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Politica dell’immigrazione

Purtroppo esistono frontiere che non si vedono, l’incapacità degli individui e dei popoli di confrontarsi pacificamente è sinonimo di incapacità ad aprirsi agli altri.

Sicuramente, da questo punto di vista, rifiutare il diverso - dopo averlo messo nelle condizioni di rivolgersi a noi - è la cosa più reale che si possa fare.
 
Le diverse culture esistenti ci impongono la difesa dei nostri valori da persone portatrici di altri valori, di altri modi di intendere e interpretare il mondo, ciò comporta la necessità di una chiusura - a volte inconscia - della mente umana a esperienze diverse che, di per se, potrebbero migliorare la vita di tutti.
 
Ogni disagio umano, sia esso personale o di gruppo, nasce proprio da questo. 
 
Creare delle barriere è un comportamento connaturato nello sviluppo dell’uomo sin da quando incominciò la sua avventura come essere intelligente; difendere il proprio diritto ad esistere in un dato modo, senza dover rendere conto del proprio operare ad altri, diventa essenziale per la sopravvivenza sia dei singoli che dei gruppi o nazioni.
 
E’ grazie a questo comportamento, che l’uomo si diversifica in svariate culture sparse su tutto il pianeta.
 
Di per sè, questo comportamento non dovrebbe portare ad attriti tra i vari gruppi, se non fosse che, la necessità di sopravvivere, obbliga i gruppi umani a spostarsi in continuazione alla ricerca del posto più adatto per vivere, ma non sempre lo trova libero, incontra invece altri gruppi stanziati li prima di loro con una diversa cultura, e poco inclini a spartire il territorio con altri portatori di modi di vita diversi.
Questo meccanismo è andato accentuandosi nel corso dei secoli spostandosi anche all’interno dello stesso gruppo; mano a mano che la cultura all’interno del gruppo aumentava, si diversificavano sempre più le opinioni su di uno stesso problema, causando divisioni che col tempo divennero incolmabili causando migrazioni.
 
Perciò, ad un certo punto della sua storia, l’uomo è stato costretto a creare frontiere fisiche per la difesa del territorio; questo però, non a fermato la sua necessità di spostarsi alla ricerca, non più di territori in cui vivere, ma di prodotti che altri popoli, avendo a disposizione materie prime adatte, potevano produrre, e successivamente, per appropriarsi delle stesse.

 
Tutto questo processo è avvenuto senza che l’uomo si preoccupasse di sviluppare un sistema economico basato su rapporti paritari tra i vari gruppi, ma semplicemente occupando abusimamente i territori e rapinando i popoli autoctoni.
Purtroppo, ancora oggi, siamo di fronte a situazioni dove il più forte spadroneggia in territori non suoi al solo scopo di rapina.
 
Avviene però ad un livello piu complesso rispetto al passato, dopo le due guerre mondiali, che causarono milioni di morti, furono necessari accordi che tutelassero i diritti di tutti i popoli a vivere in pace e a commerciare i propri prodotti con contratti paritari; ma anche questo non bastò ad impedire aggressioni, dettate unicamente, dalla volontà del più forte di trarre il maggior guadagno dal commercio.

POLITICA MODERNA SULL’IMMIGRAZIONE
 
E’ in questo contesto che va inserito il problema della migrazione delle popolazioni che vivono nei paesi poveri; questi paesi, dopo lo sfruttamento subito durante la colonizzazione - che, peraltro, ha contribuito anche a distruggere le loro culture originarie impedendo loro di sviluppare un sistema politico derivante dalla loro cultura - hanno continuato ad essere sfruttati - in primo luogo per il petrolio, ma anche per i loro territori, obbligamdoli a culture e allevamenti intensivi di bestiame su territori non idonei rendendoli improduttivi, causando con ciò il progressivo impoverimento della popolazione.
 
Inoltre, per poter meglio gestire lo sfruttamento senza essere direttamente coinvolti, i colonizzatori hanno posto alla guida dei paesi personaggi da loro stessi finanziati, fornendo loro armi e materiali che nulla hanno a che fare con lo sviluppo di un paese.
 
Ogni tentativo di affrancarsi dalla povertà viene soppresso, ufficialmente dai governi locali, ma in relatà dai colonizzatori che hanno tutto l’interesse a impedire che questi paesi escano dal loro stato di povertà.

Inoltre, non va dimenticato che l’occidente "pacifico", continua a produrre armi necessarie a un’eventuale difesa da eventuali attacchi esterni che però, non verificandosi, rende problematico lo smaltimento delle stesse - parte di esse sono acquistate all’interno per ammodernare il deposito, l’eccedenza può trovare sbocco solo verso i paesi da esso controllati - dato il sistema economico basato sulla teoria del "produrre per consumare, consumare per produrre" la produzione non può essere sospesa - anche per evitare problemi interni con le organizzazioni sindacali - quando il mercato è saturo, il risultato è una produzione continua che porta inevitabilmente alla creazione di situazioni critiche dove poter consumare il prodotto, guerre tra paesi poveri e guerre intestine.

Attualmente, l’occidente è la prima causa dei disagi del terzo - quarto mondo.
La resistenza che oppone, sia all’immigrazione sia all’integrazione e convivenza pacifica al suo interno tra popolazioni esterne e autoctene, deriva dalla paura che le popolazioni, venendo a contatto, acquisiscano la conoscenza necessaria per una critica verso il sistema, conoscenza non più basata su presupposti ideologici ma sul superamento dei pregiudizi razziali.

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