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Mediaset e populismo

L'avevamo capito in molti, ma ora che una ricerca scientifica viene a confermarlo, lo si può dire senza timore di passare per radical-chic o prevenuti: le reti Mediaset sono state decisive per determinare il successo politico del loro proprietario.

Secondo quando emerso dalla ricerca in questione, gli spettatori di quei programmi che, con troppo elegante eufemismo, vengono chiamati di infotainment, sono sostenitori dei partiti populisti, a cominciare da Forza Italia e Lega Nord fino ad arrivare al M5S. Non so se lo studio si fermi al 2013, ma mi pare che tra i beneficiari dell'infotainment di Mediaset si possa legittimamente aggiungere anche il partito renziano, che del populismo ha adottato modello comunicativo e contenuti, e il cui leader abbiamo visto zampettare con disinvoltura da De Filippi a D'Urso. Non sarà forse un caso se nell'affaire Vivendi il governo ha definito Mediaset "azienda strategica".

A ben vedere, la vittoria di Berlusconi andrebbe retrodatata. Berlusconi non ha vinto nel 1994, ma quando i suoi canali hanno cominciato a inondare di pattume il cervello della gente. Nel 1994 si è limitato a passare all'incasso, raccogliendo i frutti di quanto aveva seminato negli anni precedenti.

Forse domani altre ricerche dimostreranno come la comunicazione urlata, l'edonismo per poveracci, gli stereotipi sessisti e l'umorismo da quattro soldi diffusi dalle reti Mediaset abbiano contribuito al dilagare dell'analfabetismo funzionale. Ma anche senza ulteriori studi si può tranquillamente individuare chi ha maggiormente ridotto in macere il già fragile senso etico del paese.

 

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Alcuni utili insegnamenti dell'affaire Mediaset-Vivendi

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