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Mavi Marmara, processo rimandato a febbraio

La Settima Corte Criminale di Istanbul dopo tre giorni d’udienze ha rinviato al prossimo 21 febbraio il processo contro i quattro generali israeliani (Ashkenazi, Marom, Yadlin, Levi) responsabili dell’attacco armato avvenuto in acque internazionali nel maggio 2010 contro la nave turca Mavi Marmara che si dirigeva verso la Striscia di Gaza.

I quattro potranno essere condannati all’ergastolo come mandanti di: omicidio volontario (di nove attivisti turchi uccisi durante il blitz), tortura e trattamento inumano degli altri passeggeri, gravi e intenzionali ferite e sofferenze degli stessi, loro sequestro e arresto illegali. Gli alti ufficiali dell’Israel Defense Forces, che non erano presenti al processo e che secondo la versione di Moshe Kamhi della Consulta Generale di Israele a Istanbul “non hanno ricevuto alcuna comunicazione sui capi d’imputazione”, qualora venissero condannati rischierebbero l’estradizione.

Infatti Turchia e Israele hanno sottoscritto entrambi la ‘Convenzione Europea di Estradizione’ e sono tenuti a rispettarla. In base all’accordo la Corte Criminale ha la facoltà di richiedere alla Sezione Internazionale dell’Interpol di estradare i condannati e finanche i sospetti di crimini.

Durante le prime udienze i giudici hanno raccolto dichiarazioni scritte e ascoltato le parti lese: i familiari delle vittime e gli attivisti feriti, anche gravemente, nella notte dell’assalto. Fra costoro Uğur Suleyman Söylemez in coma da due anni e mezzo per le lesioni ricevute, il cui stato di salute è monitorato dall’Ospedale di Ricerca e Rieducazione di Ankara. I numerosi feriti hanno mostrato alla Corte un video e alcune foto scampati al sequestro e alla distruzione effettuata dai soldati dopo l’abbordaggio. Gran parte della strumentazione elettronica appartenente ai singoli passeggeri e l’attrezzatura radio e satellitare dell’imbarcazione furono rese inservibili.

Il processo è stato finora seguìto da un nutrito numero di giornalisti, attivisti dei diritti umani, avvocati e politici. Fra questi l’europarlamentare Nicole Kill-Nielsen, il deputato algerino Mohammed Douibi, il diplomatico egiziano Abdallah Alashaal più rappresentanti di varie strutture di sostegno alla causa palestinese. Mentre militanti internazionalisti stazionavano fuori del complesso giudiziario sensibilizzando passanti e curiosi. Con questo dibattimento sono tornati all’attenzione dell’opinione pubblica l’isolamento e l’emergenza in cui per volontà d’Israele vive il milione e mezzo di palestinesi di Gaza. Un delitto verso quel popolo e un’offesa all’intera Comunità Internazionale.

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