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Quel “lager etnico” di S.M. Capua Vetere dimenticato da noi italiani

Alì dagli Occhi Azzurri

uno dei tanti figli di figli,

scenderà da Algeri,

su navi a vela e a remi.

(Pier Paolo Pasolini)

Queste righe, scritte nei lontani - primi - anni sessanta da un Pasolini che intuiva profeticamente il mutamento radicale dei significati dei linguaggi politici (di “sfruttamento” - ”lotta classe”), ritornano oggi con una nuova e sconcertante attualità: Alì dagli occhi azzurri è sbarcato sulle nostre coste, ma non ce ne siamo accorti.

È avvenuta in modo compiuto quell'omologazione culturale e ideologica profetizzata dallo scrittore friulano. La tragedia si è trasformata in farsa, la realtà viene rappresentata come un' osceno spettacolo televisivo: puttane e malfattori interpretano il ruolo di protagonista.

Questa farsa però serve per nascondere la vera tragedia, sapientemente cancellata e dimenticata dagli schermi dei televisori ultrapiatti. Il vero dolore che si consuma quotidianamente dev'essere neutralizzato; il rapporto umano, empatico, con la sofferenza dell'oppresso deve essere annullato con sentenze tecniche, apparentemente neutrali.

Con l'ordinanza del 21 aprile (OPCM n. 39/35) il governo ha trasformato il Cai di S. Maria Capua Vetere in un Cie.

Traduciamo per i non “addetti”: la tendopoli allestita nell'ex caserma Andolfato (a Santa Maria Capua Vetere) si è trasformata da centro di accoglienza a centro di identificazione ed espulsione.

Ci sono circa 210 immigrati provenienti da Lampedusa e Pantelleria.
Gli attivisti della rete antirazzista definiscono questi luoghi come “lager etnici” denunciando le molteplici violazioni dei diritti civili e delle procedure “a partire dalla stessa direttiva europea sui rimpatri fino alla stessa detenzione del tutto illegittima e incostituzionale” perché, come sottolineano, queste persone vengono detenute senza nessun ordine motivato e “senza che nessuna autorità giudiziaria ne abbia confermato il fermo”. Pertanto gli avvocati della rete antirazzista hanno depositato, alla procura di Santa Maria Capua Vetere, un esposto per illegittima detenzione.

Anche la Caritas denuncia i medesimi soprusi: “i fatti testimoniano una gestione confusa discutibile e non pienamente rispettosa della dignità delle persone coinvolte”. Il centro di identificazione e espulsione, come afferma anche la comunità Rut delle suore orsoline, si è trasformato in un nuovo Golgota dove la disumanità si annoda alla tragedia di queste persone che, lontani dalla loro terra di origine, vivono quotidianamente il dramma della detenzione a causa di una gestione politica vergognosa.

Effettivamente in questi giorni non mancano le tensioni e scontri da entrambe le parti: ci sono stati manifestazioni di insofferenza da parte dei profughi culminate con lanci di sassi verso la polizia e con tentativi di fuga che hanno causato il ferimento di alcuni immigrati per la difficoltà di scavalcare le mura. Le forze dell'ordine rispondono a tale manifestazione di insofferenza con lacrimogeni sparati tra le tende, cercando di riprendere quei pochi immigrati che sono riusciti a fuggire.

In un primo momento, nella mattina del 22 aprile, era stato addirittura negato l'accesso al vescovo di Capua, agli avvocati e ai rappresentati delle rete antirazzista. Questi ultimi sono riusciti tuttavia ad entrare, raccogliendo moltissime richieste di accesso alla protezione internazionale e/o al decreto di protezione transitoria, solo dopo molte pressioni servendosi anche dell'intervento di diversi parlamentari. Inoltre, come si legge nel comunicato della Caritas, dalla giornata di giovedì 21 aprile i tunisini sono in sciopero della fame.

La condizione di sofferenza a cui sono sottoposti questi poveri immigrati, come spiega Alfonso della rete antirazzista, è a dir poco sconvolgente: sono chiusi come animali in gabbia, dopo essere stati “detenuti” da oltre dieci giorni, tra nave militare Excelsior e il campo di Santa Maria Capua Vetere, si ritrovano adesso chiusi “in uno spazio senza ombra perennemente battuto dal sole”.
Le urla e le proteste di sofferenza di quegli esseri umani, consumate mentre la polizia brandiva i manganelli, non si riescono a leggere e a percepire nei comunicati telegrafici e tecnici delle varie agenzie stampa. L'urlo straziante di quelle povere anime non riempe le pagine dei nostri quotidiani, né i discorsi politici che invece, per consenso elettorale, si concentrano sugli scandali rappresentati dall'osceno teatrino televisivo. In questo modo le azioni politicamente influenti, le decisioni insomma che determinano il destino di questi esseri umani devono essere sbrigativamente prese e comunicati con i soliti toni demagogici e populisti, facendo apparire, al telespettatore medio, qualsiasi azione come giusta, necessaria e anzi “umanitaria”. Il governo ci salva dalle “emergenze umanitarie”. In realtà, come abbiamo appurato, dietro quei tecnicismi linguistici si mascherano le vere tragedie e drammi di centinaia di persone.

Per questo questa tragedia cancellata dai nostri media non poteva non essere introdotta dall'energetica capacità intuitiva di “Alì dagli occhi azzurri” di Pasolini.
Questi aveva intuito profeticamente la crisi del classico paradigma marxista, unitamente allo smarrimento della chiesa istituzionale, a causa di quei cambiamenti epocali, mostrando come la massificazione culturale avvenuta in occidente cancellava in parte i vecchi schemi interpretativi di “sfruttato-proletario”, e pertanto denunciava in questo modo, da intellettuale impegnato, l'altro volto nascosto e dimenticato di questo sistema di produzione: il volto puro e drammatico del terzo mondo. Nuovo e vero soggetto sfruttato. L'invito quindi, ancora attuale, per noi occidentali imborghesiti e omologati al sistema di produzione è quello di ripensale quell'alterità “scandalosa” con l'altro, col terzo mondo che è per noi inconcepibile.

E si indirizza a coloro che possono e devono ripensare quest'alterità, in modo da operare una nuova e vera resistenza, sia spirituale (i “veri” cristiani) e sia politica (i “veri” comunisti), smarriti da siffatti cambiamenti epocali. Da qui il tono quasi mistico dell'opera di Pasolini che non a caso si definisce marxista eretico, al punto tale che farà addirittura incarnare questo messaggio della sua opera , politicamente forte, da San Francesco:

Noi possiamo conoscervi solo attraverso Dio perché i nostri occhi si sono troppo abituati alla nostra vita e non sanno più riconoscere quella che voi vivete nel deserto e nella selva, ricchi solo di pròle. Noi dobbiamo sapervi riconcepire e siete voi a testimoniare Cristo ai fedeli inariditi, con la vostra allegrezza, con la vostra pura forza che è fede”.

Bisogna ripensare quel soggetto sfruttato partendo dallo scandalo dell'alterità, dimenticato da noi occidentali imborghesiti. Questo è il punto del nostro discorso: noi occidentali (o italiani) dimentichiamo, nel nostro discorso vagamente borghese e fintamente democratico, ripensare la narrazione degli eventi reali, quotidiani, partendo dall'alterità scandalosa del "terzo mondo". In quelle zone è ancora possibile scorgere quella purezza e quella innocenza di chi è sfruttato. Ed è possibile continuare questo discorso, secondo la lettura pasoliniana, se comprendiamo bene il significato del termine "oppresso/sfruttato": significato "che oggi vedrebbe gli immigrati africani, i contadini calabresi e gli operai emigrati al nord". Questo è il messaggio: per essere davvero marxisti /cristiani, per lavorare per quell'emancipazione sociale e rivoluzione spirituale è fondamentale guardare a quell'alterità scandalosa poco fa descritta; dobbiamo conoscere lo straniero. L'Alì che sbarca in Italia. Noi italiani dobbiamo comprendere le contraddizioni della nostra società solo se comprendiamo chi è lo straniero/diverso/oppresso. Non si può professare vangelo o lottare se non si parte da questo punto, dal ripensare l'idea universale dello sfruttato. Oggi per qualsiasi forma di emancipazione, dobbiamo fare lo stesso alla luce degli avvenimenti poco fa descritti : spegniamo la tv e partendo dalla tendopoli di Santa Maria Capua Vetere, domandiamoci pertanto “chi è oggi Alì?”.

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