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Lo schiaffo australiano a Emmanuel Macron

L’annuncio dell’A.UK.US, patto trilaterale, politico e militare, che prende il nome dall’inglese dei tre stati firmatari, Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, ha scatenato una bufera diplomatica senza precedenti tra la Francia di Emmanuel Macron, l’Australia e gli Stati Uniti. Almeno per il momento il Canale della Manica resta politicamente navigabile, sebbene non si escluda che sulla spiaggia di Dunkerque possa essere esposta la bandiera rossa.

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Il “tradimento” di Morrison

Veniamo all’antefatto dello psicodramma che strugge l’Eliseo per essere stata la Francia esclusa dalla combriccola anglofona, la quale senza dell’Esagono non può essere che parva, irrilevante e acefala.

Un Canguro Gigante australiano ha sferrato un calcio a un Gallo (Cedrone?) europeo. Non è un cartone animato. È quel che è avvenuto in Australia, dove il Primo Ministro, Scott Morrison, ha mandato all’aria un’intesa con la francese Naval Group per la fornitura di dodici sottomarini a propulsione nucleare. L’aver scaraventato addosso a Macron il campionario presidenziale dei tric e trac, dei sottomarini nucleari e dei petardi è costato a Morrison, ovvero al contribuente australiano, la bellezza di 2,6 miliardi di dollari australiani, che saranno arraffati senza neppure il fragore di un mortaretto. La cifra, pur colossale, è un’inezia rispetto all’esoso prezzo ballerino dell’intera commessa, stimato tra i 50 e 90 milioni di A$.

Si sa, a Marianna si può toccare tutto, ma non il portafoglio. È stato così che Macron, piazzista offeso nell’onore commerciale internazionale, ha fatto gridare la libera stampa di regime al tradimento. L’informazione governativa indipendente ha evocato “la pugnalata alla schiena” da parte australiana.

A Parigi peccano di fantasia. Hanno rispolverato lo stesso lessico stantio di biasimo rivolto a Mussolini. Mettere sullo stesso piano politico Morrison e l’italico Duce può essere dettato oltre che da una buona bottiglia di whisky invecchiato, anche dal multimilionario lucro cessante, le cui cifre al Palazzo dell’Eliseo sono in grado di sovvertire lo strumentario e gli orientamenti delle Relazioni Internazionali.

Una sorpresa o una svolta attesa?

Quando Parigi compie un testa coda diplomatico tra alleanze militari e concorrenza commerciale, l’ircocervo politico che ne viene fuori strabilia anche gli anatomopatologi zoologi dei capitalismi e dei dirigismi di Stato.

Eppure i prodromi del revirement australiano erano evidenti e sotto gli occhi di tutti.

A margine del G7 del 2021 a Carbis Bay, in Cornovaglia, Boris Johnson, Joe Biden e Scott Morrison, si sono incontrati. Escludendo che i tre leader possano aver discusso di escargot alla pescatora, l’unico argomento del trilaterale non poteva essere che il Pacifico, ovvero la Cina. I profili tecnici sui sistemi d’arma comuni e fungibili, indispensabili per contenere il Dragone entro il bagnasciuga del Mar Cinese sono stati demandati ai militari, dopo gli input politici.

Possibile che sulle rive della Senna i membri del cucuzzaro governativo non si siano chiesti di cosa abbiano cianciato i tres amigos, oppure bisogna credere che il Gallo ha bisogno di intellettuali del peso del tenente colonnello Benalla per risolvere i problemi irrisolvibili?

Supponendo mediamente attenti gli analisti all’ombra delle losanghe del traliccio Eiffel, la chiave di lettura delle esternazioni presidenziali e para presidenziali è da ricercare nel tentativo di narcotizzare l’opinione pubblica interna, più sensibile di altre alla grandeur, sovrastimata dopo la vittoria di Waterloo, arrisa però a Wellington.

Il Presidente francese ha colto al volo l’occasione per farsi uno spot ai danni dei pravi Morrison e Biden, rei di non aver consentito alla Superpotenza dei poligoni atomici polinesiani di Mururoa e Fangataufa di dare al conflitto che si profila in Estremo Oriente un contributo bellico almeno pari all’irrilevante apporto fornito durante la Seconda Guerra Mondiale. Ovvio che Macron si sia indignato a comando: alle società francesi non sarà affidato neppure un appalto per le pulizie.

Business is business!

Macron messo ai margini

Il fumantino e incontentabile Giove Eliseo non sopporta di essere trattato come una pipa spenta.

Resta qualche dubbio sulla natura della Presidenza francese: carica politica nazionale elettiva all’interno di un Politburo o rappresentanza commerciale pirica d’alto borgo, anche di armamenti, di stelle filanti e di fuochi d’artificio?

Da Parigi minacciano fuoco, fiamme, vendetta, fracassi e sfracelli contro tutti i marsupiali australi e contro le mandrie di bufali americani. Al momento non sono pervenute notizie di proditori attentati contro le pecore inselvatichite dell’isola scozzese di North Ronaldsay o di retate di frodo contro le lontre del Tamigi.

Gli amici inglesi sono stati bollati come i soliti noti opportunisti dall’incendiario Ministro degli Esteri francese Le Drien, ergo non c’è stato bisogno di richiamare l’ambasciatore da Londra. Invece gli ambasciatori francesi in Australia e America sono stati richiamati in patria per consultazioni, misura di estremo rigore, adottata solitamente contro gli Stati nemici. Forse al Quai d’Orsay, sede del Ministero degli Affari Esteri francese, hanno le idee alterate. Preceduta da una serie di contumelie gratuite, adottarono la stessa misura contro l’Italia. Un top politician del calibro di Gigi Di Maio aveva intrattenuto un colloquio non preventivamente comunicato e autorizzato dall’Autorità francese con un gilet giallo, della cui conoscenza della lingua italiana si può dubitare. Era dalla Seconda Guerra Mondiale che la Francia non ritirava il proprio ambasciatore dall’Italia.

Ma quanto sono perturbabili le idee nei paraggi dei Campi Elisi, se mettono sullo stesso piano delle conseguenze gli atti di Biden, di Morrison e di Di Maio e Mussolini? Qual è l’indirizzo psicologico che cura in Francia l’irritabilità, la suscettibilità e l’irascibilità?

Una strategia zoppa

L’infuriato Presidente-filosofo sa che la moglie di Cesare non deve essere neppure sospettabile. Tuttavia Marianna sembra volersi impegnare in un ménage a trois con un marito militare a stelle e strisce in Africa e un’amante commerciante con gli occhi a mandorla in Asia. Il tutto dopo che Zio Sam ha tolto d’impaccio e d’impiccio l’ingrata fanciulla dall’impasse militare libico, ai danni dell’Italia …

La Marina Militare francese ha dato prova di non riuscire a interdire quella turca nel chiuso del vicino Mediterraneo Orientale, figuriamoci quella cinese negli Oceani aperti dell’Estremo Oriente. Macron ringrazi il Cielo che la sua Marine è ancorata e sicura nei porti della Francia, da sempre quintessenziale al mantenimento della pace nel Mondo. Alla Cina non interessa nulla dei Territori francesi d’Oltremare.

Tuttavia, l’esistenzialismo nicchiante di Macron suggerisce che se gli fosse stato chiesto di inviare nel Mar Cinese consistenti flotte, e non solo forze simboliche, si sarebbe fatto venire i mal di pancia, come aveva preannunciato.

Tanto è il pathos di Macron, che dalla Francia sono giunti ad accusare, quasi fosse un rallo qualsiasi, di maleducazione diplomatica il falchetto Blinken, segretario di Stato di Biden, colpevole di non aver avvisato Parigi in anticipo del patto trilatero, salvo essere smentiti dallo stesso rapace.

Qui, più che la psicanalisi come strumento interpretativo, è utile l’étoile.

I gringos, che in materia di saloon hanno una competenza storica inarrivabile, hanno capito subito di qual mal patisca la puella levis francese. Di sottigliezze pseudo Scolastiche tra nemico e competitore non vogliono neppure sentir parlare. Le algie addominali di Macron sull’invio di navi in Estremo Oriente sono percepite come irriconoscenza. Nella sparatoria all’O.K. Corral i pistoleros americani, i galeotti australiani e i pirati inglesi non vogliono tra i piedi gli inciampi delle giarrettiere di Madame, tanto meno le sue piroette.

Il gioco astuto di Morrison

L’abilità politica di Morrison dimostra, caso mai ce ne fosse bisogno, che in politica estera il tempo è tutto. La trattativa con i francesi per l’acquisto dei sottomarini nucleari era stata avviata durante il mandato di Trump. L’ex Presidente americano era poco incline a impegnarsi in un conflitto armato contro la Cina e ad ascoltare i timori di invasione gialla paventati dall’Australia. In questa prima fase Morrison ha giocato come riserva Macron contro Trump. Ha aspettato che il tycoon togliesse il disturbo dalla Casa Bianca per attendere le macronate, cioè i falli del Presidente francese, non proprio un fulmine di politico, malgrado si faccia chiamare immodestamente Giove.

Morrison si è guardato bene dall’invischiarsi in pratiche tangentizie, come un comune Antilope Cobbler, per avere le mani libere. Contro Macron è stato solo una volta galeotto. Lo fosse stato due volte si sarebbe risparmiato l’esborso della penale, perché sapeva da prima che i reattori nucleari dei sottomarini francesi hanno una vita utile inferiore a quella dello scafo.

Quando Morrison ha avuto l’appoggio di Biden sul rafforzamento della difesa australiana in funzione anti cinese, si è ricordato che i francesi, sono più bravi nello sfornare baguette precotte, piuttosto che nel varare sottomarini nucleari. Dopo tutto stiamo parlando di un tipo di natante che mentre pattugliava nell’Atlantico, si è scontrato con un altro sottomarino nucleare britannico, manco fossero guidati da sottopagati camionisti avvinazzati. Ma chi ha dato la patente ai nocchieri nucleari?

Lo sfumato affare miliardario dei sottomarini francesi ha segnato un brutto colpo per il Padre degli dei falsi e bugiardi. Mal che vada, potrà allegramente rifilarli all’amico-nemico turco Erdogan. Dall’Eliseo si suggerirà al Talleyrand pro tempore di voler equilibrare le posizioni belliche tra Turchia e Grecia, dopo che a quest’ultima Macron ha veduto un gruppo di aerei Raffale. In realtà la Francia è in trattative con la Corea del Sud per la vendita di sottomarini a propulsione nucleare. Il polverone sollevato da Macron si spiega anche col fatto che l’iperliberista non desidera concorrenti negli affari con Seoul.

Macron ha subito dall’Australia un trattamento decisamente migliore di quello che lui ha riservato all’italiana Fincantieri, quando questa ha acquistato i cantieri navali di Saint Nazaire della Stx in profonda crisi, dato che i francesi sono più abili nel costruire giunche, che navi di grandi dimensioni. Macron ha sguainato la golden share. Preferiva la precedente amministrazione fallimentare dei coreani a quella professionale degli italiani, perché avevano il torto di essere italiani.

L’Italia ha mandato emissari politici a Parigi per risolvere l’affaire, ma con risultati scarsi.

I politici italiani prendano esempio da Morrison su quale sia l’interesse da perseguire nelle trattative con la Francia, senza farsi incantare dalla magnificenza del Presidente-monarca e dalle sue trovate, come quella di falcidiare le cattedre di lingua italiana, per poi di andare a Napoli a declamare che ama la cultura italiana.

Macron protesta a vuoto?

Canberra, Washinton e Londra non si curano per nulla delle minacce più o meno velate di Parigi. Che si trattenga per il più lungo tempo possibile in Francia i suoi ambasciatori!

Il politicamente disinvolto Macron le scoppole se le va a cercare. La Grande Francia senza gli Stati Uniti non va da nessuna parte del Globo per restarci. Semmai, va dove indicano gli Stati Uniti. Se svia troppo per conto proprio, viene sonoramente richiamata, in quanto è una creatura elevata al rango di Superpotenza per grazia ricevuta dagli Stati Uniti. Nel Palazzo dell’Eliseo, stracolmo di storia e glorie passate, sognano di essere i necessari postiglioni della diligenza americana, ma l’America può fare a meno della Francia, non il contrario.

Il diversamente alleato Macron con l’indebolita Italia si atteggia a Gallo muscoloso, ma con i lontani Stati Uniti e con l’ancor più remota Australia alterna sdegno a pigolio, pur di agguantare qualche ordinazione alternativa.

Dell’AUKUS non fa parte la Nuova Zelanda, perché negli ultimi tempi ha manifestato posizioni eccentriche rispetto agli Stati Uniti, eppure non sta facendo le piazzate internazionali che invece il Divino sta inscenando sui media, quasi fosse in preda ad una crisi canterina sul palcoscenico della Comedie Française.

Certo, se la vicenda fosse stata contrassegnata da un grado maggiore di discrezione, la Cina e l’Indonesia non avrebbero criticato l’Australia.

Se nel Pacifico arrivano 12 sottomarini francesi, l’acquisizione passa sotto silenzio. Al contrario, se i sottomarini sono statunitensi, scoppia un putiferio internazionale. Il silenzio non è una virtù di casa all’Eliseo.

La bramosia dell’iperliberista e antitaliano Macron ha seminato diseguaglianze e divisioni. Raccoglie marginalità e indifferenza.

Macron, grande amante della cultura, rumoreggia e sbraita per niente. La questione è facilmente risolvibile. Si potrebbero staccare dei biglietti omaggio dell’annuale Kennedy Center Honors per un concerto di una cantante francofona, onde far assistere fianco a fianco il Presidentissimo col Presidente degli Stati Uniti. Dopo tutto fu lo stesso Macron a proporre a Khamenei un incontro al vertice faccia a faccia con Trump.

Le Drian e Macron hanno platealmente mal sopportato la vittoria dei Måneskin all’Eurovision Song Contest. La palma della prossima edizione, da tenersi in Italia, potrebbe essere assegnata in anticipo alla concorrente francese, magari con la combine non solo della Gran Bretagna, ma anche dell’Australia e degli Stati Uniti.

Macron sta recitando a soggetto, ma tra poco si rimetterà convenientemente in careggiata. Pare che Biden e Morrison siano in possesso di un’arma culturale segreta in grado di far cambiare idea al Presidentissimo. Vorrebbero approfittare del fatto che Parigi è gemellata in via esclusiva (per modo di dire) con Roma per serenarsi sotto la finestra del francese a cantare con Nino Manfredi: “Paris nun fà la stupida stasera, Damme ′na mano a faje di de si.”

Grazie Signor Presidente Macron per aver dispensato gratis dall’alto dell’Olimpo buon umore a piene mani.

L'articolo Lo schiaffo australiano a Emmanuel Macron proviene da Osservatorio Globalizzazione.

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