• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Ambiente > Paterno, la guerra sui rifiuti tossici tra politica e camorra

Paterno, la guerra sui rifiuti tossici tra politica e camorra

credits: 055firenze.it

credits: 055firenze.it

A Paterno, nel Comune di Vaglia (Firenze), c'è la “Terra dei fuochi toscana”. O almeno così la chiamano da anni i pochi abitanti della zona. Quel che è certo è che ad oggi il capannone di 4.000 metri cubi una volta usato come cementificio ospita ancora 1.300 sacchi di materiale tossico, una sabbia finissima nota come “Polverino 500 mash” nella quale si trovano metalli pesanti come cromo, rame o nichel. Sostanze a cui l'ex sindaco dem Fabio Pieri voleva aggiungere anche amianto, inserendo l'ex cava – costituita da roccia calcarea altamente permeabile, situata in un'area classificata come zona sismica 2 e a rischio esondazione - nel Piano interprovinciale dei rifiuti (Pir), bypassando il consiglio comunale.

A febbraio 2014 l'”operazione 500” porta alla denuncia di undici persone per traffico illecito di rifiuti e gestione di discariche abusive, nonché al sequestro di cinque siti di stoccaggio tra Mugello, Prato e Biella, contenenti 5.000 tonnellate di rifiuti. Tra gli indagati l'imprenditore Pietro Raciti, presidente ed amministratore unico della Med Link di Aulla (Massa Carrara), società del gruppo Gma Garnet. Secondo il quadro investigativo, la società carrarese non smaltiva il polverino – materiale di scarto derivante dal taglio di metalli, pietre e vetro o dalla sabbiatura di metalli verniciati - come rifiuto, ma lo rivendeva a prezzi bassissimi a società toscane e piemontesi come “prodotto”, realizzando un profitto illecito di circa 1,2 milioni di euro.

Tra le società anche la Commerciale Vaglia srl di Lanciotto Ottaviani (anch'egli indagato), che acquista cementificio e cava nel 2000, quando scadono le autorizzazioni per l'estrazione della pietra e si ferma di conseguenza anche la produzione di calce. Da quel momento la pietra viene acquistata da fuori, ma la calce prodotta è scadente, puzza e non tiene, dicono i clienti portando indietro i sacchi. È a questo punto che si inizia a parlare della presenza di rifiuti nella calce, tra i quali potrebbero esserci anche i fanghi delle concerie di Santa Croce sull'Arno di cui, denunciano i membri del Comitato ambientale per Vaglia, si parlerebbe in un verbale secretato del locale direttivo Pd datato 4 ottobre 2010.

La proposta dell'ex sindaco Pieri di creare una discarica “ufficiale” - abortita con il cambio di governo cittadino, rimasto in area PD ma oggi guidato da Leonardo Borchi – sarebbe per il comitato nient'altro che il tentativo di sanare la situazione preesistente.

A scopo precauzionale, il Comune di Vaglia nello scorso settembre emanava un'ordinanza in cui si vieta l'utilizzo alimentare delle acque dei pozzi situati in un raggio di 200 metri dalla cava, a seguito del ritrovamento di due tubi abusivi che dalla discarica scaricavano le acque reflue nel torrente Carzola, nel quale l'Arpat non ha comunque trovato tracce di inquinamento. Un divieto che si giustifica anche nella necessità di più approfondite analisi epidemiologiche rispetto a quanto già appurato dall'Asl, il cui studio sui rapporti di causa-effetto tra sostanze tossiche e incremento dei tumori ha dato esito negativo.

Rifiuti a Paterno: un business politico-criminale?

Le prime denunce sui giornali locali si leggono già nel 1999, quando il consigliere comunale di Cittadini Liberi Stefano Chemeri segnala come i fanghi di risulta dell'Alta Velocità - che da poco vengono smaltiti nel sito - rendano l'aria irrespirabile. Chemeri muore di tumore nel 2009, così come sua moglie, Adele Carcasci, autrice di un dettagliato esposto nel quale ipotizzava come le omissioni nei controlli dell'allora cementificio fossero riconducibili agli interessi di gruppi societari, privati e pubblici, legati al Partito Democratico della Sinistra. Una denuncia che oggi continua grazie a Francesca Chemeri, figlia maggiore della coppia ed ex presidente del Comitato ambientale per Vaglia.

Il curriculum dell'imprenditore

Tra le società segnalate c'è la Produrre Pulito spa, società mista pubblico-privato di Sesto Fiorentino, che nell'ottobre 2010 si accolla 1,3 milioni di debiti della Industriale Vaglia, società in liquidazione di Ottaviani, da pagare in tre anni. Il piano di Produrre Pulito è la costruzione e gestione di una nuova discarica, su un'area che ancora oggi è a destinazione in parte agricola e in parte industriale. Ma a fine 2013 succede una cosa strana: la Produrre Pulito non paga l'ultima rata, lasciando così parte della proprietà in mano ad Ottaviani, già condannato nel processo per l'Alta Velocità e accusato di aver mescolato i fanghi di depurazione contaminati da idrocarburi con la calce.

L'accusa più pesante per l'imprenditore mugellese arriva però nel 2012, quando viene indagato per rapporti con alcuni clan camorristici operanti tra la Toscana e l'Emilia-Romagna. Gli inquirenti lo accusano di aver permesso ai clan di riciclare 1,7 milioni di euro di provenienza illecita (usura, truffa e frode fiscale) attraverso alcuni trasporti, in parte fasulli, realizzati dalla Paterno Trasporti al costo di 80-100 euro a viaggio, con l'emissione di fatture per oltre 7 milioni di euro per appalti mai realizzati.

Molte delle fatture riconducono all'imprenditore Giovanni Gugliotta, residente a Vignola (Modena), già arrestato nel 2007 per traffico di droga e considerato dagli inquirenti il raccordo tra la società di Ottaviani e i clan della camorra, in particolare i clan nolani dei Ruocco e dei Fabbrocino e i casalesi. Per tale sistema gli Ottaviani – Lanciotto e sua figlia Tullia, responsabile legale della Industriale Vaglia – sono stati accusati di reimpiego di denaro illecito, Gugliotta e gli altri di riciclaggio. Il processo è iniziato a luglio.

Per approfondire: Camorra in Emilia-Romagna, riciclaggio e false fatturazioni, Ilaria Giupponi, Liberainformazione.it, 9 marzo 2012 Riciclava i soldi di un clan camorrista, Giovanni Tizian, Gazzetta di Modena, 9 marzo 2012

Genealogia di un potere politico-imprenditoriale

Ma l'affare che ruota intorno a Paterno non vede solo gli interessi delle consorterie mafiose. Fino al 2012, il 23% della Produrre Pulito era in mano al Comune di Sesto Fiorentino, dove da anni esisterebbe un'altra “bomba ecologica” come la discarica di Palastreto, gestita dalla medesima società e su cui il sindaco di Sesto Fiorentino, Sara Biagiotti, ha avviato un'”indagine interna”. Soci in Produrre Pulito sono Consiag (22,32%), Cna (18,60%), Quadrifoglio (6.95%) e Infrastrutture Leggere srl (52,13%), socio di maggioranza a sua volta costituito da due società: Cooplat (49%) e Sta (51%). La proprietà di quest'ultima è divisa tra Monte dei Paschi di Siena (12,15%), la già citata Cooplat (9,5%), Banca popolare dell'Etruria e del Lazio (9,5%) e Uch Holding, socio di maggioranza con il 68,85% delle azioni. La holding è a sua volta composta da Castelnuovese soc. coop. (50%), Unieco Costruzioni Meccaniche (49%) e Iren Ambiente (1%). Tutte aziende “rosse” ai tempi del Partito Comunista ed oggi legate al tricolore del Partito Democratico. Dietro alle richieste dell'ex sindaco Pieri, dunque, nient'altro che la cara e sempreverde logica (economica) di partito?

Per approfondire: L'identità delle coop, Andrea Cangini, QN – Quotidiano Nazionale, Coop, gli oligarchi rossi che giocano in Borsa con i soldi dei soci, Giorgio Meletti, FQ, 14 ottobre 2013

Il business delle bonifiche

Che la cava e i locali dell'ex cementificio siano depositi di veleni l'Arpat lo certifica comunque fin dal 1999, quando accerta che nel sito “era stato depositato smarino (cioè detriti derivanti dai lavori di scavo di gallerie, cave e miniere, ndr) proveniente dai lavori della Alta Velocità ed altri fanghi sempre connessi con gli stessi lavori” utilizzati anche nel cementificio, “sebbene tale flusso di materiale non fosse neppure autorizzabile in regime semplificato”, regime in cui la società operava all'epoca.

La bonifica dell'area è prevista a partire dal 2015, quando saranno completate le ricerche sui rifiuti sepolti nell'area disposte dalla Procura. Il Comune di Vaglia aveva chiesto ad Ottaviani di occuparsene, ma l'impreditore – che si è sempre definito vittima della truffa della Med Link – ha definito insostenibile la spesa di 100.000 euro necessaria. Ad occuparsene dovrebbe essere quindi la Teseco Spa, tra le più importanti società italiane nel campo delle bonifiche.

Tra i “pretedenti”, a sorpresa, c'è anche la società di Aulla, che in questo modo otterrebbe da un lato la possibilità di sanare parte del danno d'immagine seguito alla denuncia di Ottaviani e dall'altro la possibilità di mantenere privata la gestione di impianti e operazione di bonifica, uno dei nuovi business delle mafie. Un risparmio economico che la regione – intesa anche nelle sue istituzioni – potrebbe dover pagare in altri modi.

[10 - Continua]

[9 - Rifiuti tossici in Toscana, tra mafie e cultura della mafiosità]
[8 - La camorra in Toscana: se Don Chisciotte si arrende ai mulini a vento]
[7 - 'Ndrangheta in Toscana: bunker, grandi appalti e lo strano caso dei soldi tra Calabria e Mugello]
[6 - Alleati ma nemici, cosa nostra tra Sicilia e Toscana]
[5 - L'anima imprenditoriale delle mafie in Toscana: stracci, droga e discoteche (2/2)]
[4 - Mafie in Toscana: vecchi business, rifiuti e clan autoctoni (1/2)]
[3 - 67 beni sottratti alle mafie in Toscana nel 2013. Ma l’Agenzia per i beni sequestrati è ferma da due anni]
[2 - Più di 30 milioni di euro contro la precarietà abitativa. La Toscana chiude l’epoca dell’urbanistica criminale?]
[1 - Toscana, case popolari nei beni confiscati. Contrastare la mafia combattendo l’emergenza abitativa]

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità