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Migranti a Ventimiglia | Dar da mangiare agli affamati

“Vietato dare da mangiare ai migranti”: era l’estate del 2016 quando Ventimiglia era diventata la Calais d’Italia e Enrico Iuculano, giovane sindaco Pd al confine tra Italia e Francia aveva firmato un’ordinanza con cui si vietava la somministrazione di cibo e bevande su area pubblica da parte dei soggetti non autorizzati. Nel documento si leggeva pure che chiunque avesse voluto distribuire generi alimentari ai profughi, avrebbe potuto farlo soltanto rivolgendosi alla Croce Rossa, che gestisce il centro di accoglienza del Parco Roja oppure alla Caritas. Lo scorso 20 marzo scorso per la prima volta la polizia italiana ha contestato il divieto a tre volontari che, arrivati dalla Francia, stavano distribuendo panini e tè caldo ad alcuni degli stranieri che ancora stazionavano nella cittadina ligure in attesa di oltrepassare in qualche modo la linea di confine con la Francia. I tre attivisti sono stati quindi denunciati per aver contravvenuto all’ordinanza del sindaco in quanto avevano «somministrato senza autorizzazione cibo ai migranti».

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Migranti a Ventimiglia
Migranti che attendono di oltrepassare il confine con la Francia

La notizia è stata resa nota solo ieri da Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione per i diritti umani Antigone e della Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili. «Dopo pochi minuti la polizia li avrebbe interrotti e condotti in caserma per identificarli, schedarli e denunciarli. Almeno uno di loro non avrebbe firmato la denuncia poiché nessuno era in grado di tradurre il documento e i contenuti dello stesso in francese». In genere si rivolgono a questi volontari i migranti che cercano di non passare per i centri della Caritas o della Croce Rossa per non essere costretti a fornire generalità e a registrarsi.

Nell'ordinanza viene specificato che "è presente presso il Parco Roja un centro temporaneo di assistenza delle persone migranti" e che "la Croce Rossa offre, tra gli altri servizi, quello di manipolazione e somministrazione cibi nel rispetto della vigente normativa igienico sanitaria". Si specifica che "in diverse occasioni è stata segnalata la presenza di persone non autorizzate che provvedono alla distribuzione di cibi preparati privatamente. Tali comportamenti determinano il reale rischio di tossinfezione alimentare delle persone migranti, sopratutto in considerazione delle problematiche determinate dalle temperature medie della stagione estiva”. 

Peccato che a marzo 2017 la “stagione estiva” era chiusa da un pezzo, molto lontana nel tempo.
Infatti l’avvocato Alessandra Ballerini, che a Ventimiglia collabora con Caritas e Terres des Hommes fa notare che “l’ordinanza è inattuale perché fa riferimento a ragioni igienico-sanitarie correlate alle ‘temperature medie della stagione estiva’ e si basa inoltre su una situazione diversa, ovvero quella di agosto, quando a Ventimiglia il centro predisposto dalla Prefettura e gestito dalla Croce Rossa Italiana era aperto a tutti, mentre oggi l’accesso è vincolato alla disponibilità, da parte dei migranti, di lasciarsi identificare e avviare la richiesta di asilo. L’articolo 2 della Costituzione italiana impone il dovere della solidarietà, non capisco come si possa legittimamente vietare di dare cibo e acqua a chi si trova in condizioni di bisogno".

Il numero dei migranti che dormono in strada è aumentato nelle ultime settimane da quando, al Centro gestito dalla Croce Rossa al Parco Roja, è presente un posto di polizia che identifica i migranti attraverso le impronte digitali e quindi li avvia al ricollocamento in altri centri in Italia. Quindi i migranti si tengono lontani dal campo governativo e per mangiare si rivolge solamente presso la Caritas e il campo totalmente autofinanziato “Ventimiglia Con-Fine Solidale” presso la Chiesa di Sant’Antonio. Ma non è possibile sfamare tutti, quindi il servizio svolto ogni sera dai cittadini francesi, che distribuiscono un centinaio di pasti in strada, si rivela essenziale.
Quando fu deliberata la fatidica ordinanza il Vescovo di Ventimiglia Antonio Suetta, dichiarò: "L'accanimento su chi aiuta è una forma moderna di martirio, ma non bisogna aver paura e bisogna andare avanti: la storia dell'umanità è fatta di persone che, pagando sulla propria pelle, hanno sfidato delle leggi ingiuste, e se quelle persone non avessero fatto questi passi coraggiosi noi oggi non potremmo godere di certe libertà che hanno reso migliore la nostra società."

Papa Francesco nell’udienza generale del 19 ottobre 2016 aveva ricordato ai cattolici presenti che tra le “opere di misericordia” si trova il richiamo alla fame e alla sete: “dare da mangiare agli affamati – ce ne sono tanti oggi - e da bere agli assetati.”
“Quando, andando per la strada, incrociamo una persona in necessità, oppure un povero viene a bussare alla porta di casa nostra, qual è la nostra reazione? Giriamo lo sguardo e passiamo oltre? Oppure ci fermiamo a parlare e ci interessiamo del suo stato? Vediamo se possiamo accogliere in qualche modo quella persona o cerchiamo di liberarcene al più presto? Ma forse essa chiede solo il necessario: qualcosa da mangiare e da bere. Pensiamo un momento: quante volte recitiamo il “Padre nostro”, eppure non facciamo veramente attenzione a quelle parole: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”?
Anche Papa Benedetto XVI, nell’Enciclica Caritas in veritate, affermò: “Dar da mangiare agli affamati è un imperativo etico per la Chiesa universale.“

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