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Referendum: Di Pietro attacca la Consulta. Ma ieri sera la difendeva [VIDEO]

‎"Posso dirle con assoluta sincerità (...). Io non so come deciderà la Corte Costituzionale, ma qualunque decisione prenderà l'accetterò (...)". Questo diceva ieri sera Di Pietro a Otto e mezzo, il programma di La7 condotto da Lilli Gruber. L'oggetto, ovviamente era il voto della Consulta sul Referendum. Voto che, come tutti sanno, è stato negativo

Nel video a partire dal minuto 2:00 E

Questa mattina sulla sua pagina facebook il leader dell'Italia dei Valori però non l'ha presa proprio bene e la sua polemica con Napolitano è richiamato vunque. Di Pietro scrive:

Ha vinto la vecchia partitocrazia, perciò è tempo di scendere nelle piazze per una protesta attiva della società civile che non può assistere a un regime. L'Italia si sta oramai avviando lentamente ma inesorabilmente verso una pericolosa deriva antidemocratica. Manca solo l'olio di ricino. Oggi la Corte Costituzionale è arrivata addirittura al punto di impedire al popolo italiano di scegliere quale legge elettorale vuole: la scelta sul secondo quesito non ha nulla di giuridico o costituzionale ma solo politico e di piacere al Capo dello Stato e alle forze politiche di una maggioranza trasversale e inciucista. Una volgarità che rischia di diventare regime se non viene fermata dal popolo con il voto.

"Deriva antidemocratica", "olio di ricino", "Regime": parole forti quelle dell'ex magistrato. Ma in tanti ricordano come lo stesso Di Pietro criticò Berlusconi che aveva criticato la Consulta. Ricorda Fabio Chiusi sul suo blog:

Allora Di Pietro replicò dicendo che Berlusconi era «letteralmente matto, se non da legare, da rimandare a casa». E sostenendo che il suo attacco alla Consulta dimostrava «non solo che non è uomo di governo, ma che non ha rispetto per le istituzioni»

 

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.59) 12 gennaio 2012 17:44

    Non ho studiato tecnicamente la faccenda, quindi non escludo che l’approvazione dei referendum causasse vuoti legislativi. Ma, al di la’ delle forme, la sostanza e’ sconcertante.

    C’e’ una legge elettorale platealmente iniqua che consente ai partiti di presentare dei candidati e di decidere loro (i partiti) la graduatoria degli eletti. Gli elettori si mobilitano per cambiarla e le istituzioni negano questa possibilita’.

    Qualche ora dopo la camera dei deputati ha ribadito che la legge non e’ uguale per tutti: se la magistratura dispone l’arresto di un imputato "onorevole" questo non avviene, perche’ alla camera ha tanti complici, dis-onorevoli come lui.

    L’aspetto sconcertante e’ che quei farabutti hanno la faccia tosta di motivare il loro voto con un generico garantismo, per cui secondo loro sarebbe sbagliato che un imputato vada in galera fino a che non si ha sentenza. Si dimenticano pero’ che secondo le leggi, che sono state votate dal parlamento di cui loro fan parte, cio’ avviene per tutti gli altri cittadini.

    O forse siamo noi che vogliamo ignorare un’altra legge, che non e’ scritta, ma e’ stata votata tante volte da tante camere e tanti senati.

    E’ la famosa legge "cane non morde cane", che all’articolo 1 recita:
    senatore difende sempre senatore, e all’art 2 recita:
    deputato vota sempre a favore di deputato, all’art 3 recita:
    il governo protegge sempre i suoi membri, qualunque danno abbiano arrecato all’Italia e agli italiani,
    poi segue un articolo sulla spartizione delle poltrone che rimanda al codice Cencelli e alla sua P2...

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.34) 12 gennaio 2012 22:05
    Damiano Mazzotti

    Quale vuoto legislativo... il vuoto lo hanno nel cervelo i nostri burocrati che si guadagnano il pane con la prostituzione della mente. Ora c’è un governo che può legiferare. Il vero problema è la mancanza di buon senso dei nostri burocrati. Come quelli che mandano cartelle esattoriale i rimborsi delle tasse di un euro o di 5 centesimi di euro.

    Certe pratiche e certe leggi nei paesi civili le cestinano. Per risolvere qualcosa in Italia bisogna mandare in prepensionamento tutti i dirigenti pubblici sopra i 60 anni, sanità inclusa.

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