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Non è di Internet che bisogna avere paura

Ci sono voluti anni di studi accademici, algoritmi ed estenuanti sessioni sui megastore online, ma alla fine, dopo aver versato torrenti di lacrime ed esserci fatti clonare i bancomat, una sconvolgente verità ci è esplosa in faccia: l’Internet non è (più) un posto affidabile. Anche Angelo Aquaro, direttamente dal suo osservatorio privilegiato di New York, se ne è accorto, e in due fitte pagine pubblicate su Repubblica si è chiesto angosciato: “Possiamo davvero fidarci di Internet? O meglio: possiamo ancora fidarci di Internet?” Risposta: non possiamo farlo, ovviamente.

Secondo l’articolo, il primo a impantanarsi nella “giungla delle webugie” è stato Tony Blair, “l’uomo che aveva fatto sognare gli inglesi” e aveva sempre avuto “un rapporto controverso” con giornali e giornalisti. Quando l’Internet si impose come “nuovo e formidabile media”, Blair sprizzava gioia: “Pensai che avrebbe finalmente messo a tacere quella cagnara feroce tra giornalisti e politici”. Non andò così: “Il trionfo di Internet ha portato a tutt´un altro risultato. In rete sono fiorite ancora di più le dietrologie. E con molto più gossip”. Che peccato.

Dopo aver spezzato il cuore a Tony Blair, Internet ha fatto di peggio. “Il mezzo che prometteva di rilanciare il messaggio senza valori aggiunti – scrive Aquaro – ha finito per aggiungere a ogni messaggio un valore: economico”. Da non crederci, vero? A riprova di questa terribile deriva dai valori originari di Internet (quelli militari?), Aquaro fornisce l’esempio della recente rivolta dei ristoratori italiani contro le recensioni di Tripadvisor.

Una stella su TripAdvisor ormai può contare più di quella della mitica Michelin. L´unico particolare è che le stelline delle antiche e gloriose guide erano firmate da altrettante stelle della cucina: recensori professionisti imparziali per mestiere e missione – o almeno così nelle intenzioni.

Chi non ricorda la Golden Age del giornalismo culinario, quel periodo nel quale dinoccolati e imparziali gourmands con la pochette accoglievano prelibate delicatessen nei loro palati raffinati, per poi affidare il loro sapiente giudizio alle autorevoli riviste di settore? Ah, i bei vecchi tempi andati. Oggi, avverte Aquaro, non è più così.

Sulla grande piazza virtuale di Internet ciascuno dice la sua: siamo tutti recensori. Garanzia di libertà di opinione? Non sempre: se – ahinoi – troppo spesso è stata in vendita la virtù di pochi giornalisti (pennivendolo non è certo un neologismo) figuriamoci che cosa succede quando i consigli per gli acquisti provengono dall´intera umanità.

Come difendersi, dunque, dai temibili giudizi culinari/alberghieri di CamionistaForcone666 e PrezzolatoDaiRistorantiLerci_1957? L’opinione del Prof. Buon Senso Del Padre Di Famiglia è che basterebbe spendere cinque minuti in più di navigazione, incrociare il flusso di dati e recensioni (pare che nella versione extended di Internet non esistano solo Tripadvisor e Amazon), confrontare le offerte e non fiondarsi sul primo ristorante. Nulla di eclatante.

Aquaro, però, ha una soluzione migliore: per evitare fregature bisogna calarsi l’Elmetto della Diffidenza ed essere pronti a tirare su “qualche barriera virtuale”. Siccome “il web è prima di tutto ricerca”, sostiene il giornalista, nel grande mare di Internet “vince chi lancia più salvagenti: oppure più trappole”. Insomma, per evitare di prenotare quattro serate di fila in uno strip club ungherese gestito dalla malavita, dobbiamo imparare a diventare dei novelli Achab del web, sempre pronti a lanciare i salvagenti per la Verità e arpionare le malvagie Balene Bianche della Fraudolenza. Ma anche questo potrebbe anche non bastare:

I motori di ricerca pescano e rilanciano il materiale che trovano. Non è insomma questione di bello o brutto: più che l´estetica conta la matematica. Dal libro alla lavatrice, ogni prodotto venduto su Internet si porta dietro le recensioni che trova sul web. E voi tra la marca a una o cinque stelle quale scegliereste? Non c´è dubbio: la marca a cinque stelle. Peccato che sia spesso una marchetta.1

Che strano: avevo sempre pensato che le marchette esistessero solo su giornali, televisioni, radio e via Emilia. Ora, invece, nemmeno l’Internet è immune da questa piaga. E la colpa è solo nostra, denunzia Aquaro. Siamo noi che siamo fatalmente attratti dalle “stelle” di Amazon, perché “tra noi e Internet c´è un tipo di attrazione che non c´è nei confronti di nessun altro media”.

La tv? La radio? Ma via. È dai tempi della burla sull´arrivo dei marziani che Orson Welles ci regalò proprio via radio, 1937, che abbiamo cominciato a dubitare del Grande Fratello: formato audio o video.

Già. È dal 1937 che nessuno crede più alla televisione o ai media tradizionali – la Storia è lì a dimostrarlo. Ormai ci è rimasta solo la Rete. Un fatto oltremodo grottesco, visto che nell’universo di Aquaro c’è un micidiale paradosso: fino a tre anni fa, infatti, “le informazioni di Internet altro non erano che un rilancio di quelle ottenute dalla triade dei vecchi mezzi: giornali, radio & tv”. Questo ruminamento perenne di informazioni e questa “fiducia del New Media” sono aumentati a dismisura con la diffusione dei “siti USG”, quegli spazi che cioè vanno a User Generated Content (cosa sono, centrali che vanno a carbone?). È stato in quel preciso momento, rivela il giornalista, che siamo diventati i soggetti di un possibile film di Cronenberg:

Siamo tutti recensori. Siamo tutti giornalisti. La rete siamo noi. Sì, la rete siamo noi. Ma la rete è così grande che cascarci dentro è uno scherzo.

Ecco: saremo anche diventati “giornalisti” o uomini-macchina (“rete”), ma siamo rimasti dei boccaloni. Anzi, siamo diventati Tony Blair, come dice Aquaro nella conclusione-capolavoro:

Ci siamo fidati di Internet per poi scoprire che era meglio quando si stava peggio. Oddio: magari l´abbiamo scoperto proprio grazie a un po´ di ricerche su Internet – mica grazie a una buona stella

Al giornalista di Repubblica sfugge solo un piccolo particolare: non è l’entità-Internet a frodare, ingannare e cercare di fottere il prossimo. Non è “Internet” a lasciare il numero della tua carta di credito a oscuri principi nigeriani che via mail vogliono lasciarti 20 milioni di dollari in eredità, oppure a cliccare il popup in cui una ventenne ucraina vogliosa dice di voler assolutamente scopare con te. Sono le persone a farlo. Anzi: “l’intera umanità”, direbbe Aquaro. Ed è un’umanità, per parafrasare Fabio Chiusi, fatta di carne, ossa e debolezza, prima che di stelline su Amazon o recensioni-marchetta su Tripadvisor.

 

  1. Piccolo esercizio: provate a sostituire “motori di ricerca” e “Internet” con “giornali”. []
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