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Manovra. Naufragio salvo intese

Manovra. Naufragio salvo intese

Oggi i quotidiani traboccano di resoconti sulla frustrazione e l’irritazione del premier nei confronti del ministro dell’Economia, reo di aver abdicato ai propri principi ed aver ceduto a suggestioni vischiane. Berlusconi rimprovera a Tremonti anche di attuare surrettiziamente un aumento della pressione fiscale, e di colpire nel Mezzogiorno l’elettorato del Pdl, mentre quello leghista uscirebbe pressoché indenne dalla manovra. Non sappiamo se le cose stanno effettivamente in questi termini, ma il dato politico di fondo è che ci troviamo di fronte ad un premier ormai commissariato dal proprio ministro dell’Economia, e sempre più dissociato dalla realtà.

La manovra è stata di fatto annunciata con la formula magica “salvo intese”, il che è un preannuncio di furibondi negoziati tra le varie anime del governo, ed un rischio di sostanziale annacquamento, che ai mercati piacerà molto, come si può immaginare. Nei fatti, rischia di essere la ripetizione della famosa “manovra da nove minuti” dello scorso anno, che poi impiegò mesi per giungere in porto. Sul piano quantitativo, la correzione è tutto fuorché epocale: meno dell’1 per cento di Pil per ognuno dei due anni di applicazione. Se qualcuno pensa che possa anche essere risolutiva, auguri. Sul piano qualitativo si tratta di misure di blocco o rinvio di spesa pubblica (come le retribuzioni dei pubblici dipendenti), e scarico sugli enti locali di oneri finanziari.

Riguardo le entrate, si conferma il rovesciamento dell’onere della prova, ed un concreto rischio di persecuzione fiscale, peraltro non necessariamente a carico dei Briatore ma anche e soprattutto dei Mario Rossi. Forse è questo che infastidisce di più il premier. Il quale tuttavia non dovrebbe parlare, visto che ha fatto trascorrere due anni (in realtà sono nove, ma non sottilizziamo) nella più completa assenza di riforme di struttura, contando sul proprio presunto carisma, sulla propaganda di Sacconi e sui tagli lineari di Tremonti, il tutto infarcito di promesse carsiche sul taglio delle imposte, che sono servite solo a inchiostrare paginate di editoriali in cui si condanna senza appello…l’opposizione.

Date le premesse, è difficile immaginare come la Lega possa ottenere il federalismo fiscale, visto che ad ognuna di queste manovre corrisponde un aumento del tasso di “derivazione” della finanza pubblica locale, ma di certo Bossi troverà la sua amata quadra, magari andando sul Monviso e minacciando la secessione, oppure dopo la promessa di introdurre corsi di laurea in dialettologia alla Cà Foscari, con contributo rigorosamente statale del MIUR. Ora è iniziata la corsa a mettere al riparo i propri giocattoli preferiti, e Gianni Letta parte in pole position con la sua amata Protezione civile, quella che arriva di notte a salvare orfani e vedove, a trattativa privata. Anche il taglio dei costi della politica, nella fattispecie i rimborsi elettorali, sembra essere stato fortemente depotenziato. Continueremo ad avere la classe politica più costosa del mondo occidentale, e forse non solo di quello, ed i numeri parlano molto chiaro.

Sono mesi che lo ripetiamo: un governo che si basi esclusivamente su tagli lineari e e non sia in grado di “fare politica“, con riforme strutturali e profonde, in grado di cambiare il volto del paese, è un governo fallito. Comprendiamo la “ragioni di stato” dei ministri, che spingono a dire che “è stata tagliata la spesa pubblica improduttiva”, ma i mercati sono meno stupidi di come vengono comunemente dipinti dai politici di ogni latitudine. Resta che la manovra eserciterà un effetto ovviamente depressivo sulla domanda aggregata, non ci vuole un Ph.D. per capirlo. Se il denominatore, cioè il Pil, non viene fatto crescere, alla fine tutti i quozienti di finanza pubblica ti arrivano sui denti.

Ma il premier mostra beata svagatezza di tutto ciò. A lui basta presentarsi in pubblico e dire che ha il tasso di consenso più alto del mondo occidentale, in questo ormai stucchevolmente infantile (o meglio, senile) tormentone. Fatte le debite proporzioni (perché questo comportamento è nocivo solo all’Italia), l’unica immagine che ci viene in mente al momento per descrivere un simile comportamento è questa:

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