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Questo Governo gestisce la crisi o fa campagna elettorale?

Si fa una manovra, e dopo tre giorni si butta via. Si fa la seconda manovra e subito inizia il balletto delle modifiche e degli scontri interni: Crosetto contro Tremonti, la Prestigiacomo contro Tremonti, Bossi contro Brunetta. Vere e proprie fronde all’interno della maggioranza si confrontano e si scontrano su tutti i temi della manovra, sull’incremento dell’iva, sul prelievo forzoso sui redditi che superano i 90000 euro, sul taglio delle risorse agli enti locali e anche sull’annientamento del SIRTI - il sistema di tracciabilità dei rifiuti.

E’ normale tutto ciò, è il segno della incapacità del Governo, della crisi della maggioranza o di qualcos’altro?

In una situazione politico/sociale normale, un dibattito così appassionato sarebbe vero e anche bello. Ma non siamo in una situazione normale. Oggi abbiamo un parlamento di nominati, ridotto ad un votificio, i partiti sono una fabbrica di consenso senza alcuna dialettica interna, la passione politica è ridotta al lumicino. Quello che conta sono il consenso, buoni sondaggi mentre i problemi del Paese possono anche aspettare. E allora anche ipotesi che ieri sarebbero state fantascientifiche, oggi diventano realistiche, come quella di un governo e di una maggioranza che, nel pieno di una crisi epocale, pensano a fare campagna elettorale anziché gestire la crisi. 

L’obiettivo è far credere di avere a cuore gli interessi di tutti per avere i voti da tutti.

A questo scopo la maggioranza ha assunto il ruolo dell’opposizione e incoraggiato al suo interno la nascita di posizioni contrapposte in modo da far sentire a tutti i soggetti coinvolti nella manovra di essere curati e coccolati e comunque non abbandonati.

Non mancano malumori realistici ma questi si confondono con la finzione e così, ormai, nessuno della maggioranza approva la manovra.

Tutti insieme appassionatamente PDL e Lega, contro le decisioni da loro volute e approvate, secondo una precisa logica spartitoria che assegna alla prima gli operai e i leghisti duri e puri e al secondo la classe media e gli industriali.

A tal proposito il leader della Lega Bossi, per accontentare le classi deboli e i leghisti duri e puri, si è ritagliato il ruolo di difensore delle pensioni, di promotore del trasferimento dei Ministeri al nord e non manca mai di pubblicizzare questa sua linea politica.

Sull’altro fronte, Berlusconi si è invece ritagliato il ruolo di sindacalista del ceto medio, di difensore dei cittadini dalle tasse e della supremazia dell’impresa sui lavoratori.

E così sotto i nostri occhi, nel silenzio mediatico dell’opposizione e nel torpore generale, Bossi, Berlusconi e la maggioranza tutta diventano oppositori di se stessi.

Un giochino che rende in termini di consenso, specie se supportato da una struttura mediatica esperta, in grado di confondere le acque e far dimenticare alla gente, l’assurdità di un governo oppositore di se stesso, di ministri che contrastano di decisioni prese da loro stessi assunte, di una maggioranza disponibile a votare una manovra ferocemente avversata.

Per quelli impossibili da accontentare si provvede con promesse e proclami.

E cosi al ceto medio, che certamente non uscirà indenne dalla manovra, Berlusconi promette il quoziente familiare e altre non meglio specificate compensazioni, agli industriali Sacconi annuncia la modifica dell’art. 41 della costituzione e poi, per essere credibile, considerati i tempi lunghi di una riforma costituzionale, introduce la derogabilità dell’art. 18 e il diritto licenziare per le imprese - provvedimenti di immediata attuazione -.

Ma quando dalle promesse e dagli annunci si passa ai sacrifici veri si cambia strategia, si coinvolgono altri nell’attività impositiva e nei tagli, e ad altri ancora si addossano la responsabilità per i sacrifici.

Si spiega cosi perché gran parte della manovra viene caricata sugli enti locali a cui si tagliano i fondi: 6 miliardi di euro nel 2012, 3 miliardi nel 2013, mentre nel 2011 il peso si aggira sul 50% della manovra.

In queste condizioni gli enti locali salassati e tartassati sono costretti, per mancanza di fondi, a tartassare i propri cittadini al fine di recuperare un po' di risorse tagliate Ministro dell’economia.

Per ciò che non è scaricabile sugli enti locali, si addossa la colpa a Bruxelles. Così quando l'UE trasmette al Governo italiano una lettera/direttiva, si imbastisce il balletto mediatico da cui emerge il ruolo impositivo di Bruxelles, a cui non si può dire no; tutto ciò per dire che Roma è sottomessa e deve ubbidire alla Comunità che compra i nostri titoli.

Ciò che non emerge, è la funzione di supplenza della UE rispetto all’incapacità del nostro Governo che aveva fatto una prima manovra, leggera e inconcludente.

E così, sotto i nostri occhi, nel silenzio mediatico dell’opposizione e nel torpore generale, si fa fare agli altri il lavoro sporco: imporre le tasse e tagliare i servizi (gli Enti locali) e ad altri ancora (UE) si addossa la responsabilità di una manovra di lacrime e sangue.

Un giochino che rende in termini di consenso, specie se supportato da una struttura mediatica esperta, in grado di confondere le acque e far dimenticare alla gente che le tasse degli enti locali non sono libere scelta di comuni e regioni ma decisioni imposte dal Governo e, infine, che l’esecutivo e non la UE ha la responsabilità della manovra.

La situazione è incerta e le elezioni possono ben capitare in questi frangenti, pertanto i partiti della maggioranza, vogliono frenare la prevedibile, naturale, perdita di voti conseguente la delusione per le promesse non mantenute e all’imposizione di sacrifici. Vogliono portare casa un po’ di consensi ma rischiano di portare a casa un paese distrutto.

Commenti all'articolo

  • Di pv21 (---.---.---.188) 25 agosto 2011 19:43

    Come fare cosa >

    L’economia occidentale non tiene un passo deciso. Se Francoforte e Londra subiscono cali del 15-18%, Piazza Affari regredisce ai minimi del 2009 (anno nero).

    Noi “arranchiamo” sotto il peso di 1900 miliardi di Debito.
    A fine 2011 il nostro PIL sarà ancora al 95% di quello ante crisi del 2007.
    Senza un tasso di crescita sul 2% neppure con una manovra da 110 miliardi eviteremo ulteriori “sacrifici”.

    Prioritario è definire le misure e gli interventi necessari a rilanciare sistema produttivo e consumi interni. Trovare risorse sufficienti è il primo obiettivo da perseguire ad ogni costo.
    Allo stesso tempo bisogna liberarsi di gran parte di quella enorme “zavorra” costituita da evasione e da corruzione, dai costi, dai privilegi e dagli sprechi della macchina pubblica.

    Fissati questi obiettivi e rispettata l’equità sociale, chiedere “sacrifici” ai cittadini avrà un senso. Solo così la duplice manovra avrà uno scopo credibile e duraturo.
    E’ tempo di ritrovare le Voci dentro l’Eclissi di uomini esempio di coerenza, rigore e impegno civile …

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