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Obama’s speech



Due giorni fa ho ascoltato in diretta sulla CBS il discorso d’accettazione di Obama alla convention democratica di Denver.

Devo dire che è stato uno dei più bei discorsi politici mai sentiti. Questo candidato almeno agli inizi outsider avrà pure una scarsa conoscenza delle cose estere, non saprà molto di economia (in questo campo anche McCain non brilla affatto, curiosa mancanza che unisce i due finalisti della corsa per la Casa Bianca in un’epoca in cui l’economia sarà probabilmente l’argomento trainante nelle teste degli elettori per decidere chi votare), però ha dalla sua una tale capacità di comunicare e di muovere le emozioni della gente come non si sentiva da un mezzo secolo.

I passaggi più belli del suo discorso, secondo me, sono stati quando ha ricordato (vado a memoria):

L’America ha l’esercito più potente del mondo, ma non è questo che ci rende forti. L’America è une delle nazioni con il reddito pro-capite più alto della Terra, ma non è questo che ci rende ricchi. L’America ha le università più invidate al mondo, ma non è questo che ci rende colti. Quel che ci rende forti è ciò che ha spinto e spinge decine di milioni di migranti ad attraversare gli oceani e ad approdare nel nostro Paese per cercare di realizzare la loro felicità; quel che ci rende colti è ciò che spinse le donne a lottare per afferrare la prima scheda elettorale; quel che rende ricchi è la presenza di così tante etnie e la lotta per l’eguaglianza dei diritti civili che loro hanno combattuto. Tutto questo, si chiama lo spirito americano, ed è lo spirito americano ciò che ci rende forti, ricchi e colti.

A questo punto, io avevo la lacrimuccia. E se ha toccato le corde di un italiano che vive in Canada, chissà come ha suonato quelle di uno statunitense che vive negli USA... Notevole anche quando ha cercato di unire il Paese dicendo:

Non esistono gli Stati Uniti Blu o gli Stati Uniti Rossi. Esistono gli Stati Uniti d’America, e siamo un grande popolo, una grande nazione che può avere diverse opinioni su vari temi, ma senza mai dimenticare l’importanza dell’essere uniti.

E poi ha fatto degli esempi specifici sui punti dirimenti di questa campagna elettorale (aborto, matrimonio gay, guerra) dicendo sempre: possiamo avere opinioni diverse su questo singolo aspetto, ma siamo tutti d’accordo sull’aspetto più generale. L’intero discorso, tenuto eccezionalmente al di fuori del palazzo dei congressi dove si svolgeva la convention e portato all’interno di un grande stadio, ha poi insistito moltissimo sull’importanza dell’educazione e del fatto che esista un accesso all’educazione secondaria per tutti, a prescindere dalle loro origini sociali.


Bellissimo anche il passaggio in cui ha ricordato l’anniversario del discorso "I have a dream" di Martin Luther King, ma lì giocava in casa.

In generale, lo stile e la retorica di Obama sono diventati di tipo inclusivo e attivo, ossia cerca di coinvolgere il più alto numero di americani a riconoscersi nelle sue parole e nei suoi esempi, con ampi riferimenti alle sue umili origini e all’idea che lui è una delle possibili incarnazioni del famoso sogno americano. Obama parla di salari e di economia molto più di quanto faccia McCain, e anche se tutti sanno che l’economia non è il suo campo di specializzazione, dà l’impressione di considerarla come l’aspetto fondamentale della sua campagna elettorale. E in questo fa benissimo, dal momento che basta il colore della sua pelle a ricordare che la sua lotta è anche la lotta per la completa uguaglianza di tutte le etnie all’interno del malandato melting pot a stelle e strisce.

Da notare infine il fatto che per ben due volte Obama ha pubblicamente chiesto un nuovo confronto tv con McCain "sul tema del chi è il candidato con le qualità del comandante in capo", che è un po’ il tasto sul quale la campagna repubblicana (e anche quella di Hillary) ha tanto insistito. Chiedere un nuovo confronto tv, e farlo per ben due volte nel proprio discorso d’accettazione, segnala che nello staff di Obama pensano di essere indietro rispetto a McCain nel favore popolare, a dispetto di quanto indichino oggi i sondaggi. E’ sempre il candidato che ha da guadagnare qualcosa in un confronto tv quello che chiede pubblicamente un nuovo faccia a faccia.

***
Nell’altro versante, il bravo McCain ha sorpreso un po’ tutti scaricando all’ultimo minuto il vice accreditato dai media americani: Mitt Romney. Al suo posto, una donna, la governatrice dell’Alaska, Sarah Palin, che dall’aspetto pare una Gelmini cresciuta ad hamburger di alce (e un po’ si vede).

Benché la Palin sia un concentrato di quei valori della Destra americana che a me non piacciono punto (è contro l’idea di avere una legge che regolamenti l’aborto, in favore della pena di morte e sostenitrice della lobby delle armi), io penso che la sua candidatura sia assai migliore di quella del mormone-miliardario Romney, che aveva dei pericolosi tratti di rassomiglianza al profilo sociale di Berlusconi. E inoltre segna un altro passo avanti degli USA verso la totale parità dei diritti tra donne e uomini. Qualora McCain dovesse essere eletto, potrebbe non ricandidarsi tra 4 anni per il suo secondo mandato, quando avrebbe 76 anni. E a quel punto Sarah Palin sarà il candidato naturale (anche se non l’unico) del GOP per il 2012. Nel versante democratico, non si potrebbe invece escludere una ricandidatura di Hillary, e quindi la fantapolitica americana potrebbe regalarci una sfida tra due donne. Mica male, no?

In ogni caso, come già detto al momento della nomination di McCain, chiunque vincerà le prossime presidenziali, avremo un presidente USA molto migliore di chi è stato alla Casa Bianca negli ultimi 8 anni, almeno 4 dei quali abusivamente.

I sondaggi danno al momento un leggero vantaggio per Obama, del tutto fisiologico dopo lo svolgimento della convenzione democratica. Per avere di nuovo sondaggi veritieri occorrerà aspettare almeno 5-6 settimane dopo la chiusura dell’analogo appuntamento repubblicano.

Che vinca il migliore. Io spero Obama.

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