MEDITERRANEO E MEDIO ORIENTE: QUANDO L’ITALIA AVEVA UNA POLITICA ESTERA UNITARIA E LUNGIMIRANTE
di Agostino Spataro *
1… La crisi libica (a due passi da casa nostra) e gli avvenimenti drammatici nella regione mediorientale e del Mediterraneo centro-orientale ripropongono la necessità di una riflessione sulla politica estera italiana per come è venuta evolvendo (?) durante questa lunga e confusa transizione in cui sono cambiati (in peggio) l'approccio, la concezione, gli obiettivi delle relazioni internazionali dell'Italia, dell'Europa verso il mondo arabo e altre regioni del Pianeta.
Con la cd. "seconda" Repubblica, si è passati dal dialogo alla sfiducia, al conflitto; con la “terza” l’Italia é quasi allo sbando, non ha più una politica estera degna di questo nome!
Una politica di pace che generava nuove occasioni d'incontro, favoriva la penetrazione in nuovi mercati e commesse importanti per le imprese italiane. Le buone relazioni politiche e culturali italo - arabe erano la chiave di volta per accrescere il volume degli scambi economici e commerciali.
Insomma, il dialogo pagava e assicurava all'Italia un ruolo primario nell'area arabo-mediterranea, anche in campo economico.
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(Fonte Eurostat e Sipri/Stoccolma) |
Sotto questo profilo, il caso italiano è esemplare. Basterebbe fare qualche conto e alcuni confronti fra le bilance commerciali attuali e quelle di allora per capire le cause del nostro svantaggio e scoprire la differenza che corre fra il dialogo e la chiusura razzistica o, se si preferisce, fra la cooperazione pacifica e la follia dello scontro di civiltà.
Ovviamente, con ciò non si vuol mitizzare nessuna delle personalità sopra citate o sostenere che quello fu un periodo aureo per l'Italia. I problemi c'erano ed anche gravi: dall'attacco ai diritti sociali dei lavoratori alla sicurezza e all'ordine pubblici, dal clientelismo alla corruzione, ecc.
In quegli anni cruciali l'Italia riuscì a ritagliarsi un ruolo relativamente autonomo in politica estera. Un ruolo proporzionato alle sue potenzialità ossia senza grandi pretese, ma orientato al dialogo fra gli Stati, al sostegno del diritto alla sovranità dei popoli ancora irredenti. In primo luogo, del popolo martire di Palestina che sostenemmo senza mai deflettere dalla difesa del diritto all'esistenza d'Israele entro i confini riconosciuti dalle Nazioni Unite.
Insomma, si delineò un nuovo scenario di convivenza pacifica, di rispetto e di mutua comprensione, di fervore collaborativo, solidaristico all'interno del quale si era perfino individuata una prospettiva seria di proiezione internazionale, di crescita per il nostro Mezzogiorno, oggi ricacciato ai margini dello sviluppo, assillato dalla criminalità e ridotto a mero deposito di risorse energetiche al servizio del centro-nord ipersviluppato.
Mentre oggi è in recessione da lungo tempo.
Perché questo cambiamento di rotta, di ruolo?
La risposta non è facile, anche se si possono intravedere le cause e gli interessi (anche esterni) che l'hanno determinato.
Servirebbe una seria riflessione, un dibattito pubblico (non televisivo, per favore!) affinché si possa re-impostare la politica estera italiana ed europea su canoni più rispondenti ai nostri e non agli altrui bisogni. Poiché, in fondo, questo è il vero problema!
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