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MES, come smuovere il mulo italiano

Il nostro paese continua a non voler ratificare la riforma del fondo salva-stati e rilanciare improbabili negoziati. Ma che accadrebbe se gli organismi europei decidessero di abbandonare le blandizie?

 

Prosegue lo psicodramma dei “ragazzi difficili d’Europa”, al secolo Italia. Il cui esecutivo non ritiene di mettere al voto del parlamento la ratifica della revisione del MES, il cosiddetto fondo salva-stati (e, nella riforma, anche salva-banche pur se non “gratuitamente”), per motivi che continuano a sfuggire a me e al senso comune.

E prosegue anche il tentativo degli organismi europei di spingere dolcemente gli italiani alla ratifica, con concetti del tipo “ratificare non equivale a richiedere”, e altre blandizie che presto arriveranno alla carezza sulla testa dei ministri italiani pro tempore.

CONDIZIONI IMMAGINARIE

Ma il nostro orgoglioso paese è tetragono: no, no e no. A supporto, vengono citate tesi pittoresche come il fatto che i tedeschi non aspettano che la nostra ratifica per ingozzarsi di prestiti a tasso superiore a quello del loro debito pubblico e salvare la loro maggiore banca dai misteriosi derivati che la stanno corrodendo dalle radici, al punto che lo scorso anno ha registrato un utile operativo record da 5 (cinque) miliardi di euro, e da una dozzina di trimestri consecutivi inanella profitti. Una condizione disperata che richiede potenti iniezioni di denaro degli italiani per essere risolta.

Noi italiani vogliamo un MES poliziotto buono e dal volto umano: ad esempio, che si impegni a fare scendere i tassi quando la Bce li alza. E le risorse? Boh, noi italiani ci occupiamo di strategie, mica di tattiche. Ieri, il ministro dell’Economia e Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha reso “dichiarazioni spontanee” davanti all’Eurogruppo, il consesso dei ministri delle Finanze dell’Eurozona. L’Italia ancora non ratifica “probabilmente per ragioni storiche” ma è “consapevole dell’importanza di completare il processo” in tutti i Paesi azionisti. E tuttavia la questione “è piuttosto politica” e dunque bisogna “cercare di risolverla in modo politico”.

Il che significa un bel do ut des. Ma che cosa può dare, o meglio togliere, l’Italia all’Eurozona, in un ipotetico braccio di ferro? E cosa può esserci tolto, in caso sia necessario una sorta di nudge tipo rimozione forzata per i muli che si piantano in mezzo alla strada?

Sappiamo che i nostri governanti hanno lasciato intendere, non è chiaro se solo sui giornali nazionali o anche fuori confine, che vorrebbero condizioni più lasche sulla revisione del patto di stabilità e crescita. Ricevendo un no informale ma non meno granitico. Le motivazioni dell’Eurogruppo sono note: l’Italia non ostacoli la ratifica, non ha obbligo alcuno di chiedere l’intervento del MES.

IL NODOSO NUDGE EUROPEO

Ma che potrebbe fare, “l’Europa”, per spingere il mulo italiano? Mi vengono in mente un paio di situazioni, che certamente non vedremo messe in pratica immediatamente, ma che potrebbero essere utilizzate. La prima è la minaccia di procedere senza l’Italia, ridisegnando il perimetro delle adesioni allo strumento.

Sarebbe una sorta di applicazione del principio della maggioranza qualificata alle decisioni europee ma anche una vera e propria opzione nucleare. Nel momento in cui venisse deciso di tenere fuori il nostro paese dal nuovo perimetro, si scatenerebbe una tempesta sullo spread che finirebbe col creare problemi anche agli altri paesi, sia pure inferiori a quelli che ci finirebbero in testa. Quindi non ritengo che si arriverà a un esito di questo tipo. Ovviamente, nulla impedirebbe a esponenti di altri paesi di “suggerire” un percorso di questo tipo, per testare il terreno. Ma, ripeto, mi pare improbabile e comunque un’arma estrema.

L’altro strumento utilizzabile è quello del famoso “scudo” antispread, ideato dalla Bce per proteggere i paesi che subiscono un allargamento dello spread non voluto né causato da scelte di policy. Sappiamo che questo strumento di trasmissione della politica monetaria è soggetto ad ampia discrezionalità da parte del board della Bce.

Qui, basterebbe fare una domanda in sede pubblica a Christine Lagarde, del tipo “accettereste di utilizzare il TPI a favore dell’Italia, se l’Italia non ratificasse la riforma del MES?”. Al che, Lagarde risponderebbe con uno stentoreo “certo che no!”. Dopo di che avremmo un allargamento dello spread, suppongo meno devastante di quello che segnerebbe l’ipotesi di ridisegno del perimetro dei paesi aderenti, e Roma (forse) capitolerebbe.

Alcuni tra voi potrebbero obiettare, sdegnati: “ma questi sono metodi mafiosi!”. Non necessariamente: sono conseguenze della partecipazione ad un club di paesi che decide di darsi delle norme condivise. Ma forse per alcuni tra voi questa è la definizione di mafia, chi può dirlo. Certo che, per un paese che a intervalli regolari e con governi di differente colore si inalbera chiedendo il superamento della regola dell’unanimità, sarebbe difficile spiegare nuovi rigurgiti di vittimismo. Anzi, sarebbe la volta decisiva in cui rivendicare orgogliosamente la nostra indipendenza: non ci serve il MES, in caso di problemi facciamo da soli.

L’INTERESSE NAZIONALE ALL’AUTOLESIONISMO

Non si può escludere, in caso l’insensata cocciutaggine italiana proseguisse, che qualche agenzia di rating lanci un ammonimento, magari proprio venerdì sera, 19 maggio, quando si attende il verdetto di Moody’s sul nostro paese, che nella loro scala di valutazione è sul ciglio dell’investment grade. A cui farebbero seguito strepiti patriottici e minacce di perseguire lo Straniero che avesse l’ardire di prendere questa posizione. Si prevede un boom del nostro sovrano settore tessile, nella produzione di cravatte tricolori.

Davvero una plastica applicazione del concetto di interesse nazionale, non trovate? Rifiutare una ratifica che è vista come largamente formale e priva di conseguenze immediate, al prezzo di tensioni che finirebbero a scaricarsi sui mercati durante una fase di rialzo dei rendimenti nel paese con uno stock di debito imponente. C’è il rischio che il concetto di “interesse nazionale”, qui da noi, venga assimilato a quello di autolesionismo. Vado pazzo per le impuntature ben riuscite.

 

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