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Muore un’infermiera. Tragedia a Napoli per disagio lavoro

Muore un'infermiera. Tragedia a Napoli per disagio lavoro

Morire a 45 anni per un diritto essenziale.

E’ successo a Napoli. Una donna dipendente dell’ospedale San Paolo di Napoli, per protestare a causa della mancata erogazione dello stipendio da parte della Asl 1, aveva iniziato la protesta togliendosi 150 ml di sangue al giorno. A quanto pare, però, la causa della morte non è direttamente imputabile al prelievo. Secondo l’ematologo Bruno Zuccarelli "non sono stati i prelievi forzati a provocare la tragedia: Una donazione di sangue è di 500 millilitri. A meno che la signora non avesse condizioni cliniche già compromesse", il gesto di togliersi 150 ml al giorno per quattro giorni "non avrebbe dovuto avere conseguenze. Piuttosto, se stava male o se la vicenda è andata oltre i quattro giorni, bisognava bloccarla".

"Purtroppo la protesta della signora è la punta di un iceberg, la spia di quale possa essere il disagio di una famiglia, magari monoreddito, che si trova a dover affrontare scadenze e pagamenti". 

Quello del lavoro, dunque, è un disagio che può portare conseguenze letali se si considera lo stress a cui sono sottoposti i lavoratori in difficoltà, in modo particolare, quelli che il lavoro lo perdono e, magari, hanno pure fatto dei debiti come la signora che, dopo aver comperato casa con il mutuo, e a causa del ritardo nei pagamenti dello stipendio, è stata costretta a chiedere un ulteriore prestito. A questo punto, lo stipendio diventa essenziale.
 
Non voglio fare polemiche sulla morte di una persona che sarebbe fuori luogo, però una domanda sulla situazione sanitaria e sugli interventi del governo, me la devo porre: è vero che in certe regioni e province c’è speculazione, basta vedere la sperequazione dei prezzi, ma è altrettanto vero che i cittadini, di questo, non ne hanno alcuna colpa, allora perché, invece di prendere provvedimenti che penalizzano i cittadini, non si aprono indagini per verificare a causa di chi e come avvengono gli sprechi?

Situazioni come quella della signora esistono anche in altri ambiti lavorativi, ma nel caso specifico, colpisce in modo particolare l’inadeguato supporto statale per far fronte alla crisi in un settore di vitale importanza.

Il comportamento del governo che, proprio in questi giorni, ha bloccato l’erogazione dei fondi alle quattro regioni con i maggiori deficit sanitari dicendo ai governatori delle regioni coinvolte di aumentare le tasse per far fronte alle spese in eccesso, suona come un monito, non tanto ai profittatori quanto ai cittadini stessi; cittadini che, oltre a dover affrontare immensi disagi sull’erogazione del servizio e del lavoro stesso, si trovano a dover pagare per la "furbizia" degli altri.

Un’altra domanda: a cosa serve dare più competenze alle regioni se poi, queste, devono mendicare i finanziamenti?

Avere più competenze da parte degli enti locali e pagare le tasse per sostenere le spese necessarie è, in sé, giusto, deve però esserci un equilibrio tra le tasse statali e quelle regionali e provinciali; l’addizionale irpef non dovrebbe essere in più, ma una ripartizione equa tra stato e enti locali delle tasse esistenti.

A nulla serve il presupposto che lo stato dà in base al reddito che il territorio controllato dagli enti locali produce, questo significherebbe responsabilizzarli in settori che non sono di loro competenza e che, comunque non possono controllare. Se possono controllare il versamento dell’addizionale, non possono certo controllare l’effettivo versamento delle tasse statali che è di competenza del fisco, ne tantomeno intervenire con controlli.

A questo punto, la dipendenza dallo stato per i finanziamenti è totale perché sarà lo stato a decidere chi è il più "bravo" e "onesto", vale a dire che, il federalismo leghista, in realtà, è statalismo nella sua forma più pura.

Per concludere, l’attuale maggioranza e la lega in primis, con la scusa del federalismo e attraverso il patto di stabilità con gli enti locali, sta responsabilizzando gli stessi attraverso le competenze ma, a decidere chi, come e quando sarà sempre lo stato.

Nel federalismo, invece, dovrebbe essere il contrario. Le regioni e province, attraverso le tasse locali, che devono essere tolte da quelle statali - sulla tassa che si paga oggi, una percentuale rimane alle regioni e province; percentuale che verra decisa in base alle necessità; necessità che lo stato ha il dovere di controllare -, e dopo aver deciso, con lo stato le competenze a cui potranno far fronte, opereranno per attuare i programmi di loro competenza, mentre lo stato farà da garante e controllo tra le province, regioni e i cittadini.

Insoma, l’è tut de rifà.

Coragio Italià, che la strada l’è longa e dùra.

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