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Navona, non abbandoniamola


Di quando si tifa la maglia, comunque, sperando in tempi migliori

ore 18.05
Beth Ditto sì o no? Stasera, alla Festa dell’Unità, ci sta lei.
Per il PD il solito problema: dissociarsi o no?
Non si sa, non lo so, so abbastanza stanco. Ma magari sbuca il leader all’improvviso.

ore 16.50
E prima di Bebo, qualche giorno fa ho rivisto pure Piergiorgio (stopper), Sime (portiere) e Lalia (mediano). Piergiorgio sta già pianificando il viaggio dei 40 anni, che saranno il prossimo anno, più o meno per tutti noi. L’ho guardato perplesso ma incuriosito dall’ipotesi di una nuova celebrazione maschiamente single, alla nostra età, dopo i goffi e alcolici addii al celibato consumati da giovani.
Ma pure un bel viaggio dei 39 anni, a ben pensarci, non sarebbe male.
Tutti insieme, donne e figli. E un pallone. [...]

ore 16.10
E comunque ieri ho rivisto dopo un bel po’ di tempo Bebo. Abbronzatissimo, tiratissimo come neanche quando a 15 anni dettava il gioco e a 30 faceva il mediano costretto a correre perché per chi ha tecnica competere diventa sempre più complicato, Bebo s’è squagliato con me ed altri compagni di manifestazione nei pressi di un gazebo dei valori.
A tavola abbiamo ammorbato amici previsti e non con vecchie storie di calcio e pozzolana.
Diego e Bebo che fanno frontale in macchina dopo amichevole per colpa di capelli lunghi e bagnati a novembre, Diego e Bebo senza più problemi di capelli, Diego e Bebo che vincono campionati, Diego e Bebo pizza sarciccia e tanti limoncelli, Bebo nudo che dà del nazista al Mister che lo aveva cazziato per averci messo troppo ad allacciarsi gli scarpini prima di entrare in campo, Diego polemico in panchina che finge di leggere un libro mentre i compagni giocano, e altre irrilevanti storie di fondamentale formazione politica.
E’ stato tutto molto commovente per noi, potenzialmente noioso per gli altri.
Ma l’ultimo discorso rimastoci nelle orecchie era di Lidia Ravera. Ottenere attenzione è stato facile.

ore 15.30
In piena e difficoltosa digestione di due involtini primavera poco estivi, incappo in un nuovo entusiasmante episodio dell’ormai appassionante serie "Luca Sofri in Direzione, imprevisti e probabilità".
Se non si trattasse delle vicende del principale partito riformista d’occidente, troverei il tutto molto più divertente di quanto comunque non sia.


In sostanza, siamo al terzo rinvio della riunione. Non più il 7, non più il 10, ma il 15 luglio.
Si temono reazioni poco moderate da parte dei convocati.

ore 11.50
Andando nel dettaglio, detto di Grillo, la piazza s’è scaldata per Ovadia e Pardi, per Di Pietro e Camilleri. E per Travaglio e Guzzanti.
Travaglio è personaggio trasparente per capacità e intenti, un suo libro lo abbiamo letto tutti e quando si limita al mestiere di giornalista puntuale e rompicojoni, difficilmente può non piacere, magari dando fastidio. E’ anche per questo che quando ha preso il microfono è stato accolto da un boato.
Ieri però non mi è piaciuto un granché, s’è incartato nell’autocompiacimento di un’impostazione cabarettistica del discorso fatta per assurdi e inutili insulti, senza resistere alla facile tentazione di dirne più a sinistra che a destra, avviando per primo il deragliamento del treno che fino a quel momento procedeva puntuale e tranquillo. E’ anche per questo che durante il suo discorso i boati sono stati sempre di meno.
Dopo Grillo la manifestazione aveva già cambiato definitivamente pelle.
E’ lì che s’è infilata Sabina, verso cui nutro passione e ammirazione forse calanti ma arrivate tanto in alto in passato da essere ancora ben superiori alla media. Fosse stato quello di ieri un suo show, forse avrei apprezzato, ma la situazione era diversa, troppo delicata, una nuova prima volta per tutti e invocare diavoli frocioni non è stata una grande idea.
La piazza, diventata pubblico, ha reagito per inerzia, divertita, esasperata e disillusa, ormai curiosa di sapere chi avrebbe sparato per primo un bestemmione, appesa a parole grevi sussurrate da settimane da tanti, urlate dalla Guzzanti, una volta per tutte, con nomi e cognomi, liberatoria per molti.
Rotti gli argini, si è arrivati ad un punto dove valeva tutto, si sarebbe potuto attaccare su tutto, dai torti arbitrali a favore dell’Inter alla crisi del rap italiano, niente sarebbe stato fuori luogo.
Ma una cosa opportuna, più di tante altre, Sabina Guzzanti l’ha detta: bisogna cercare di sentirsi popolo anche quando non si ha idea di chi sia il leader giusto.
Questa frase, più di tutte, mi è rimasta in testa. Sarebbe un peccato perderla per troppa caciara.

ore 10.40
Se della tua squadra del cuore facessero parte solo giocatori di scarso talento non sarebbe ancora un buon motivo per non guardarne più le partite e soprattutto non sarebbe mai un buon motivo per smettere di sostenerla, magari stimolando chi di dovere a migliorare la situazione, a prendere provvedimenti, a far sì che ogni singolo giocatore, qualunque sia il suo ruolo, dia il massimo per la causa comune, senza, se possibile, mirare all’incrocio dei pali della propria porta.
Se è vero che la parola "tifoso" implica faziosità e una tara genetica impossibile da cambiare, anche il ruolo di "militante" o "elettore", soprattutto di questi tempi, non garantisce approccio sereno e pacato alla discussione, ma per crescere di senso richiede partecipazione e presenza, anima e corpo.
E’ fondamentalmente per questo motivo che tanti elettori di sinistra hanno dimostrato ieri, ammassandosi al caldo davanti a relatori astrusamente assemblati, di voler partecipare, disposti ancora una volta a mangiare il rospo di un totale vuoto di rappresentanza, desiderosi di dare l’esempio a chi dovrebbe darne loro.
Quel popolo che si è ritrovato a votare Calearo, Madia o Rutelli (parlo del PD, ma il discorso vale anche per gli altri partiti di sinistra) ieri si è ritrovato ad ascoltare relatori improvvisati e spesso inopportuni ed egoisti alle prese con un lavoro non loro (sì, ritengo la politica un lavoro, umile e faticoso, da artigiani della fanga, che come tanti altri in Italia non fa quasi più nessuno).
E’ per questo che da ieri sono ancora più incazzato di quanto lo sia stato negli ultimi tempi con Veltroni. Perché la maggior parte di quella piazza gremita sarebbe stata, potenzialmente, anche la sua, ad averne avuto il coraggio, e in tanti avremmo gradito.
Di Pietro l’ha capito, Colombo ci ha provato, altri hanno preferito arricciare il naso per poi puntare il dito e dire così non si fa, noi non siamo fatti così, sempre e comunque senza sporcarsi mai, senza sporcarsi più.
Con mia grande e compiaciuta sorpresa, di gente desiderosa di buttare in caciara la partita ieri ne ho vista pochissima, quella fisiologica in ogni manifestazione ma visibilmente marginale e davvero minoritaria. Quando il microfono è passato al traballante collegamento audio con un Grillo pateticamente proteso alla caciara, gli applausi sono stati pochi, qualche fischio s’è levato, ma l’atteggiamento più diffuso, maturo e rassegnato è stato quello di frustrata indifferenza al cospetto di un’anarchia oratoria oltremodo autolesionistica, ma dati causa e pretesto, inevitabile.
Esultare oggi, come fanno gli assenti di ieri, per il prevedibile protagonismo di Travaglio, Grillo o Guzzanti è cosa triste, miope, e per niente rispettosa di chi, a costo di battagliare oggi per quelle ragioni che hanno portato Veltroni a chiedere ottobrate in piazza e firme "per la democrazia", è tornato dopo molti anni, come me, a farsi popolo, o almeno a provarci.

http://zoro.blog.excite.it/

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