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Reddito di cittadinanza, riforma congrua?

L'esecutivo tenta di riformare il collocamento del reddito di cittadinanza. Meno rigidità, più incentivi ai privati. E le competenze?

 

di Luigi Oliveri

Egregio Titolare,

da molto tempo si discetta dell’obbligo dei beneficiari del reddito di cittadinanza di accettare le offerte di lavoro, come condizione per continuare a percepire l’assegno. Oggetto del contendere è la congruità dell’offerta e questi pixel si chiesero a suo tempo quando potesse considerarsi congrua la cosiddetta “offerta congrua” che fa, appunto, scattare la condizionalità, per osservare che nella sostanza, così come regolata dall’originaria versione del d.l. 4/2019, l’offerta congrua non si sarebbe praticamente mai potuta produrre.

Ci sono voluti due anni per capire che, in effetti, l’offerta congrua disciplinata dalla legge era solo una chimera, osservando la realtà dei fatti, la quale ha rivelato che di offerte congrue se ne sono viste tante quanti sono i corvi bianchi.

Il disegno di legge di bilancio per il 2022, dunque, trae spunto dall’esperienza acquisita, per provare a modificare l’assetto della misura e rendere più facilmente proponibile un’offerta congrua.

Come cambiano i requisiti

Titolare, a costo di risultare pedanti, è necessario ricordare quali sono i requisiti, previsti dall’articolo 25 del d.lgs 150/2015 (Job Act9 che un’offerta congrua deve possedere, per risultare tale:

a) coerenza con le esperienze e le competenze maturate;
b) distanza dal domicilio e tempi di trasferimento mediante mezzi di trasporto pubblico;
c) durata della disoccupazione;
d) retribuzione superiore di almeno il 10 per cento rispetto al beneficio massimo fruibile da un solo individuo, inclusivo della componente ad integrazione del reddito dei nuclei residenti in abitazione in locazione (cioè 780 euro);

A questi requisiti, si aggiungono gli altri, specificati dall’articolo 5 del DM 10 aprile 2018:

a) si riferisce a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato oppure determinato o di somministrazione di durata non inferiore a tre mesi;
b) si riferisce a un rapporto di lavoro a tempo pieno o con un orario di lavoro non inferiore all’80% di quello dell’ultimo contratto di lavoro;
c) prevede una retribuzione non inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015.

Offerte, durata, distanza

Il disegno di legge di bilancio integra i criteri per definire la congruità delle offerte di lavoro rivolte ai beneficiari del reddito di cittadinanza con alcune mosse.

La prima consiste nell’obbligare i percettori ad accettare non più almeno una di tre offerte, ma almeno una di due offerte congrue. La seconda, nel modificare la specificazione della congruità con riferimento al criterio della distanza dal domicilio e dei tempi di raggiungimento del luogo di lavoro coi mezzi pubblici.

L’idea è qualificare congruo il lavoro offerto

[…] entro ottanta chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile nel limite temporale massimo di cento minuti con i mezzi di trasporto pubblici, se si tratta di prima offerta, ovvero, fermo quanto previsto alla lettera d), ovunque collocata nel territorio italiano se si tratta di seconda offerta

Parrebbe di capire che questi requisiti valgano per rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Infatti, il disegno di legge di bilancio, modificando l’attuale impianto normativo, aggiunge che

[…] in caso di rapporto di lavoro a tempo determinato o a tempo parziale” l’offerta va considerata congrua “quando il luogo di lavoro non dista più di ottanta chilometri di distanza dalla residenza del beneficiario o comunque raggiungibile nel limite temporale massimo di cento minuti con i mezzi di trasporto pubblici, in caso sia di prima sia di seconda offerta.

Per chiarire: nel caso di lavoro a tempo determinato o a tempo parziale, sia per la prima, sia per la seconda offerta congrua, il luogo di lavoro deve essere sempre collocato a non oltre 80 chilometri dalla residenza del beneficiario o raggiungibile col trasporto pubblico entro 100 minuti. Invece, nel caso di lavoro a tempo indeterminato, la seconda offerta congrua può prevedere che il luogo di lavoro possa trovarsi in qualsiasi parte d’Italia, senza limiti ai tempi di trasporto.

Fragilità e mobilità

Può funzionare, Titolare, questa modifica? C’è da dubitarne fortemente. È vero che un’offerta congrua a tempo indeterminato assicura al beneficiario una prospettiva di lavoro a lungo termine, tale da poter consentire la programmazione di un trasferimento territoriale anche significativo.

C’è, però, l’impressione che il Legislatore non abbia ancora ben chiara la condizione di estrema debolezza sociale e familiare, oltre che lavorativa, dei percettori.

La loro condizione di povertà riguarda un intero nucleo familiare del quale fanno parte, che si sorregge anche grazie al mutuo aiuto. Il trasferimento a lunga distanza di un componente del nucleo può essere molto difficile da sostenere. Altrettanto difficile il trasferimento dell’intero nucleo, posto che le debolezze concernono appunto rapporti sociali ed educativi: una modifica radicale del territorio di residenza non è facile per nessuno, certo lo è molto meno per chi parte da condizioni idi forte svantaggio.

Esigenze aziendali

Poi, sembra non siano troppo considerate le richieste delle aziende. La stragrande maggioranza delle domande di lavoro da esse prodotte sono orientate a restringere la ricerca dei candidati entro un raggio di pochi chilometri dalla sede di lavoro, al massimo una ventina.

Le aziende sono ben consapevoli che la distanza tra residenza del lavoratore e luogo di lavoro è un ostacolo all’insorgere del rapporto di lavoro, come anche alla sua continuità e preferiscono avere i dipendenti territorialmente nelle vicinanze. È per questo che anni addietro imprenditori come Olivetti o Marzotto crearono vere e proprie cittadelle molto vicini agli insediamenti produttivi.

Il trasferimento di un beneficiario del reddito di cittadinanza in un luogo d’Italia qualsiasi ai fini della congruità della seconda offerta potrebbe essere, quindi, la precondizione perché un’azienda lo assuma davvero. Il che, per nuclei al di sotto della soglia di povertà, con problemi abitativi ed anche spesso senza mezzi di trasporto privato, può essere ostacolo insormontabile.

Per altro, vi è un altro significativo problema: le reti dei soggetti, pubblici e privati, che si occupano dell’intermediazione sono organizzate comprensibilmente su territori di dimensione tendenzialmente provinciale e non intercettano domande di lavoro a lunghissima gittata, perché si curano dei “mercati” territoriali. Intermediare un’offerta congrua a centinaia di chilometri di distanza dalla residenza del lavoratore è sicuramente possibile, ma vicino al velleitario.

Ripiegare sul tempo determinato

Non sembra, allora, un caso che il Legislatore con la legge di bilancio per il 2022 intenda fortemente ripiegare sul lavoro a tempo determinato (e/o a tempo parziale). Infatti, come evidenziato prima, in questo caso la distanza ammessa, anche per la seconda offerta congrua, è più gestibile (80 chilometri e 100 minuti di percorrenza), per quanto fin troppo estesa per i gusti delle aziende.

Ma, la vera mossa che potrebbe modificare radicalmente le sorti del reddito di cittadinanza come misura – sin qui inefficace – di aiuto alla ricerca di lavoro non sta tanto nella revisione, tutto sommato poco funzionale, dell’offerta congrua, quanto, invece, negli incentivi ai datori di lavoro che assumano i beneficiari.

La normativa attualmente vigente assicura detti incentivi (l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite dell’importo mensile del Rdc percepito dal lavoratore all’atto dell’assunzione, per un periodo pari alla differenza tra 18 mensilità e le mensilità già godute dal beneficiario stesso e, comunque, per un importo non superiore a 780 euro mensili e per un periodo non inferiore a 5 mensilità) alle seguenti condizioni:

  1. il datore di lavoro privato comunichi alla piattaforma digitale dedicata al Rdc presso l’ANPAL le disponibilità dei posti vacanti;
  2. su tali posti il datore assuma a tempo pieno e indeterminato, anche mediante contratto di apprendistato.

La “piattaforma” di comunicazione, come noto, non ha mai funzionato. Per altro verso, l’entità degli incentivi probabilmente non è risultata troppo incentivante, a fronte della condizione di assumere a tempo pieno ed indeterminato.

Privati in campo

Dunque, il disegno di legge di bilancio rivede radicalmente questo impianto:

a) cancellando l’obbligo di comunicare i posti vacanti nella piattaforma digitale;
b) incentivando il datore privato che a assuma a tempo indeterminato pieno, ma anche parziale, e, soprattutto, anche a tempo determinato o anche mediante contratto di apprendistato.

Questa modifica potrebbe consentire un ampliamento delle offerte congrue di lavoro a tempo determinato, ma in ogni caso un incremento delle possibilità di inserire sul piano lavorativo i percettori anche in assenza di offerta “congrua” vera e propria.

L’ulteriore mossa per dare una scossa al mercato è il coinvolgimento delle agenzie per il lavoro. Il disegno di legge, infatti, riconosce loro, per ogni soggetto assunto a seguito di specifica attività di mediazione, il 20 per cento dell’incentivo spettante al datore.

Cosa accade, allora? Per un verso che in particolare le agenzie di somministrazione potranno entrare in gioco. Infatti, potranno essere interessate ad assumere a tempo determinato i beneficiari del reddito di cittadinanza, per somministrarli alle aziende clienti, potendo beneficiare integralmente dell’incentivo spettante ai datori di lavoro (chi assume, infatti, è l’agenzia che somministra il lavoratore)

Per altro verso, le agenzie specializzate anche o solo in mediazione (più corretto è parlare di “intermediazione”, nel rispetto delle disposizioni della “legge Biagi”, d.lgs 276/2003), saranno incentivate appunto ad intermediare i beneficiari del reddito, ottenendo come compenso, oltre quello spettante appunto per l’attività di intermediazione svolta, il 20% dell’incentivo che spetta al datore a vantaggio del quale l’agenzia ha compiuto l’intermediazione.

Cosa attendersi, cosa manca

Funzionerà tutto ciò? Vi sarà la spinta al lavoro per i beneficiari del reddito? Staremo a vedere. I nuovi strumenti previsti dal disegno di legge finanziaria dovranno comunque fare i conti con l’estrema debolezza dei beneficiari, molti dei quali privi di adeguati studi, competenze ed esperienze.

Qualsiasi mediatore non può fare a meno di considerare, se intende svolgere i propri compiti con efficienza, le esigenze e le necessità dell’azienda, nonché il sapere, il saper fare ed il saper essere necessari al lavoratori per svolgere compiti e mansioni connessi al lavoro disponibile.

Detta in termini più chiari: all’impianto continua a mancare l’elemento fondamentale della formazione delle competenze dei beneficiari.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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