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Quello spot che è servito solo ad Ikea

In questi giorni ha fatto tanto discutere lo spot/manifesto di Ikea nel quale sono raffigurati due uomini di spalle che si tengono per mano e con lo slogan “siamo aperti a tutte le famiglie”. Dopo la reazione del sottosegretario alla Famiglia Giovanardi, che lo riteneva a suo dire addirittura “incostituzionale”, anche Eataly, ha raccolto la palla al balzo e si è fatta promotrice di una campagna uguale a quella di Ikea, nella quale anziché due uomini ci sono due donne.

Ma a chi sono servite esattamente queste due campagne? Esaminiamo quindi le tre parti in gioco: le due aziende, Giovanardi e il mondo GLBT.

Ikea e Eataly, marchio di cibi di lusso (500 grammi di pasta costano 2 euro e 80 cents), hanno fatto partire una comune campagna pubblicitaria, e come fanno tutti i bravi pubblicitari, hanno precedentemente scelto accuratamente il “target”, che in questo caso sono stati - nolenti o volenti - gli omosessuali. Ikea era già nota ai più come una multinazionale aperta all'ecologico e al rispetto della natura, seppur con una posizione controversa dopo alcune recenti rivelazioni sul passato dello stesso fondatore, pare filonazista convertito, e per le sue politiche nei confronti di sindacati e dipendenti, che pare tante volte abbiano ingoiato bocconi amari fino a giungere a veri e propri scioperi, come è successo di recente in un punto vendita Ikea di Roma.

Queste due aziende si rivolgevano già quindi al pubblico gay, e nulla di nuovo hanno aggiunto se non sottolineare una posizione già “gayfriendly” nei fatti. Gli esperti di marketing delle due aziende hanno scelto di cavalcare coraggiosamente l'idea più redditizia, che può apparire solo ad un occhio disattento una scelta puramente controcorrente. Facendosi paladini di diritti, hanno approntato una brillante operazione di marketing, della quale adesso colgono i frutti succosi e maturi.
 
Infatti queste due aziende non hanno fatto altro che mostrarsi amiche di una parte di acquirenti (GLBT), non perdendoci assolutamente nulla, anzi guadagnandoci profumatamente in termini di immagine e sicuramente anche di fatturato, poiché la restante parte della clientela (non GLBT), non avrebbe comunque avuto qualcosa da eccepire, anzi. Stupirebbe positivamente se questa campagna fosse stata promossa da aziende che senza dubbio comprendono anche (e non solo, badiamo bene) una clientela maschilista e machista, o fervente cattolica, come per esempio una catena di distributori di benzina oppure le librerie religiose. Queste aziende non farebbero mai un azzardo del genere, perché rischierebbero di perdere una fetta dei loro acquirenti, cosa che quasi sicuramente Ikea e Eataly non rischiano.
 
La reazione di Giovanardi e di parte del mondo GLBT non ha fatto altro che prestarsi gratuitamente al gioco di Ikea, che pur essendo un'operazione lodevole è sempre un'operazione di marketing. Infatti grazie soprattutto a Giovanardi, le cui posizioni sono assurde e senza ombra di dubbio contraddittorie, la campagna Ikea ha avuto una eco gigantesca, e probabilmente l'azienda svedese aveva messo in conto proprio questo. Sfruttando infatti una sola voce nel coro contraria, quella di Giovanardi, Ikea non ha fatto altro che accrescere la sua visibilità.
 
Se poi il misero Giovanardi cade in contraddizione è ancora meglio: è nel Ministero della Famiglia, che non ha certo brillato (anzi, non ha fatto proprio nulla) per le sue politiche in aiuto alla tanto decantata e strombazzatafamiglia tradizionale”, propagandata proprio da quei personaggi loschi e prezzolati che poi magari usano in sordina l'istituto del divorzio o hanno relazioni extraconiugali, magari addirittura con un transessuale. Infatti non si capisce cosa porterebbe via alla famiglia “tradizionale”, una famiglia di tipo diverso, se entrambe al momento hanno meno diritti di quelli che dovrebbero avere.
 
Ma a parte l'anacronistica ed esilarante reazione di Giovanardi – da notare il fatto che nessun'altro l'ha condivisa, a parte i soliti oscurantisti e fondamentalisti – quello che è triste è vedere come una parte della comunità GLBT si è prestata al gioco di Ikea, organizzando proprio nei punti vendita i flash-mob dei baci tra coppie gay. Come dire: il topolino che difende il gigante, che peraltro agisce per scopi prima di tutto pubblicitari, anziché puramente sociali o senza interessi di sorta.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.236) 4 maggio 2011 09:32

    Dunque, alla fine Ikea e Giovanardi sono sullo stesso piano, perchè entrambi hanno fatto il loro gioco di "facciata"....

    Mi spiace però che il redattore, ovviamente di sinistra, a fronte di un titolo in cui smaschererebbe il finto buonismo di Ikea, all’atto pratico abbia posto l’accento più negativo solo su Giovanardi, (poichè "politicamente scorretto") e non su Ikea che pensando (giustamente) al proprio tornaconto, usa senza scrupoli temi sociali di cui si fa finta paladina...
    E così (come al solito) la frittata è ribaltata...!
    Questo è il tipico esempio di come un’informazione, (che poteva benissimo stare al di sopra delle parti e rimanere interessante soprattutto sotto l’aspetto tecnico), possa invece influenzare il giudizio di chi la legge col semplice uso di "accenti messi ad arte" (e normalmente a sinistra!)
    ...e questo succede tutti i giorni, ovunque......
    E questa sarebbe l’informazione?
    Ah, già scordavo....la colpa è tutta di Berlusconi!!
    Complimenti, come al solito siete grandi!!

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