Nella Torino del 1857, un carnevale che irritò il Conte Verde
Pasquino fu un giornale umoristico con caricature pubblicato fra il 1856 e il 1921. Lo sviluppo della stampa periodica a Torino e nel Regno di Sardegna assunse una notevole importanza rispetto ad altre parti d'Italia, rispecchiando pienamente il fervore politico che ebbe inizio durante il "decennio di preparazione" all'Unità d'Italia. In questo contesto anche i fogli umoristici e satirico-caricaturali trovarono terreno favorevole, meritandosi addirittura l'appellativo di "pattuglia d'assalto del Risorgimento"; tra questi vi era anche il Pasquino.
La sua lunga esistenza fu dovuta, soprattutto nei suoi primi quarant'anni di vita, alla mancanza di violenza del suo direttore e disegnatore, Casimiro Teja, il quale dal 1859 fece del foglio un'opera quasi personale.
E qui inizia la storia
Si dice che un torinese che rida sia un fenomeno. Ma voi sapete che, in tutto il mondo civile, fra Natale e le Ceneri, vi ha un carnevale, durante il quale è dovere di ogni buon cristiano fare peccatelli e peccatucci allo scopo di procurarsi i titoli per poi far penitenza in quaresima. Sorse così una commissione di carnevale, per mettere insieme qualche baldoria, dove peccare a occhi chiusi. Il ridere non era indispensabile, onde la suddetta commissione dopo aver progettato la coronazione del Patriarca in Campidoglio, pensò che fosse più allegra un'Esecuzione capitale di Maria Stuarda.
Ciò spiega a sufficienza come mai, nel 1857, altra commissione aveva scelto il Conte Verde come perno del carnevale.
Amedeo VI, figlio primogenito di Aimone, conte di Savoia e di Jolanda di Monferrato, non ebbe nulla di comico. Succeduto al padre nel 1343, all'età di 9 anni, fu un bravo bambino e non è certo colpa sua se i molti tutori radunati intorno a lui per impedirgli di commettere sciocchezze, ne commisero loro. A 19 anni, egli aveva già riportato notevoli vittorie nel Vallese, onde per festeggiarle, indisse a Burg un torneo per il quale passerà alla storia come il Conte Verde.
Difatti, egli vi partecipò tutto vestito di verde, cosi come farà poi in tutti gli altri tornei ed in guerra. Il verde era allora simbolo di gioia, di amore, di abbondanza e, se Satana è dipinto con la pelle verde e gli occhi verdi, una certa parentela con il diavolo non nuoce di certo a chi deve troppo spesso usare le armi i guerra.
Egli era anche un uomo pio e si deve a lui l'Ordine del Collare di Savoia, "istituto in onore di Dio, della Vergine Maria, delle sue 15 gioie e di tutta la corte celestiale".
Per onorare viepiù queste 15 gioie, i membri dell'Ordine non potevano superare i 15 e, più tardi nella chiesa costruita apposta, 15 certosini diranno ogni giorno 15 messe per il riposo dell'anima del fondatore e dei suoi cavalieri.
Egli farà anche del suo meglio per riunire le Chiese di Roma e di Costantinopoli, un principe serissimo, quindi, e non da carnevale.
La carnevalata
La carnevalata gli toccò per via del suo monumento, opera di Pelagi (fu architetto di interni e scultore, contribuì all'ampliamento del Castello di Racconigi, al Castello di Pollenzo e all'ammodernamento di Palazzo Reale), eretto pochi anni prima (1853) nella piazza delle Erbe (Torino), dove solevano avvenire anche le riunioni di affari e che perciò era soprannominata "la borsa dei bugiardi".
Il conte fu effigiato nell'atto di brandire la spada contro due uomini più o meno a terra.
Il Baratta (Il cavalier Antonio Baratta (Genova, 1803 . Torino, 1864) è uno scrittore oggi poco noto, ma in vita fu amico di letterati assai più famosi come Brofferio e Cantù.
Di origini genovesi, ma torinese d'adozione, Baratta entrò ancor giovane nella diplomazia sabauda, rivestendo tra l'altro incarichi in oriente, a Costantinopoli. Nel dicembre del 1841 fu collocato in pensione e poté dedicarsi agli otia letterari.
Ci ha lasciato una serie di epigrammi che sono una pungente satira di Torino e dell'Italia, negli anni precedenti e subito posteriori l'Unità. Baratta era noto anche per i suoi gusti un po' eccentrici e veniva soprannominato "il cavaliere senza camicia" per l'avversione che provava verso tale capo d'abbigliamento).
È invece chiarissimo che il Conte Verde se la stia pigliando con due Bulgari.
Il carnevale del Conte Verde si svolse sotto un mezzo incubo della primissima fine del mondo prevista dagli astronomi per il 13 giugno 1857 in seguito all'incontro della terra con una cometa, ma richiamò ugualmente gente al veglione, prezzo d'ingresso da trenta soldi.
Il resto del carnevale non dovette essere brillantissimo, se il Conte Verde, attraverso il Pasquino, così scriveva poco dopo alla Commissione: Signori, perdonò di tutto cuore al signor Pelagio Pelagi di aver posto in caricatura nel mezzo della piazza delle Erbe con i miei due Bulgari.
Io credevo che il mio mestiere di sur papier libre fosse il più ridicolo di tutti i mestieri, ma l'esperienza mi ha edotto che v'è ‘he u altro anche più ridicolo, ed è quello che le SS.VV. mi hanno fatto fare domenica scorsa a cavallo di una rozza per le vie di Torino, Signori! Non vi dissimulo un mio malcontento per conto mio e per conto dei miei buoni Piemontesi, i quali trovarono letteralmente corbellati nella loro aspettativa.
Se voi mi foste stati davvicino, avreste potuto udire come ho udito io stesso, la vita che vi leggevano quei bravi popolani della Città e del Contado, i quali, essendosi ripromessi di stare un po' allegri con il loro Conte Verde, rimanevano con un palmo di naso, vedendo una processione in luogo mascherata, spero che per l'anno venturo, non vi salti in capo di tirarmi ancora in ballo altrimenti mi vedrei costretto a trattarvi come tratto quotidianamente i miei due Bulgari.
Viceversa schizzi dipinsero il carnevale come un amatissimo per folla e gran lancio di proiettili affettuosi, Teja presentava due poveri diavoli, lui e lei, in mezzo alla mischia.
Dice lei: ma è ben proibito gettare fagioli!
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