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Renzismo: un problema di alfabetizzazione economica

Tra i renziani e soprattutto i renzisti (la differenza tra le due specie, per definizione della seconda, si può ripassare qui), è diventato un mantra consolidato quello secondo cui gli 80 euro al mese, a vantaggio di alcuni lavoratori dipendenti, sarebbero “la più grande riduzione di tasse della storia” (vedi anche qui). Sfortunatamente, le cose non stanno in questi termini, e non c’è alcuna “riduzione di tasse”.

Il perché è presto spiegato. Una riduzione della pressione fiscale dovrebbe prendere forme piuttosto precise. Non è tanto un problema di temporaneità o permanenza della misura: esistono riduzioni d’imposta che sono “a termine”, e che gli anglosassoni chiamano “tax holiday“. Non le indagheremo in questa sede, soprattutto negli effetti distorsivi, che pure esistono e sono rilevanti. Né ricorderemo gli effetti che derivano dalla percezione, nei destinatari, che quelle erogazioni siano temporanee e non definitive: troppo si è scritto e detto, al proposito. Quello che conta, per avere effettiva riduzione d’imposta, è che vengano rispettati i criteri di progressività e di equità, soprattutto orizzontale, risultanti dalla manovra fiscale.

Per cominciare, l’erogazione di 80 euro non è una riduzione d’imposta ma è spesa pubblica. Ove mai fosse formale riduzione d’imposta, verrebbe immediatamente impallinata dalla Consulta per violazione del principio di parità di trattamento tra cittadini, oltre che di capacità contributiva. Il perché è intuitivo, tranne che per la propaganda. Dati due soggetti di eguale reddito, la pressione fiscale in capo ad ognuno di essi dovrebbe essere uguale. Con gli 80 euro di Renzi, se uno è pensionato (o anche lavoratore autonomo, ma qui vi sarebbero altre considerazioni, che tendono a rendere meno netto il principio) e l’altro lavoratore dipendente sotto una data soglia di reddito (ma comunque sopra l’incapienza, altra distorsione della misura), si avrebbe violazione del principio di equità orizzontale, quello che postula pari tassazione per soggetti dotati di pari capacità contributiva.

Il bonus renziano è spesa pubblica, non riduzione d’imposta. E’ stato deciso in questi termini perché le coperture semplicemente mancavano, oltre il primo anno. A dirla tutta, le coperture non sono certe neppure per il primo anno, ma non sottilizziamo. Diciamo che la strada per rendere permanente il bonus è terribilmente accidentata. Invece, quella per il suo ampliamento a tutti i percettori di reddito entro dati limiti (operazioni che peraltro permetterebbero di passare dal concetto di bonus a quello di riduzione di aliquote d’imposta, rendendo la costruzione meno barocca e pericolante) è talmente accidentata da risultare praticamente impercorribile.

Purtroppo, o per fortuna, la “storia” (con la minuscola) si incaricherà di fare giustizia di questi espedienti.

 

Foto: Palazzo Chigi/Flickr

Questo articolo è stato pubblicato qui

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