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"Politiche low cost", una campagna elettorale all’insegna del risparmio

L’inventiva e la creatività tipicamente italiota si manifestano nelle condizioni e situazioni più disparate ed imprevedibili: altrimenti che talento artistico sarebbe?

L’idea di una campagna elettorale all’insegna del risparmio, di cui leggo recentemente, ne è ideale esemplificazione, pur assumendo un rischio: appellare col termine “low cost” potrebbe generare diffidenza in alcuni (vedi i voli aerei che ancora suscitano resistenze psicologiche, a mio avviso immotivate). Ma qui non si tratta di voli a buon mercato, bensì di iniziative “politiche”, in vista delle prossime elezioni a Sindaco di Genova.

Quali talentuosi comunicatori (ricordo che il concetto di comunicazione pubblica è stata riconosciuto giustamente come risorsa da una Legge di Stato) i politici in generale (ed anche i “pentiti” della politica) si industriano in ogni modo per “catturare” le frange di scontenti, di distratti, di delusi (e sono tanti).

Taluni attraendoli in configurazioni ed appartenenze di matrice politica, secondo ideali consolidati, pur nel labirintico panorama partitico esistente, talaltri mediante la costituzione di liste rigorosamente civiche, per segnalare ai potenziali elettori una reale presa di distanza sia dalla politica sia dai politici “vecchio stampo”.

Sostenendo l’irrinunciabilità della scienza politica come essenziale concetto di Governo, non è difficile scoprire che molte “liste” sono costituite, create proprio da coloro che poco tempo prima gravitavano all’interno di partiti politici tradizionali, magari avendone autorevole incarico, da coloro che tuttora tengono monitorato il panorama, per ogni possibile “corridoio di sbarco”.

Ciò che personalmente trovo deludente è il tentativo – nessuno si senta escluso - neanche tanto subliminale di “intercettare”, di “pescare” la scontentezza civica, la disillusione, con l’esca del “nuovo che avanza”, dell’ “aria fresca”, del “basta col passato” e con ogni altro slogan stucchevole fidelizzante.

Ormai, come diapason, siamo entrati in assonanza con concetti tanto eterei quanto formalmente rassicuranti: moralità, legalità, etica: essi ci seguono e talvolta ci anticipano in tutto ciò che vede un nostro diretto coinvolgimento civico. E quale è il maggiore, inevitabile coinvolgimento del cittadino (in altri momenti fatalmente dimenticato) se non il momento cruciale del voto elettorale?

Non c’è nulla di nuovo in tutto questo, considerando peraltro che non tutto il vecchio deve essere gettato al macero (non va forse di moda il vintage?): basterebbe infatti recuperare l’antico, rispettoso “senso di responsabilità” verso la funzione di amministrare una Città, un Paese, mettendo finalmente da parte gli individualismi, i personalismi, dei quali mi pare constatare, nonostante le enunciazioni di coesione, l’inarrestabile predominio, su tutto e tutti.

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