Delfino: “non si preoccupi, le portiamo noi Riina” gli disse.
Già a luglio qualcuno nello stato sapeva della disponibilità di Di Maggio nel consegnare proprio Riina?
Era stato Graviano a portare Di Maggio a Borgomanero – racconta Baiardo oggi: è stato poi Graviano a portare Di Maggio dal generale Delfino, vendendo così Riina allo stato.
Questo si incastra con le rivelazioni fatte da Spatuzza, quando a Roma Graviano felice, spiega al suo soldato che avevano aggiustato tutto con quello di canale 5 e col paesano di Palermo.

I fratelli Graviano erano ad un passo di Berlusconi, sempre smentiti da quest’ultimo.
E questo porta 
raccontare di due verbali della Dia dimenticati nel cassetto: nel 1996 Francesco Messina era alla Dia e indagava sulle stragi del '93 insieme al magistrato fiorentino Gabriele Chelazzi, quando firmò due verbali con le rivelazioni di un confidente fino ad allora sconosciuto, Salvatore Baiardo. Quest’ultimo confessa a Francesco Messina di aver assistito nella sua casa tra il 1991 – 92 a conversazioni telefoniche tra Filippo Graviano e Marcello Dell’Utri dalle quali si evinceva che i due avevano interessi economici comuni in Sardegna.

Oggi il prefetto Messina è direttore del servizio centrale anticrimine e racconta a Mondani di quel verbale: “disse di aver assistito ad una conversazione telefonica tra Graviano e un tale Marcello, questo bisogna dirlo per onore della cronaca.”

Baiardo aveva capito tramite un commercialista di Palermo, Fulvio Lima parente del politico Salvo Lima (ucciso dalla mafia nel marzo 1992), che venivano trasferiti ingenti capitali proprio a Marcello Dell’Utri: “parlò di questo interessamento anche di Fulvio Lima a questo trasferimento di denaro, ma anche questo fu riferito all’autorità giudiziaria.”
La villa dove i Graviano stavano dopo le stragi del 1993 era ubicata a Punta Volpe (in Sardegna) ed è Baiardo che paga l’affitto per conto dei Graviano: “Baiardo raccontò di aver dovuto recapitare una valigia ai fratelli Graviano che si trovavano in vacanza in Sardegna e che questa valigia ad un certo punto fu recapitata in una villa che era nel comprensorio 
vicino alla villa del prossimo presidente del Consiglio..”
Cosa aveva intuito Chelazzi (il pm fiorentino che indagò sulla bomba ai Georgofili) alla fine del suo percorso investigativo sulla strage di Firenze, sulla strage di Milano e sulle stragi del 1993?

“Io credo che lui avesse percepito chiaramente da tempo che dietro a questi fatti non c’era soltanto l’ala militare di cosa nostra corleonese.”

Baiardo è stato interrogato dal pm Tescaroli a Firenze sulle stragi di Firenze e Milano: erano stragi per spazzar via la vecchia mafia e far emergere la mafia nuova, l’ala di Provenzano.
Sulla trattativa stato mafia la Cassazione ha confermato le assoluzioni a politici e carabinieri, il fatto non è reato: ma nella sentenza di appello era stato scritto come Dell’Utri aveva tramato per favorire interessi dei mafiosi.
Oggi l’indagine sui mandanti esterni per queste stragi si sono riaperte, gli investigatori stanno cercando le tracce di denaro tra i Graviano e Berlusconi (secondo i Graviano erano investimenti fatti nelle sue aziende).

Sulla strage di via dei Georgofili il pentito Spatuzza ha detto che questi morti non ci appartengono: o mafiosi non avevano tutto quell’esplosivo poi fatto esplodere sotto la torre. Secondo il giudice Donadio altri (chi?) hanno messo altro esplosivo oltre a quello dei mafiosi: i periti, sentiti da Report, parlano di Tritolo, Pentrite, T4, esplosivi che si ritrovano anche per uso civile.
Un ex agente della polizia giudiziaria di Firenze ha raccontato di una indagine svolta: la Torre dei Pulci poteva essere un obiettivo diverso, 
perché quella Torre era ospitato un centro forse collegato ai servizi (forse dietro al scelta di quell’obiettivo c’erano altre menti raffinatissime?).
Un ex carabiniere poi passato ad una società privata avvisò gli investigatori con una minaccia nemmeno troppo velata. L’indagine fu poi troncata da un importante magistrato.

A Milano e a Firenze diversi testimoni parlano di una bionda e di una bruna: di questi strani agenti parla l’ex compagna del poliziotto Peluso, Marianna Castro, che parla di una rete (di agenti o ex agenti) composta da "faccia da mostro" e dall'ex funzionario del Sisde Contrada.

Da Firenze a Milano: il 27 luglio 1993 in via Palestro a Milano esplode una bomba uccidendo 5 persone ferendone 12. I magistrati ritengono che ci sia un buco di 48 ore nella ricostruzione della preparazione della strage, perché nessuno dei collaboratori di giustizia sa dire cosa accadde dopo, come se i mafiosi avessero passato nelle mani di altri l’esecuzione.
Altri chi? Ma non era stata solo la mafia a preparare e gestire quelle bombe?
Il giornalista Fabrizio Gatti nel 2019 ha scritto 
Educazione americana, la storia di un agente della Cia di stanza a Milano che gli rivela i retroscena della strage.
“Dice di chiamarsi Simone Pace, il suo nome convenzionale, quindi credo che sia anche il nome finto, racconta e rivela che in quegli anni degli attentati, così come prima e negli anni successivi esiste in Italia e anche a Milano una squadra clandestina della Cia, formata da cittadini italiani e americani. In particolare lui, nei mesi precedenti all’attentato di via Palestro viene coinvolto dal suo capo americano, che dice di chiamarsi Viktor, viene coinvolto in un sopralluogo in via Palestro.”

Ancora Gatti racconta che Viktor chiese a Pace di comprare dei componenti chimici per realizzare una bomba: poco distante dalla casa di Viktor stavano i due mafiosi che hanno portato l’esplosivo per Milano.

Pace si definiva un facilitatore della storia, uno che fa si che la storia segua un certo corso – spiega Gatti a Mondani.

La nostra storia è stata facilitata grazie alle bombe, alle stragi, dietro cui si ritrovano spesso le stesse facce: un paese che non teme la mafia, che non ha nulla a che spartire con mafia e terrorismo (di tutto i colori), che non teme i ricatti dei mafiosi DEVE sapere svelare questi misteri, queste facce.

Sarà questo il compito della prossima commissione antimafia? Sarà questo l'obiettivo di questo governo?

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità