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Migranti e accoglienza | Ventimiglia città aperta: una manifestazione il 14 luglio

e l'Appello del Forum di Bardonecchia per un’Europa spazio di libertà, sicurezza e giustizia per tutti. 

1 – appuntamento a Ventimiglia (e a Genova); 2) “USCIRE DAL VICOLO CIECO”: appello promosso da Asgi, Re.Co.sol Move (per Cambiare l’Ordine delle Cose) e Tous Migrants

VENTIMIGLIA: MANIFESTAZIONE IL 14 LUGLIO … e il 23 giugno assemblea organizzativa a Genova.

 Progetto20k invita tutte le realtà, le associazioni, i collettivi, i gruppi e le singole persone che si occupano delle tematiche legate ai flussi migratori, all’accoglienza, alla solidarietà e chiunque sia interessato, a partecipare al percorso di costruzione della mobilitazione del 14 luglio a Ventimiglia.
Una mobilitazione che si svolgerà su uno dei confini interni più controversi d’Europa, per denunciare la brutalità delle politiche nazionali ed internazionali di governo delle migrazioni. Ma anche per rivendicare la necessità di un permesso di soggiorno europeo, il diritto alla mobilità e per ripensare l’attuale sistema della cosiddetta “accoglienza”. Una mobilitazione contro la tratta e le violenze di genere, contro lo sfruttamento delle persone migranti, per la loro libertà e autodeterminazione.
Come il Mediterraneo è il fossato mortale di un’Europa rinchiusa nella sua fortezza, così Ventimiglia è il simbolo del fallimento di un’Europa senza confini interni. Infatti il confine fra Italia e Francia rientra nell’accordo di Schengen, uno di quei confini che non dovrebbero più esistere per le persone e che invece si stanno moltiplicando e militarizzando, nuovi muri che lasciano passare le merci e fermano i corpi, i desideri, i progetti di vita. 
Riteniamo che il percorso verso il 14 luglio possa rappresentare una preziosa occasione di scambio, dialogo e cooperazione tra coloro che, pur nella diversità di territori, eterogeneità e appartenenze, condividono gli stessi orizzonti di pensiero, l’idea di una società senza confini di classe, genere o nazione.
La manifestazione prende posizione di fronte alle politiche locali, italiane ed europee che quotidianamente si ripercuotono sulle condizioni di vita e sui diritti fondamentali delle persone in viaggio e non solo.
Ventimiglia è stata scelta perché luogo simbolo delle violente e fallimentari politiche migratorie sia italiane che europee, come il decreto Minniti-Orlando o l’accordo di Dublino III.
Pensiamo che il nuovo governo italiano populista, xenofobo e razzista possa ulteriormente aggravare una situazione già estremamente critica per chi rivendica diritti e libertà di movimento.
Ventimiglia è simbolo del fallimento dell’accoglienza istituzionale.
Come succede in molti altri territori, tantissime di queste persone dormono in accampamenti a cielo aperto, dove manca tutto e le condizioni igienico sanitarie sono precarie, pur di non sostare nel campo della Croce Rossa Italiana, situato a 5km dalla città per questioni di decoro, costantemente presidiato dalle forze dell’ordine.
Come in tante altre città, “l’accoglienza” si presenta di fatto come uno strumento di disciplinamento e inferiorizzazione.
I grandi centri di prima accoglienza troppo spesso sono luoghi di segregazione e spersonalizzazione, luoghi orientati all’infantilizzazione delle persone migranti alle quali viene negata la dignità umana e la tutela dei diritti primari.
Tuttavia questo violento sistema di confinamenti e controllo non riesce a frenare e neutralizzare il desiderio di libertà e le rivendicazioni che caratterizzano questi movimenti migratori.
In Europa infatti si sono susseguite a più riprese proteste, contestazioni, azioni collettive auto-organizzate, “contro-condotte” e diffusi comportamenti di carattere resistenziale.
Ventimiglia è il simbolo del razzismo istituzionale che è ormai pratica quotidiana.
Chi ogni giorno tenta di attraversare il confine rischia di incappare in uno dei numerosi controlli di polizia, basati esclusivamente sul colore della pelle. La discrezionalità dei controlli di frontiera raggiunge casi di aperta violazione delle norme e dei trattati internazionali, come il reiterato respingimento di minori non accompagnati dalla Francia all’Italia.
Chi viene respinto al confine o viene trovato privo di documenti in città, può essere trasferito verso l’hotspot di Taranto o di Crotone.
Queste pratiche di identificazione e deportazione, tristemente comuni a molti altri territori, avvengono quasi quotidianamente con l’intento di “alleggerire” la frontiera, una pratica istituzionale rivelatasi oltre che inumana, anche dispendiosa per le casse dello stato e inutile visto che le persone dopo pochi giorni ritornano a Ventimiglia nel tentativo di raggiungere altri paesi europei.
Ventimiglia è il simbolo della violenza su donne e minori.
Le donne e le minori spesso si mettono in viaggio per sottrarsi alla violenza patriarcale nel paese di origine, ma la violenza di genere è una costante in tutto il viaggio delle migranti.
Le donne in transito non hanno accesso alla salute, alla prevenzione delle gravidanze indesiderate e delle malattie sessualmente trasmissibili, non possono richiedere in tempi utili un’interruzione volontaria di gravidanza; le condizioni in cui vengono “accolte” – a Ventimiglia e non solo – sono insicure, non le tutelano dal rischio di diventare “merce di scambio” e di entrare nella rete della tratta che nutre il mercato della prostituzione.
Le violenze sono all’ordine del giorno per tutte le migranti e avvengono sotto gli occhi di tutti, istituzioni e forze dell’ordine comprese, che persistono però nell’attuare unicamente politiche repressive e di controllo.
In tutta Europa si susseguono attacchi ad ogni forma di solidarietà attiva: dalle navi delle ONG trattate come scafisti, agli arresti di chi aiuta i migranti nel loro percorso, alla continua costruzione di muri fisici e legislativi, fino alle migliaia di avvisi orali, fogli di via e denunce ad attivisti e solidali, colpevoli semplicemente di esprimere solidarietà. A Ventimiglia ad esempio per oltre un anno una ordinanza comunale ha vietato di portare da mangiare ai migranti.
In tre anni si sono susseguiti sgomberi forzati dei campi, blocco delle fontane (unica fonte di approvvigionamento per molti), “pulizia” con le ruspe del greto del fiume Roya, chiusura di luoghi protetti di accoglienza per donne e minori come la chiesa delle Gianchette; un insieme di “soluzioni” che, ben lungi dal risolvere la situazione, la peggiorano.
Per tutti questi motivi costruiamo assieme una mobilitazione collettiva. Una giornata di solidarietà per la libertà di movimento, per uscire dall’isolamento mediatico e rivendicare la dignità e l’autonomia delle persone in viaggio, per affermare l’umanità e la legittimità delle pratiche solidali e per rompere finalmente con una narrazione improntata prevalentemente su logiche eurocentriche e populiste.
Non vogliamo una mobilitazione “per i migranti” ma una mobilitazione che sia con e delle persone migranti. Una mobilitazione che sappia includere tutti e dare vita a linguaggi e progetti coinvolgenti.
Ci rivolgiamo anche a quella parte di cittadinanza ventimigliese che vuole sentirsi soggetto attivo del proprio territorio.
Vogliamo una mobilitazione trasversale che, con la forza della sua determinazione e partecipazione, sappia dare forza e visibilità alle rivendicazioni delle persone migranti e ai diversi percorsi di solidarietà che si stanno sviluppando in tutta Europa (dalla Spagna alla Grecia passando per Calais) contro la barbarie rappresentata dai confini e dalle politiche migratorie.
– 23 giugno ore 11 assemblea internazionale organizzativa presso Lsoa Buridda, Genova
– 14 luglio dalle 14 corteo internazionale a Ventimiglia
Per info e adesioni: [email protected]
#permessodisoggiornoeuropeo
#ventimigliacittàaperta


#dirittisenzaconfini
#liberedimuoversiedirestare
#14L

 

Il 16 e 17 Giugno si è svolto a Bardonecchia un incontro promosso da Asgi. Re.Co.sol Move (per Cambiare l’Ordine delle Cose) Tous Migrants su: “Forum Internazionale sulla riforma del sistema asilo in Europa Accoglienza, solidarietà e libera circolazione delle persone”. 

L’incontro molto partecipato, con realtà presenti da tutta Italia e dalla vicina Francia, ha lanciato il seguente Appello

USCIRE DAL VICOLO CIECO

 Appello del Forum di Bardonecchia per un’Europa spazio di libertà, sicurezza e giustizia per tutti

Constatato che a quasi 70 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritto dell’Uomo (10 dicembre 1948)i diritti sanciti da quella Dichiarazione sono violati in misura crescente e che in particolare nell’ultimo decennio si è assistito a un aumento costante di vittime di persecuzioni e di conflitti armati interni, nonché di conflitti internazionali le cui concause spesso conducono alle politiche miopi attuate per molti decenni, e anche recentemente, dagli stati europei.

Constatato altresì che l’arrivo in Europa dal 2015 di un maggior numero di rifugiati rispetto al passato (e comunque in dimensioni assolutamente sostenibili, ben lontane dall’allarmismo politico e mediatico) pur essendo un fatto inevitabile e prevedibile è stata gestito con grande incapacità mettendo in luce una profonda crisi dei valori etici e giuridici su cui si dovrebbe fondare l’Unione Europea. 

Valutato che l’aumento dei rifugiati in Europa ha indotto la quasi totalità degli Stati dell’Unione a restringere le procedure di ingresso e soggiorno per lavoro dei cittadini stranieri inasprendo un quadro generale già caratterizzato in precedenza da una sostanziale chiusura dei canali regolari di ingresso per motivi diversi dalla protezione e che detta scelta errata ha prodotto una profonda distorsione delle procedure di asilo in tutti i Paesi europei.

Ritenuto inderogabile ed urgente che l’Europa esca dall’attuale vicolo cieco recuperando i valori di equità, libertà e giustizia sui quali è nata.

Il Forum Internazionale tenutosi a Bardonecchia il 17 giugno 2018 lancia un appello ai governi della UE, alla Commissione Europea, al Parlamento Europeo e al Consiglio Europeo, affinché, nell’ambito delle rispettive competenze, ogni istituzione operi per attuare quanto si propone di seguito

1.

L’Europa ritrovi la propria identità di continente fondato sul rispetto dei diritti umani fondamentali e sul riconoscimento del diritto di asilo a coloro che giungono in Europa in fuga da guerre e persecuzioni e si ponga fine alla indegna criminalizzazione delle organizzazioni umanitarie che, spesso supplendo alle gravi carenze degli Stati, prestano soccorso e assistenza ai migranti nel mare Mediterraneo, alle frontiere esterne e a quelle interne.

2.

Venga attuato al più presto un nuovo vasto programma europeo di ricerca e soccorso nel mare Mediterraneo che si svolga con modalità tali da assicurare un efficace coordinamento dei soccorsi tra i diversi paesi dell’Unione e che assicuri l’individuazione di un porto sicuro nel minor tempo possibile.

3.

Vengano annullati gli accordi e i partenariati con Stati (o loro presunti rappresentanti) che non garantiscano il rispetto dei diritti umani e non siano firmatari della principali convenzioni internazionali in materia e, comunque non venga sostenuto, anche sul piano finanziario, l’utilizzo di forze marittime o militari armate per limitare o impedire il diritto di migranti e richiedenti asilo di lasciare i Paesi di transito e dirigersi verso il territorio dell’Unione per chiedervi protezione

4.

Al fine di avvicinare la protezione a chi ne ha più bisogno e contrastare realmente il traffico criminale dei migranti, venga avviato al più presto un adeguato Piano Europeo di reinsediamento, con quote vincolanti per ogni Paese dell’Unione, di persone in chiaro bisogno di protezione che si trovino in paesi terzi sottoposti ad arrivi e presenze massicce e che non possono fornire ai rifugiati e ai displaced persons adeguati standard di protezione materiale e giuridica 

5.

Venga abbandonata definitivamente l’idea di potere definire un Paese terzo come “sicuro” a meno che tale Paese preveda nella sua legislazione e nella prassi concreta lo status di rifugiato secondo quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e dal Protocollo del 1967, nonché preveda e garantisca l’applicazione effettiva di altre forme giuridiche di protezione che escludano la possibilità che un migrante sia rimpatriato o inviato in un altro Paese nel quale potrebbe essere esposto a persecuzioni, torture o trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti. 

In tal senso inaccettabile risulta la politica attuale dell’Italia e della Unione Europea verso la Libia, paese nel quale sono bloccate decine di migliaia di persone totalmente prive di ogni protezione giuridica e materiale e sono esposte a torture e a ogni altra forma di violenza.

6.

Cessino immediatamente i respingimenti illegittimi di minori stranieri non accompagnati tra i diversi Paesi europei e in particolare quelli verso l’Italia effettuati dalle autorità francesi svizzere in violazione della normativa internazionale, comunitaria e francese e siano resi più celeri i ricongiungimenti familiari ai sensi del Regolamento Dublino affinché i minori non accompagnati e gli altri richiedenti asilo titolari di tale diritto possano ricongiungersi regolarmente ai loro familiari e non siano costretti ad attraversare irregolarmente le frontiere interne all’UE.

7.

Già a partire dalla riunione del Consiglio Europeo del 28 giugno 2018 i Governi italiano e francese, nonché tutti gli altri Stati dell’Unione si impegnino a sostenere il testo di riforma del Regolamento Dublino III votato dal Parlamento Europeo nel novembre 2017, migliorando quanto più possibile le disposizioni che in quel testo riguardano la condizione dei minori stranieri non accompagnati, e si impegnino a condurre ad esito positivo il processo di riforma in modo di dotare l’Europa entro il 2018 di un nuovo Regolamento che superi definitamente il criterio che attribuisce l’esame della domanda di protezione al primo paese nel quale il richiedente fa ingresso irregolare introducendo un bilanciamento tra il criterio di una distribuzione vincolante dei richiedenti asilo tra tutti i paesi europei basata su parametri oggettivi e il criterio della valorizzazione dei legami significativi del richiedente con un determinato Paese.

8.

Si giunga quanto prima a una modifica dell’attuale normativa dell’Unione che conduca al “mutuo

riconoscimento degli status di protezione internazionale” prevedendo quindi per i beneficiari di protezione non solo di potere liberamente circolare in Europa, ma, in presenza di condizioni adeguate e verificabili, di potere soggiornare per studio o per lavoro in un Paese diverso da quello che ha riconosciuto la protezione.

9.

Si armonizzino maggiormente i sistemi di accoglienza dei richiedenti asilo nei diversi Stati dell’Unione, oggi troppo diversi tra loro, nella direzione indicata dai modelli di accoglienza “diffusa”

ed “integrata” nei territori con una gestione affidata alle comunità locali, realizzando in tal modo condizioni di libertà e dignità per i richiedenti asilo e accelerando i processi di integrazione socioculturale.

10.

Nella consapevolezza che è inderogabile aprire canali regolari di accesso per motivi diversi dalla protezione in modo da evitare, come oggi accade, che la domanda di asilo sia sostanzialmente l’unico canale di accesso all’Europa, con tutte le gravi distorsioni che ciò comporta, va attivato con priorità un processo di riforma del diritto dell’Unione che introduca una regolamentazione comune degli ingressi regolari di migranti provenienti da Stati terzi per motivi di lavoro, di ricerca di lavoro, di studio e formazione.

 

Foto: progetto20k

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