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Messina approdo delle unità da guerra USA e NATO. L’ultima arriva dal Sudan dei colpi di stato militari

Da qualche tempo è sempre più frequente che nel molo centrale del porto di Messina, proprio di fronte il Municipio e piazza Duomo, attracchino unità da guerra della Marina degli Stati Uniti d’America e di altri paesi NATO. 

Soste più che indigeste e minacciose, non solo per il carico di sistemi di distruzione e morte che hanno a bordo, ma anche perché le attività di bunkeraggio di carburante vengono effettuate in una delle aree più densamente popolate della città, luogo preferenziale della movida notturna di migliaia di giovani.

Lo scorso mese di giugno approdò a Messina la “RFA Port Victoria”, grande nave appoggio e rifornimento di armi, munizioni e carburante del Carrier Stike Group, il gruppo navale del Regno Unito guidato dalla portaerei “GMS Queen Elisabeth”. Con una capacità di carico sino a 3.400 metri cubi di volume per i sistemi d’arma e 12.500 metri cubi per il gasolio, la “RFA Port Victoria” era reduce di un grave incidente avvenuto il 10 maggio 2021 mentre era in rada a Portland (Inghilterra). Un incendio scoppiò a bordo ma fortunatamente fu domato prima che le fiamme raggiungessero i depositi-bunker dell’unità. Quattro marinai furono però ricoverati in ospedale a seguito delle inalazioni dei gas tossici emessi nell’incendio.

Due settimane fa è giunto a Messina l’“USNS Carson City”, grande catamarano della Marina militare degli Stati Uniti della classe Spearhead, in grado di raggiungere in mare una velocità di 45 nodi (83 Km/h). L’unità con un equipaggio di 35 uomini (tra personale dell’US Navy Sailors e civili) e un ponte di volo per elicotteri, è stata realizzata nei cantieri navali “Austral” a Mobile, Alabama ed è in servizio dal gennaio 2016 con il Military Sealift Command, il comando delle forze navali USA che sovrintende alle operazioni di trasporto e rifornimento delle navi da guerra e delle agenzie statali statunitensi che operano in ogni scenario internazionale.

A bordo della “Carson City” ci può essere di tutto: attrezzature e mezzi pesanti e – immaginiamo – armi ed esplosivi. Insomma una potenziale santabarbara a pochi metri dal cuore di una città che già paga prezzi enormi in termini di militarizzazione e presenze di basi, caserme e depositi, prima fra tutte la zona falcata con un Comando servizi della Marina italiana e le sue unità da guerra ormeggiate e il vicino Arsenale militare marittimo.

Opportuno fornire un curriculum vitae dell’unità USA ormai di casa nella città dello Stretto. Dopo il varo, la “Carson City” fu inviata ad operare nel Mar Baltico dove in occasione della grande esercitazione aeronavale USA-NATO “Baltops 2018” fece pure da nave comando-comunicazione dei veicoli a controllo remoto Remus 100 e 60, veri e propri droni subacquei che possono raggiungere profondità sino a 100 metri.

Nel luglio e nell’agosto 2019, l’“USNS Carson City” fu inviata dal Comando generale di US Navy nel Golfo di Guinea, area operativa inusuale per questa tipologia di unità da trasporto veloce. Nel Golfo essa prese parte ad alcune esercitazioni navali con le Marine militari di Senegal, Costa d’Avorio, Ghana, Nigeria e Capo Verde. Ma la “notorietà” della nave tra i vertici militari e le diplomazie internazionali è dovuta però alla sua sosta il 24 febbraio 2021 a Port Sudan (Sudan) dopo alcune operazioni nel Mar Rosso sotto il comando della Sesta Flotta di stanza a Napoli.

“Si tratta della prima visita di un’imbarcazione di U.S. Navy in Sudan dalla creazione dell’U.S. Africa Command, il Comando degli Stati Uniti per gli interventi nel continente africano e ciò mette in risalto l’impegno USA per costruire una partnership con le forze armate sudanesi”, fu il commento del capitano Frank Okata, comandante del Military Sealift Command Europe and Africa. “Noi siamo onorati di lavorare con i partner del Sudan nel rafforzamento della sicurezza marittima”.

“Questa vista dell’unità a Port Sudan è una dimostrazione del nostro impegno al rafforzamento delle relazioni tra gli Stati Uniti d’America e il Sudan per un futuro democratico così come lo desidera il popolo sudanese”, fu invece il commento dell’ambasciatore USA a Khartoum, Brian Shukan. “Questa visita a sua volta promuove la pace, la sicurezza e preserva la libertà dei mari”.

Prima della “Carson City”, dal 25 al 27 gennaio il paese africano aveva ospitato il vicecomandante di US Africom per gli affari civili-militari, Andrew Young, e il direttore dell’Intelligence navale, ammiraglio Heidi Berg. “Siamo in un momento fondamentale di cambiamento nelle relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Sudan, reso possibile dagli sforzi del governo di transizione – guidato da civili – per tracciare un nuovo corso rispetto al precedente regime”, dichiarò allora il vice-comandante Young. “Questo cambiamento ha permesso alla partnership tra l’esercito sudanese e l’U.S. Africa Command di svilupparsi ed espandersi”. Nel dicembre 2020 il Dipartimento di Stato aveva rimosso il Sudan dalla lista dei paesi “sponsor” del terrorismo internazionale, assicurando rilevanti pacchetti di aiuti finanziari e militari al governo.

Con il senno del poi non si può certo dire che la sosta “storica” a Port Sudan della “USNS Carson City” abbia portato fortuna, pace, democrazia e stabilità al popolo sudanese. Il 25 ottobre i vertici dell’esercito, quelli tanto elogiati dal Comando militare e dai diplomatici USA, hanno compiuto l’ennesimo colpo di stato, arrestando (e poi liberando) il premier di transizione democratica Abdallah Hamdok, Il Sudan è precipitato nel caos politico ed economico e non c’è giorno in cui le forze armate e di polizia reprimano le manifestazioni di protesta. Ancora una volta la diplomazia navale di Washington in terre africane produce conflitti, golpe, scontri armati, dittature e violazioni dei diritti umani.

Ospitare – con sempre più assiduità - le navi da guerra portabandiera del disordine globale non fa certo onore alla città a alla comunità di Messina.

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