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Piazza Grande, luogo simbolo cantato (gratis) da Lucio Dalla

La piazza è come l’ampollina di un termometro a mercurio. La scala centigrada di Celsius, la via principale dello struscio serale. Quella febbre altissima, appena dei vent’anni, la senti che scotta all’incrocio di una via.

Uno spiazzo dove fanno crocchio e capannelli, tra la pizzeria, l’edicolante e un caffè, tutti i giovani che si sono garantiti un posto all’ombra a reggere i quattro cantoni del Corso principale. Passa il tempo e i portici laggiù si fanno sempre più visibili all’orizzonte: l’ultimo atto, prima di ritrovarsi appisolati sulla ringhiera di un sottopasso, a godere del tepore del sole, come lucertole incantate da un filo d’erba. Però, attenzione: i termometri vanno maneggiati con cura.

La colonnina di mercurio è sensibile ai mutamenti climatici e il clima, a volte, è dato anche dal calore della gente che sta giù in piazza a sbirciare, a discutere, a riaffermare, solamente con la propria presenza, i luoghi cari dello stare insieme in un mondo civile. Un luogo pubblico abituale, di ogni giorno per alcuni, di passaggio per altri, da sempre il punto di riferimento per incontri d’affari o del dolce far niente; magari per star più larghi che a casa e, tutto questo, non l’ha mai ordinato il medico… piuttosto, il ricordo di uno sconosciuto finito per caso in una cartolina scolorita a far da guardia, impalato dinanzi all’obiettivo, nell’attesa d’intercettare lo sguardo di chi va frugando nel passato di una piazza ingrata. Una piazza senza grate né barriere. E allora, diamo pure il benvenuto, sotto il cielo in Piazza Grande, la stessa in tutta la provincia italiana, dove butta l’ombra il campanile, a tutte le stelle splendenti della lirica e del bel canto. All’imponente récital onomatopéique di Lucio Dalla, in formato smagliante, introdotto con enfasi popolare sullo struggente sillabato melodico di Caruso, dalla Grand’Orchestra Sinfonica di Russia.

Ben vengano i revival di Dalla, che ha voluto ricordare d’esser figlio di sarta emiliana, di cui tante nobildonne messe bene sarebbero state orgogliose d’essere, in quel tempo che fu, le affezionate clienti. E chissà se, fra il pubblico non ci fosse pure qualche erede di sartoria, messo altrettanto bene, tanto da poter tirare fuori dalla saccoccia la paga giornaliera per un’ora di musica e qualche spicciolo di note sparse, tra ruffianate campanilistiche e pantomime affabulatorie degli istrioni di quart'ordine, politicanti saliti sul carro del grande cantautore, che oragnizzano solo a pagamento, requisendo spazi pubblici nel cuore di una città: la Piazza Grande.


Un grammelot viscerale non trascurabile neppure dal parterre degli esclusi, che erano in tanti e che per il Gesù bambino di Paola Pallottino (all'epoca, operatrice nel mondo della pubblicità e poetessa, poi professoressa universitaria e, soprattutto, autrice del testo di 4 marzo 1943; reinterpretato, oltreoceano, dall'intellettuale della canzone brasiliana Chico Buarque de Hollanda) si sono stipati addosso ai cancelli, alla deriva come scialuppe di salvataggio, nella speranza di avvistare da lontano il Rex di Amarcord. “Certo chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche, il pensiero è come l'oceano, non lo puoi bloccare, non lo puoi recintare. Come è profondo il mare.” (Lucio Dalla, 1977)

Impara l’arte, ma non metterla da parte: che sia per tutti, l’arte. Per tutti quelli che vorranno fare un’esperienza diversa, di recarsi abitualmente al cinema o a teatro, con i ticket in una mano e i popcorn nell’altra, a scegliere un intrattenimento culturale da raccontare agli amici importanti o l’effimero sciacquapensieri da tacere perfino a se stessi.

C’è chi ha sborsato fino a 50 euro per assistere, sprofondato nelle seggiole del Comunale, a un concerto dei Pooh: storica band insaporita con un pizzico di Beatles, qualcosa dei Bee Gees e tante spezie dell’orto di casa nostra. Poi, senza indugio, c’è chi s’è spinto un po’ più in là con 70 euro, a condividere gli afrori del palcoscenico e le ritmiche assonanze evocative di Paolo Conte: il Compay Segundo della porta accanto, l’Ibrahím Ferrer nostrano tirato su a tener duro come Bartali in salita, dinanzi alla spocchia del pubblico a l'Olympia de Paris… “tra i francesi che si incazzano e i giornali che svolazzano”, perché loro sì che son rimasti ad Aznavour! “e tu mi fai - dobbiamo andare al cine - e vai al cine, vacci tu!” (Paolo Conte, 1979).

Alzare le barriere in "Piazza Grande" è discriminante anche solo dopo una semplice lettura superficiale dei fatti; differenziante per chi ha intendimenti da classista, pericolosamente disgiungente fra il potere politico e la cittadinanza attenta. Giusto per la cronaca, nell’agosto del 2002, a Pescara, nei precisi intenti di valorizzazione dei siti di Piazza Salotto e dell’arena marina per lo Stadio del Mare, si esibirono i Pooh all’inizio del mese e, a chiusura degli eventi, il nostro Lucio Dalla. Il costo del biglietto? The magical word! Gratis et amore Dei

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