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Masabumi Kikuchi trio, ‘Sunrise’ (ECM Records)

Masabumi Kikuchi, piano; Thomas Morgan, contrabbasso; Paul Motian, batteria

 

Un disco delizioso, tenero, malinconico, pieno di vitalità. Eppure, nell’ascoltarlo, non c’è modo di togliersi di dosso un velo di tristezza, pensando che non si potrà più ascoltare il fraseggio melodico, ritmico, ineguagliabilmente fantasioso ed inventivo di Paul Motian, il quale, a due anni dalla registrazione se ne sarebbe andato all’improvviso – aveva suonato dal vivo fino a due mesi prima – lasciando artisti come Kikuchi, dolorosamente sbigottiti. È dunque un disco postumo ‘Sunrise’, “il sorgere del sole”, del 73enne pianista giapponese, che già aveva suonato con Motian fin dal 1990. Dapprima in un trio ‘Tethered Moon’, completato da Gary Peacock – 5 dischi, a partire da quello di esordio ‘First Meeting’. Poi nel ‘Paul Motian trio 2000 + Two’ con Chris Potter, Greg Osby e Mat Manieri, un organico che licenziò due dischi dal vivo nel 2007 e 2008, fino a quest’ultimo trio formatosi nel 2009 e che avrebbe potuto indubbiamente continuare a scrivere pagine significative nel segno dell’improvvisazione.

‘Sunrise’ è il terzo album registrato (in settembre) da Motian per l’etichetta tedesca nel 2009, uscito quest’anno, preceduto da ‘Lost in a dream’ del Paul Motian trio, registrato in febbraio dal vivo al Village Vanguard, uscito nel 2010 e ‘Live at Birdland’, con Lee Konitz, Charlie Haden e Brad Mehldau, registrato in dicembre e uscito nel 2011. Un anno fecondo, dunque, il 2009, per un musicista che a 78 anni (era nato il 25 marzo del 1931) continuava a suonare con un timbro cristallino e caldo, in maniera raffinata, lucida e stimolante, che lo caratterizza sin dal momento della sua apparizione, breve purtroppo (dal 1959 al 1961), nel, forse, più bel trio ‘piano-basso-batteria’ della storia del Jazz: quello con Bill Evans (piano) e Scott LaFaro (contrabbasso), scomparso in un incidente d’auto il 6 luglio 1951.

Anche se è suddiviso in 10 tracce, ‘Sunrise’, di fatto, è una lunga suite che si sviluppa secondo nuove possibilità improvvisative per un ensemble, come afferma il pianista nelle note di presentazione. Il disco è registrato magnificamente, una consuetudine che ha reso celebre per la qualità del suono l’etichetta bavarese. Fin dal primo frammento, ‘Ballad I‘, avvertiamo nel fraseggio del trio la grande importanza data al silenzio, evitando cascate di note che possano appesantire. Si crea in tal modo un’attesa, un’aspettativa per un qualcosa che si realizza nella maniera più appropriata. Kikuchi inizia a sondare il terreno con piccoli tocchi, Morgan lo asseconda con estrema attenzione, Motian interviene come per commentare e lo fa sapientemente, sia con le spazzole, sia con le bacchette, dando molta importanza ai piatti sospesi (proprio una traccia è stata intitolata ‘Sticks and Cymbals’, “bacchette e piatti”). Il tocco e il modo di percuotere lo rendono immediatamente riconoscibile al primo ascolto, come soltanto avviene quando a suonare è un maestro dello strumento.

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