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PNRR: fate presto, facite ammuina

Che direbbe il marziano di Flaiano se ricapitasse qui e leggesse i soliti "fate presto" per fare debito e dei festeggiamenti per un ponte fantasma che in media viene rievocato ogni dieci anni?

 

Non so voi, ma io mi sono perso nei meandri del PNRR e delle sue tempistiche di revisione. Una revisione annunciata già in campagna elettorale da quella che sarebbe diventata l’attuale maggioranza. Solo che all’epoca le richieste, a muso duro, erano per una sorta di scala mobile delle erogazioni. “Questi soldi non ci bastano più, occorre aumentarli”, era il sottinteso ma non troppo. Oppure sarebbe stato necessario tagliare le ambizioni e i progetti, voi che dite? Poi ci furono le prese di posizione della Commissione europea, di fronte alle emergenza della guerra e allo shock energetico. Fu in quella circostanza che si iniziò a tratteggiare l’ipotesi di mettere a disposizione dei paesi richiedenti il recupero dei fondi del Recovery non utilizzati.

“Ottima idea”, è stata la reazione da queste parti. Come se fosse un’ottima idea aumentare l’indebitamento di un paese che, dalle reazioni di alcuni ambienti, pareva infoiato per incravattarsi di altro debito. Poi venne il periodo del ridisegno dei meccanismi, unità tecniche spostate a Palazzo Chigi e altre amenità. Un ministro le cui attribuzioni si sono nel frattempo gonfiate all’inverosimile, con un biglietto da visita che pare un incrocio tra cumuli di nobiltà e il titolo di un film di Lina Wertmüller.

Raffaele Fitto, Ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR. Così, tutto insieme. Ricorda antichi titoli nobiliari, tipo “arciduca di Maglie, marchese di Gallipoli, principe di Otranto”. Tanta roba. Così tanta che il politico pugliese, forse per il presentimento della terrificante mole di lavoro che gli sarebbe piombata addosso a fine 2022, ha smesso di aggiornare il suo sito personale il 20 ottobre 2021, e nella sua pagina biografica figura ancora come eurodeputato di Fratelli d’Italia. Ma a parte ciò, Fitto sta lavorando indefessamente, assieme a premier e maggioranza, per ridisegnare forme e destinazioni del PNRR.

UNITÀ DI MISSIONE IMPOSSIBILE

Almeno, così ci viene detto. Nessuno si faccia venire strane idee circa questa operatività, assimilandola al facite ammuina del fantomatico regolamento della marina borbonica. A fine aprile ha messo in piedi una super “unità di missione” di 84 persone, si può leggere sulla stampa. Un ministero nel ministero, una missione che sta diventando impossibile sperando non diventi suicida. Poi, l’annuncio della ridefinizione del PNRR, o meglio dei nostri desiderata in quel senso, su cui imbastire l’immancabile negoziato con “gli ottusi burocrati di Bruxelles”.

“Indirizzo, coordinamento, vigilanza, ispezione”. E la revisione? Arriva, arriva. Ma quando? In estate, si narra. E su che linee? Lo vedremo. A Bruxelles nessuno ha sentito nulla, non ci sono richieste, dettagli, scenari, pennellate di colore sulla grande opera che sta per (ri)vedere la luce. Intanto, iniziano a girare strane voci su problemi di comunicazione tra Roma e Bruxelles, indotti da barriere linguistiche da scarsa dimestichezza con la lingua inglese di ministro e suoi plenipotenziari. Volete saperla tutta? Io non credo affatto che le cose stiano in questi termini. Non intendo crederci, soprattutto.

Un osservatore esterno, privo di conoscenza dei dettagli e dei processi, già da molti mesi si sarebbe spinto a suggerire di sfrondare i progetti, e andare avanti. Io conosco uno di quegli osservatori esterni privi di conoscenza della materia, ci ha anche scritto un commento, sei mesi addietro. E prima ancora, quello stesso osservatore aveva segnalato che tirare tutto questo debito rischiava di essere l’ultimo chiodo nella bara di un paese che di debito ha deciso di suicidarsi.

Poi però ho perso il conto e il bandolo di quello che stava accadendo. Prima dello sfrondamento c’è stata l’idea di spostare voci del PNRR verso la programmazione ordinaria del bilancio settennale della Ue, per comprare tempo, almeno un paio d’anni e forse tre. Del problema relativo al fatto che questo appostamento contabile necessiti di co-finanziamento nazionale non ho sentito parlare, ma forse mi sono distratto io. Poi c’è l’idea di spostare parte degli investimenti verso il fondo complementare da 30 miliardi che andrebbe finanziato emettendo Btp e di conseguenza ha o dovrebbe avere un’asticella piuttosto alta.

Giorni addietro è pure girata la maldicenza di un Fitto che getta la spugna e chiede che i fondi vengano dati alle imprese in crediti d’imposta automatici, di lasciar perdere le grandi infrastrutture, i cui progetti sarebbero da tagliare col machete. Ovviamente, il ministro ha smentito, ma l’assedio delle Forze del Male e del Dubbio prosegue.

Poi, all’improvviso, lo scarto. Un fulmine a ciel sereno: il ministro che praticamente ordina ai ministeri di presentare la lista sfrondata degli investimenti. E la vuole per subito, anzi per ieri. La domanda sorge spontanea: non si poteva creare nei mesi scorsi, questa benedetta lista di priorità, almeno da tenere pronta se non immediatamente attivabile come base di discussione con la Ue? Ah, saperlo. E invece siamo al solito “fate presto” che perseguita questo paese. Sembra come quando si macellavano i progetti di investimento per fare quadrare i conti pubblici e tenere intatta la spesa corrente. Con l’aggiunta della dimensione emergenziale.

Nel frattempo, i comuni arrancano, in moltissimi non hanno competenze tecniche, le regioni si innervosiscono perché anche la programmazione del bilancio ordinario slitta, in attesa di accogliere alcune voci del PNRR. Ora inizieranno le resistenze dei ministri, ognuno dei quali impegnato a trattenere la maggior parte dei propri progetti.

E crescono le recriminazioni, di ogni specie: abbiamo ereditato il PNRR, ci siamo trovati i ritardi sulle riforme abilitanti, il cane si è mangiato le colonnine di ricarica per veicoli elettrici, le stazioni di rifornimento a idrogeno non trovano parcheggio, qualcuno volò sull’asilo nido del cuculo. Stiamo lentamente ma inesorabilmente spostandoci verso il complotto esterno: gli stadi di Firenze e Venezia erano stati autorizzati al governo precedente (falso), l’Europa matrigna prima ci impediva di spendere e indebitarci e ora ci spinge a spendere e indebitarci (l’ho letta ieri su Linkedin, giuro).

IL GOVERNO DELLE RIFORME

A marzo scrivevo di “cronaca di un disastro annunciato“, col disfattismo che mi caratterizza. Eppure, il nostro paese (anzi, ‘aaa nostra nazzzione) percorre a grandi falcate la strada delle riforme. Ad esempio, quella fiscale, che vedrà la luce il prossimo anno, secondo la leggenda, e avrà taglio delle tasse, tredicesime detassate, un percorso verso la flat tax da fare impallidire questo lato della galassia. Quindi, vedete, noi il pallino delle riforme lo abbiamo eccome. Uno psicanalista chiederebbe alla signora Italia riversa sul divano: “e mi dica, queste riforme lei le vede anche adesso, in questa stanza?”. Abbiamo detto no alla carne sintetica, stiamo inseguendo i trafficanti di esseri umani in tutto l’orbe terracqueo, abbiamo intimato al Fondo Monetario Internazionale di dare li sordi alla Tunisia, perché il loro autocrate guardava sempre la nostra tivù, in particolare Pippo Baudo e Raffaella Carrà. Stiamo per “mettere a terra” (altra orribile espressione ricorrente) il “Piano Mattei” per l’Africa ma ovviamente nessuno sa di che si tratti, per evitare plagi e scippi.

Un tale vibrante protagonismo non può spiaggiarsi su questo cavolo di PNRR. Ieri la Commissione Ue ha presentato la sua solita lista di richieste e lamentazioni, definite “raccomandazioni”, perché non ci capiscono. Pare, ho letto ieri mattina sul Corriere, che qualcuno da Palazzo Chigi avrebbe detto, “informalmente”, che siamo tranquilli e in regola anche perché “cresciamo più degli altri paesi europei”. Un po’ come le card che i partiti lanciano sui social per mandare definitivamente in pappa il cervello dei destinatari della comunicazione. Abbiamo questo record di crescita immaginaria che ci fa gonfiare il petto, spezzeremo le reni alla recessione, siamo la locomotiva d’Europa, e proprio per questo passiamo il tempo a difenderci dall’invidia altrui. Pensate quindi cosa riusciremmo a fare, se non fossimo costretti a sprecare energie a questo modo.

E non scordiamo le quinte colonne interne, quelli che dicono che siamo in ritardo col PNRR. Ma tornerà il tempo del reato di disfattismo e intelligenza col nemico. Lo affiancheremo a quello di autorazzismo che tanto andava di moda anni addietro. Ma la verità uscirà, è solo questione di tempo. Ad esempio, avete notato questa distonia pressoché lisergica tra ritardi del PNRR e celebrazioni per la definitiva conversione in legge del decreto relativo al ponte sullo Stretto? Una spesa prevista e immaginata di quattordici miliardi, un trionfo di popolo, “il ponte degli italiani”. Le malelingue e i sabotatori disfattisti sono già entrati in azione affermando che di quel ponte manca tutto: dalle procedure di gara alle stime vere dei costi, ma soprattutto che è privo dei soldi, visto che non fa parte del Recovery Fund.

Ma ovviamente non può essere così, è solo una nuova puntata di questa intossicazione disinformativa, peraltro assai grossolana, da parte dei nemici d’aaa nazzzione. Anche perché, se un marziano (magari quello di Ennio Flaiano) leggesse i giornali e vedesse da un lato queste invocazioni a fare presto per non perdere i miliardi del PNRR (per due terzi a debito) e dall’altro i festeggiamenti per un ponte fantasma, di cui ogni decennio o giù di lì si festeggia la ripartenza, si chiederebbe: ma questi italiani, sono davvero stupidi come li rappresentano o molto di più?

All’ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa
e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora:
chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra
e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta:
tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa
e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio
passann’ tutti p’o stesso pertuso:
chi nun tene nient’ a ffà, s’ aremeni a ‘cca e a ‘ll à”.
N.B.: da usare in occasione di visite a bordo delle Alte Autorità del Regno.

 

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