Referendum, quorum e astensione. Quanta arroganza

Quando, pur di vincere, si gioca sporco, prima o poi le cose ti ritornano conto. Ci avrà pensato, ieri sera, il grande presidente, mentre in diretta tv brindava alla vittoria dell'astensione sul referendum per le trivelle?
Pur di vincere, hanno sprecato 300 ml di soldi pubblici (non accorpandolo alle comunali), hanno piegato l'informazione al loro interesse (nessun TG che fosse entrato nel merito del sì o del no), hanno costretto al silenzio perfino quanti nel PD, fossero favorevoli al si lasciando solo il governatore Emiliano.
Il governo di sinistra, che non sta dalla parte delle lobby, pur di far passare l'astensione ha giocato sui numeri dei posti di lavoro, sul fabbisogno energetico, strumentalizzando l'esito (con me o contro di me).
E questi sono i risultati: ieri i tweet che dimostravano l'arroganza dei vincitori (#ciaone), lo sberleffo e anche gli avvertimenti ai vinti, come Emiliano. "Ti sei messo contro la segreteria"
13 milioni di italiani al voto, nonostante tutto, sono un buon risultato, ma rimangono una sconfitta.
I posti di lavoro rimarranno tali, come i rischi ambientali. Le compagnie (Eni) continueranno ad estrarre gas e petrolio dal mare a piacer loro, estraendo il minimo pur di non pagare tasse. E decidendo loro, alle calende greche, quando e se smantellare.
Si stima un risparmio di 800 ml. Da parte del governo che non è contro le lobby.
Nel 2005, il referendum sulla legge 40 fu sabotato alla stessa maniera: certo, il quesito era molto più tecnico e interessava una parte degli italiani. Ci ha pensato poi il tempo e la consulta a smontare quella legge sbagliata.
Lo stesso succederà per le trivelle: il referendum non aveva scopi personali ma era nato dallo Sblocca Italia, poi dimezzato grazie proprio ai quesiti referendari.
Rimane in piedi solo la questione della durata delle concessioni: grazie all'astensione rischiamo ora una sanzione dall'Unione Europea perché questa norma blocca la concorrenza.
Il tempo è galantuomo. Lui.
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