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 Home page > Attualità > Cultura > ’Memorie di un venditore di libri’ di Antonio Franchini

’Memorie di un venditore di libri’ di Antonio Franchini

Undici anni fa, nel 2000, venne pubblicato da Einaudi il libro ‘Disertori (Sud: racconti dalla frontiera' che conteneva il racconto ‘Su alcuni aspetti del mercato del libro nel Mezzogiorno d’Italia’ di Antonio Franchini (napoletano del ’58, attualmente a Milano dove vive e lavora, editor e scrittore, per molti anni punto di riferimento per la narrativa Mondadori).
 
Nel maggio 2011, Marsilio ripubblica una nuova versione del racconto intitolandolo ‘Memorie di un venditore di libri’ (pag.77, euro 9).
 
«Sentite a me, che io so’ zoccola vecchia! Trent’anni di marciapiede! Sentite a me: ‘e libri nun se vendono! Ma nun è che nun se vendono mo’. ‘E libri nun se so’ venduti maie! Voi dovreste venire appresso a me quando vado a visitare i clienti. Voi dovevate stare cu’ me a Vairano Scalo, ‘o sissantasei , nel Millenovecentosessantasei, quando l’Editore volle riorganizzare l’area e ci passarono una lista di depositi che si dovevano chiudere. Uno era la libreria… nun me ricordo. ‘o nomme […]»
Pag.18
 
Un racconto, certo, pieno di scrittori, Editori, librerie, rivenditori, carta igienica, mollette per stendere i panni, “lacci pe’ scarpe”, “molle pe’ mutande”, poeti, strategie, e naturalmente quantitativi variabili che vanno e vengono di libri.
 
Franchini s’abbandona alla narrazione ironica, nella finzione divertenti scenari e personaggi si muovono con sicurezza, marionette spinte qui e là a dirne di editoria e di luoghi del Sud sebbene la sostanza resta comunque la stessa: i libri non si sono mai venduti, le strategie tengono a galla taluni, affondano molti altri.
 
Nel breve epilogo aggiunto in coda al racconto, Franchini riporta l’attenzione verso una figura poco nota, spesso confusa con altre professioni, alla base della catena editoriale ovvero il venditore di libri, “colui che i libri li vende al libraio”.
 
Un piccolo libro che si legge con fluidità, il dialetto nei discorsi diretti è più che comprensibile (e detto da 'una del Nord', ha il suo perché), la scrittura di Franchini non pretende nient’altro che mettersi al servizio di questa breve storia agrodolce, dal sorriso con la fronte corrugata.
 
Delle esperienze editoriali dell’autore (e non mi riferisco alle sue pubblicazioni bensì al lavoro 'dentro' l'editoria), qui si recuperano scorze di limoni e arance, porosità scivolose, aromi acidi. Una finzione che propone una sbirciatina dietro le quinte della Grande Macchina Editoriale italiana tra incontri, eventi, certezze labili, protagonismi e dinamiche di vendita qui spennellate con ritmo divertente, un invito – forse – a non prendere troppo sul serio ciò che sta tra le pagine, ciò che si scrive, ciò che si vende tra copertine e caratteri stampati. Un suggerimento appena sussurrato a non credere in ciò che non è (finzione compresa o esclusa, decide il lettore).
 
La sacralità interpretata in maniera sacrale è insopportabile, la nobiltà del libro, se esiste, non può essere celebrata attraverso l’encomio del sapere.
(pag.75)
 
 
Link
La scheda del libro dal sito dell'editore.

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