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Mondiali di calcio: il sorpasso asiatico

Mondiali di calcio: il sorpasso asiatico

Venti anni fa, appresso a Sacchi che dettava legge, il calcio africano era indiscutibilmente il calcio del futuro, la nuova prospettiva fisica per un gioco in crisi, con la forza tedesca al suo apice e i fuochi maradoniani in decadenza. A venti anni di distanza, l’Africa non è diventato il continente calcistico del futuro, nel senso che non ha definito una nuova idea di calcio. Questo per diversi motivi e la causa prima è la colonizzazione tattica europea. La differenza tra il Camerun di Italia ’90 e quello di Sudafrica 2010 non è nella prestanza fisica o nella velocità delle giocate con la palla, ma nell’accortezza tattica che Schafer, Artur Jorge, Arie Haan e per finire Paul Le Guen hanno impostato, trapiantando un modello di calcio totalmente europeo, fatto per calciatori di impostazione calcistica completamente europea. L’illusione era prendere le fisicità nere e dotarle di saggezza tattica. Per tutti i commentatori, ancora oggi, questo è il punto. Facendo così però, il calcio africano ha perso le sue caratteristiche peculiari, spegnendosi in un gioco bloccato che non potrà mai farli vincere.

A differenza del calcio africano invece, un calcio non pronosticato, ma ormai terza forza del panorama mondiale, dopo Europa e Sud America, è quello asiatico, capace di prendere il meglio dalle filosofie calcistiche del Vecchio continente rimanendo però un calcio assolutamente peculiare. Fin dalla Corea 1966, quello dell’Asia è un calcio di movimento continuo, di fasi intercambiabili, di calciatori capaci di fare più ruoli, resistenti, abili nel gioco senza palla più che nel dribbling. Hiddink in Corea e le altre esperienze di allenatori europei in Giappone e Cina (ma stanno arrivando nazioni come il Vietnam e addirittura Kong Kong) hanno portato quello che mancava: articolati movimenti di difesa, capacità di girare la palla in velocità per non farsi soffocare dal pressing altrui, costruzione di attaccanti abili nel servire i compagni ma anche nell’andare alla conclusione vincente. Nella sfida in Africa tra i modelli di calcio emergenti, per adesso non c’è partita. Mediocre il calcio africano, senza squilli, con la sola giovane incoscienza ghanese sugli altari, ottimo quello asiatico, che sa sfruttare i pochi campioni di valore assoluto, creandogli intorno squadre da tourbillon aggressivo al quale partecipa, senza snobismi, il campione stesso.

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