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Perché è ancora importante conoscer la verità sul caso Moro: tanti gli episodi controversi, come il ritrovamento del borsello

Siamo vicini ai 50 anni dal quel fatto che ha segnato la storia della Repubblica italiana in modo indelebile, parliamo del caso Moro, ed ancora oggi, la verità piena, non c'è, perchè le ombre sono tante ed il rischio che continueranno ad essere predominanti è alto dal momento che diversi protagonisti si porteranno con sè la propria verità nella tomba. Il tempo trascorre imperterrito e la storia si adagia.

Un caso su cui però la verità è necessaria averla, perchè è l'emblema di come si possa manipolare la storia, di come interessi plurimi concomitanti possano aver creato il caso perfetto per occultare, manipolare, celare, calunniare la verità storica, oltre che quella delle medesime vittime, per la difesa del potere, sia questo espressione famigliare, sia questo espressione di lobby. Di esempi su questioni controverse ve ne sono sin troppe ed alcune forse hanno oltrepassato i limiti del ridicolo offendendo qualsiasi intelligenza umana per l'assurdità spacciata come verità storica che ha condizionato in parte anche quella giudiziaria. 

Tra i tanti episodi incredibili vi è sicuramente quello relativo al ritrovamento del borsello o della cartella d'ufficio in un taxi, avvenuto nella notte del 13 aprile del 1979, pochi settimane dopo l'uccisione di Pecorelli. Nei verbali agli atti si legge che uno dei soggetti che ritrovò questo borsello, ospite di Almagià Edoardo Carlo, decise di recarsi nel locale notturno "Make Up". Arrivati nei pressi del locale notturno verso le ore 01,15 circa, dichiara la persona, "nell'uscire dal mezzo ho urtato con i piedi contro un oggetto, rivelatosi poi un borsello,che si trovava sul pavimento nel vano posteriore del veicolo. Ho raccolto detto borsello, ritengo senza che se ne fosse accorto il conducente del Taxi e me lo sono portato all'interno del locale senza per il momento controllare il contenuto dello stesso. Solo verso le ore 03,00 circa, all'atto dell'uscita dal locale, ho aperto il citato borsello constatando che tra le altre cose conteneva una pistola". Quindi, si ritrova un borsello abbandonato da non si sa chi sul Taxi, lo si preleva senza nulla dire al conducente, al tassista, lo si porta dietro con sè senza neanche sbirciare dentro per curiosità, se non solo dopo alcune ore quando si appresta ad uscire dal locale. Va bene. Tutto può essere.

Il tassista, interrogato su tale vicenda, dichiarò che "in particolare non ho la minima idea su chi possa aver abbandonato sul mio taxi il borsello che mi è stato mostrato (...) se posso esprimere una sensazione, dovrei affermare che le persone che potrebbero aver abbandonato il borsello potrebbero essere i due tedeschi da me accompagnati al "Mek-Up" ma non ho elementi precisi per poter fare una affermazione netta in tal senso"(...) in tutto il corso del servizio svolto da me questa notte non mi sono accorto che quanche cliente avesse raccolto degli oggetti all'interno della mia autovettura".

Ognuno si sarà fatta una propria idea ponendosi mille interrogativi su questo fantomatico borsello abbandonato nel taxi e sulla ricostruzione del suo ritrovamento. Si trattava con quel presunto ritrovamento della messa in opera di un messaggio politico in stile mafioso, visto il contenuto dello stesso, oppure dell'ennesimo depistaggio, che nel caso Moro era la normalità, si parlava in alcuni documenti ritrovati anche di attentanti all'avvocato Prisco, di Ingrao con l'annientamento della sua scorsa, al figlio di un giudice istruttore, oltre a dei documenti che riguardavano Pecorelli. 

Interessante la dichiarazione di Almagià, coinvolto in tale vicenda, sul proprio sito

"Di questo periodo voglio ricordare un episodio dei più curiosi. Una sera stavo aspettando a casa un gruppo di studenti per passare insieme qualche ora piacevole. Giunti da me mi mostrano una cartella da ufficio e mi chiedono di guardarci dentro. La poso sul tavolo e la svuoto. Ne esce fuori una rivoltella, alcuni proiettili, un certo numero di schede, pagine di elenco telefonico con nomi sottolineati, la testata di una macchina da scrivere ed un’insieme di carte da collegare alle Brigate Rosse e alla faccenda Mino Pecorelli. Chiedo come ne fossero venuti in possesso. Mi dicono di essere saliti in un taxi per venire da me e al momento di pagare la corsa si sono accorti di questa cartella. Usciti dalla macchina, vi hanno dato un’occhiata e hanno pensato bene di farmi esaminare il contenuto.

Dopo avere ispezionato attentamente tutto il materiale e rendendomi conto che sui nomi menzionati poteva forse pendere una minaccia di morte, ho raccolto il materiale insieme agli studenti e li ho portati alla stazione dei Carabinieri di Largo Cristina di Svezia.

Consegnata la borsa e descritte le modalità del ritrovamento, siamo stati tenuti lì ed interrogati per alcune ore. Il materiale recuperato, in particolare la testata della macchina da scrivere, era tutto da ricollegare al rapimento Moro. Chi ancora ricorda i fatti sarà sicuramente al corrente della storia della famosa testata.

Quando ho raccontato la storia ad un anziano giornalista di mia conoscenza, sono quasi stato rimproverato. Mi ha detto che in Italia non ci si può comportare da inglesi, che mi sono infilato in un vespaio, che il mio nome sarebbe finito negli elenchi dei servizi segreti e che come ricompensa sarei stato messo sotto sorveglianza, pedinato e con il telefono sotto controllo".

Ha ragione Almagià, quello del borsello, che qui chiama cartella d'ufficio, è sicuramente uno dei più curiosi eventi tipici del caso Moro che evidenziano come la realtà vada ben oltre l'ingegno letterario di qualche scrittore di gialli. Solo che questa non è una finzione.

Di episodi anomali che meritano ancora oggi chiarezza e certezza e che forse mai ci sarà ve ne sono fin troppi, e ciò è certamente significativo per quella richiesta di verità storica assoluta che ancora oggi latita sul caso Moro ed è fondamentale raggiungerla per non rassegnarsi alla menzogna voluta dai poteri forti che minano la libertà e la democrazia di un Paese.

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