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Presa diretta: l’economia della guerra

Il gas è salito del 14%, come il prezzo del petrolio: come per la guerra in Ucraina, la guerra di Gaza ha fatto alzare il costo dell’energia. C’è la guerra e ci sono quelli che ci speculano sopra: la guerra ha fatto salire anche l’inflazione in Italia, di fatto la guerra la stiamo combattendo anche noi. L’occidente ha cercato di combattere la Russia di Putin con la sanzioni, ma hanno funzionato?

Francesca Nava è andata a Stupina, vicino Mosca, ad incontrare Irina nella sua dacia di campagna: è una pensionata che si informa sulla televisione di stato, dunque appoggia Putin e la sua guerra, perché è necessaria, tutta colpa degli ucraini che lasciano dietro loro distruzione.
Le sanzioni? Sono felice per le sanzioni, faremo le cose in casa, risponde Irina.

Lanfranco Cirillo è l’architetto di Putin, ha progettato il suo palazzo sulle rive del mar Nero: è ricercato dall’interpol, vive da oltre 30 anni a Mosca con una cittadinanza onoraria russa.

Questo imprenditore è stato ambasciatore del made in Italy in Russia, ha portato i miliardari russi in Sardegna, gli amici di Putin: è accusato di frode dalla procura di Brescia, accuse che oggi respinge.
Racconta a Francesca Nava che gli oligarchi russi erano accolti coi tappeti rossi in Italia: sulle sanzioni ha le idee chiare, Cirillo, semplicemente non stanno funzionando.
La maggior parte della popolazione del mondo non ha sanzionato Putin, noi compriamo la benzina dall’India che viene dalla Russia.
Qui si trova tutto per lo shopping: il made in Italy, anche prodotti sotto sanzione, anche i marchi del lusso. L’effetto politico delle sanzioni è fallito perché la guerra non si è fermata: lo spiega bene sia il sociologo Gudkov che la ricercatrice dell’ISPI Ambrosetti. In Russia le auto tedesche arrivano in Russia passando dal Kazakistan: oggi l’Europa vorrebbe colpire queste triangolazioni.
Ci sono però anche imprenditori italiani che hanno scelto di rimanere in Russia, solo il 10% delle aziende italiane ha lasciato la Russia che rimane, piaccia o meno, un mercato molto attrattivo, lasciare il mercato russo è doloroso, se te ne vai ce ne sono altre di aziende pronte a prendere il tuo posto.

Siamo venuti qui per fare un piacere al nostro paese, racconta Torrembini, presidente dell’associazione delle imprese che lavorano in Russia. Non vogliono sentirsi criminalizzati, le sanzioni non hanno fatto cadere la Russia, scegliamo un’altra strada – racconta a Presadiretta. Anche perché l’economia di guerra in Russia sta facendo crescere il PIL: la spesa militare raddoppierà nel 2024, arriverà al 6% del PIL, a dispetto delle sanzioni, la Russia ha aggirato i controlli prendendo i beni di cui ha bisogno da altri paesi.
Torrembrini ammette candidamente che noi occidentali abbiamo fatto una scelta masochista, pagheremo l’energia di più.

Lodigiani è un imprenditore agricolo in Russia, in una regione della Russia dove è anche console: il settore merceologico è stato colpito dalle sanzioni già nel 2014, racconta a Presadiretta.

Adesso la Russia comprerà le macchine agricole dalla Cina, e il made with Italy non ci sarà più.

Le sanzioni hanno riconfigurato l’economia russa in senso autarchico: i prodotti alimentari non sono più importati dall’Italia ma prodotti in Russia, perfino ricotta e mozzarella.
Donato Parisi è un imprenditore napoletano che lavora in Russia dove produce latticini proprio a Mosca: il metodo tradizionale per fare i formaggi è stato spostato a Mosca e i consumatori russi sono anche contenti.

Ci sono anche ristoratori italiani a Mosca: i prodotti italiani arrivano lo stesso, nonostante le sanzioni, col contrabbando, “abbiamo tutti, anche più di prima, perché qui stanno aprendo caseifici”.

Siamo arrivati dunque al pizzaiolo russo: Valentino Bontempi è un ristoratore italiano che possiede diversi locali, importa dall’Italia quello che non è bloccato dalle sanzioni, il resto è auto prodotto in Russia.

C’è però il settore tecnologico: la Russia dipendeva dalle importazioni dall’occidente e la Cina non riesce a colmare le importazioni in questo campo.
Il punto, racconta la ricercatrice dell’Ispi, è che la Russia è destinata a rimanere isolata in termini di ricerca scientifica, culturale.

Cambiando le esportazioni e le importazioni per la sua economia, la Russia si sta preparando ad un nuovo ordine mondiale: nell’area di Stupino Quadrat la Russia ha creato una zona speciale per attirare imprese straniere. Ci sono anche impianti della Barilla, che oggi però ha abbandonato il paese.
Le sanzioni hanno bloccato gli investimenti qui in Russia, lasciando spazio agli asiatici, turci, indiani e cinesi, racconta la direttrice del distretto industriale.
È una sostituzione di partner industriali: in questa sfida chi sta vincendo saranno le aziende che rimarranno in Russia, che sta portando avanti una sua battaglia contro le imprese che vogliono andarsene, arrivando a dei veri e propri espropri.

Chi sono i protagonisti del nuovo ordine mondiale? I Brics, con nuovi attori, come Vietnam e Iraq. L’occidente non è più al centro di questo ordine, conclude la direttrice di Stupino Quadrat.

In studio il giornalista Fubini ha spiegato come, senza sanzioni, avremmo continuato a finanziare la guerra di Putin: l’occidente ha sopravvalutato il potere delle sanzioni, noi non potevamo continuare a vendere la mozzarella in Russia facendo finta di niente.
Non è vero, ha continuato Fubini, che le cose vanno bene in Russia: mancano lavoratori, o perché nell’esercito o perché sono scappati.

C’è ipocrisia sulle sanzioni, ma la Russia vale come l’economia come il Belgio e il Lussembrugo, non è tra le prime dieci destinazioni dell’esportazione, ha continuato il giornalista del Corriere.

Il vertice di Johannesburg

Presadiretta, lo scorso agosto è andato al Brics Summit, l’incontro dove è stato sancito l’accordo per includere nuovi membri, Arabia, Iran e Emirati Arabi Uniti: il Brics rappresenta il 36% del pil mondiale e una buona fetta dei produttori di petrolio.

Dentro i Brics, un ruolo fondamentale lo ha la Russia di Putin: qui il presidente russo ha tutti gli alleati, dall’India alla Cina. Il sud del mondo sta con la Russia e non con l’occidente e gli Stati Uniti.
Presadiretta è stata l’unica trasmissione italiana presente eppure questo summit è stato molto importante per i paesi africani, che qui espongono i loro prodotti.
Anche prodotti per scopi militari sono esposti in questa fiera: il mercato dei paesi in via di sviluppo fa gola a tanti paesi, i Brics propongono di non usare il dollaro (che è diventato una moneta pesante) per gli acquisti ma le monete locali.

Tanti paesi, nostri partner, vogliono entrare nei Brics, dall’Egitto all’Algeria.

Ma, racconta il giornalista Fakude, l’ingresso di Iran e di altre autocrazie, fa paura: i sauditi sono i primi esportatori di petrolio e usano il dollaro. I sauditi sono alleati degli USA, ma intendono diversificare i loro mercati, anche verso la Cina.

I Brics hanno anche una banca che si chiama New Development Bank: stanno emettendo Bond in valuta cinese, fanno finanziamenti in rupie indiane in India, nel lungo termine non vogliono più avere a che fare col dollaro.
Cosa attrae i paesi africani nel Brics: l’occidente sta bloccando i finanziamenti al Sudafrica per la decarbonizzazione, chiedendo la chiusura delle centrali a carbone.
Il Sudafrica oggi è alle prese coi black out organizzati per questi problemi energetici: è un problema per l’economia, per le piccole imprese, per i commercianti, costretti a dover comprare dei generatori.

I black out causano problemi anche negli ospedali, dove le persone muoiono perché i macchinari si devono bloccare: la transizione energetica sta mettendo a rischio la sicurezza del paese, questo è quello che pensano in SudAfrica.
La Cina oggi si è impegnata per aiutare questo paese a superare i black out: le centrali di energia verde non bastano, la Cina ha donato generatori mentre l’Europa si sta importando il carbone che serve ai loro paesi.
Ecco, cosa attrae i paesi africani verso il Brics: il fondo monetario internazionale, la banca mondiale, il G7 sono il passato, il sud del mondo oggi sta guardando ai Brics come opportunità per crescere senza alcuna costrizione.

Il segretario dell’Onu Guterres era presente al summit dei Brics: ha ammonito i paesi presenti, il multilateralismo è un bene, ma qui si parla solo di affari, di scambi commerciali, ma mai dei diritti civili. I paesi dei Brics hanno fatto fatica a condannare la guerra in Russia perché con questo paese fanno affari.

Quello che tiene assieme i Brics, che dentro ha sia autocrazie che democrazie, è l’ostilità verso l’occidente – ha commentato Fubini: la Cina poi sta portando avanti una sua strategia per prendersi gli asset dei paesi a cui concede beni e aiuti.

La guerra di attrito in Ucraina

Mentre i due eserciti sono bloccati uno davanti l’altro in una guerra di posizione, la Russia sta bombardando le città ucraine, per terrorizzare la popolazione e distruggere l’economia che rimane in piedi.

Iacona è andato nella regione di Karkiv, nella città che da il nome alla regione: l’allarme antiaereo annuncia un attacco aereo, uno dei tanti sulla città. I russi hanno cercato anche di conquistarla con l’esercito. Le persone da qui se ne sono andate, per colpa della guerra, per non venire uccisi dalle bombe.

Questa è una strategia dei russi per far bloccare l’economia delle città ucraine, per spopolarle, per tenerle sotto pressione.

Poco fuori dalla città di Isum il servizio ha mostrato le fosse comuni, scoperte dopo che i russi hanno abbandonato la zona, dopo la confroffensiva ucraina che si è fermata a Bakhmut.

Dei morti durante la battaglia a Bakhmut non ne parlano i russi e nemmeno gli ucraini, perché danneggiano la propaganda di guerra.
Presadiretta ha mostrato i feriti di questa battaglia, gli invalidi, i soldati con le ferite visibili sul corpo e invisibili dentro: tutto questo è un altro prezzo della guerra.

Iacona ha incontrato la squadra di Medici senza Frontiere a Micolaiv: ha seguito il team di MSF mentre preparavano i laboratori mobili nei villaggi dove è passata la guerra, per visitare donne, persone anziane, portare medicine.

Da Micolaiv ad Odessa dove la guerra non ha risparmiato la cattedrale.

I russi hanno colpito i porti per bloccare le esportazioni del grano: anche questo fa parte della strategia di Putin, distruggere le aziende siderurgiche, distruggere l’economia agricola, con l’aumento dei disoccupati, di persone senza soldi da spendere.

Dagli alleati sono arrivati 42 miliardi di dollari, ma Putin punta ad una guerra di logoramento, puntando al fatto che i paesi occidentali si stanchino di finanziarla.

Tutto questo si somma ai costi per la ricostruzione, che aumentano per ogni giorno di guerra, una guerra che non vede ancora la fine.

La guerra a Gaza

950 bambini sono già stati uccisi, come risposta alle migliaia di morti israeliani di Hamas: nessun paese civile può accettare questa punizione contro un popolo.

Le guerre non porteranno mai da nessuna parte, non metteranno in sicurezza il popolo israeliano e nemmeno il popolo palestinese – racconta a Presadiretta una esponente del partito arabo di opposizione nella Knesset Aida Touma.

Israele sta militarizzando il paese, si vogliono armare i cittadini – spiega la deputata che oggi si sente tra l’incudine e il martello.

Israele è in guerra contro sé stessa: Orly Noy, attivista per i diritti umani la racconta così la protesta durata otto mesi contro le riforme autocratiche del governo israeliano.
Il governo ha spostato l’esercito a protezione dei coloni che occupavano i territori in Cisgiordania rendendo la zona attorno a Gaza vulnerabile.

La sconfitta di Hamas cambierà poco le cose, occorre comprendere come mai Hamas ha questo potere a Gaza.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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