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Lituania. La Brigata di Carta che salvò la cultura ebraica di Vilnius

Durante l’occupazione nazista della Lituania, la Brigata di Carta – un gruppo di intellettuali ebrei – rischiò la vita per salvare il patrimonio librario yiddish…

Silvia Granziero - East Journal

(Foto di YIVO)

Siamo nel giugno del 1941 quando scatta l’Operazione Barbarossa, il (disperato) tentativo di Hitler di conquistare l’Unione Sovietica, che da circa un anno ha il controllo sulla Lituania, dove conduce deportazioni e altre violenze; i sovietici sanno farsi odiare a tal punto che l’arrivo dei tedeschi è accolto come una liberazione da alcuni segmenti della cittadinanza. Il loro arrivo, però, segue con tutti i crismi il modus operandi nazista nei confronti della più odiata delle minoranze, vittima di un approccio che vuole sterminare non solo le persone, ma anche la loro cultura.

Gli ebrei in Lituania

In Lituania fin dal XIV secolo, quando arrivarono i suoi primi membri, la comunità ebraica è folta e vivace soprattutto nelle due città principali, Kaunas e Vilnius; a inizio Novecento quest’ultima conta cento sinagoghe e 76.000 cittadini ebrei, che ancora nel 1939 rappresentano circa il 45% della popolazione cittadina.

All’arrivo dei tedeschi, circa mille di loro lasciano la Lituania, ancora multietnica, sfuggendo all’Olocausto. La comunità ebraica della capitale sarà quasi completamente spazzata via, con massacri come quello della liquidazione del ghetto di Paneriai, a una decina di chilometri dal centro, che vede 10.000 vittime.

Parallelamente, i tedeschi prendono di mira il patrimonio culturale yiddish locale, attraverso la divisione Einsatzstab Rosenberg che ha l’ordine di saccheggiare musei e biblioteche alla ricerca di collezioni antiche e preziose, anche per raccogliere i materiali che dovranno costituire il nucleo di un istituto da creare a Francoforte dedicato proprio allo studio della civiltà ebraica, che nelle intenzioni dei nazisti dovrebbe essere, a questo punto, solo un reperto archeologico, privo di testimoni viventi. Nel mirino dei tedeschi figurano centri culturali ebraici di fondamentale importanza per la comunità locale, come la Biblioteca Strashun, fondata dal rabbino Mattityahu Strashun.

La Brigata di Carta

Paradossalmente, è proprio al servizio della Einsatzstab Rosenberg che entra in azione la Brigata di Carta. Non è un gruppo partigiano organizzato, ma una manciata di intellettuali ebrei che vengono arruolati dai nazisti per catalogare il patrimonio librario yiddish contenuto nelle biblioteche e negli istituti culturali di Vilnius, operazione per la quale i nazisti non hanno le competenze.

Catalogati i testi antichi e moderni, bisogna poi passarli al vaglio nazista che, se di interesse, li fa imballare e spedire in Germania. Tra gli intellettuali coinvolti nell’attività c’è Zelig Kalmanovitch, già condirettore dell’Istituto di ricerca yiddish YIVO: è lui a rendersi conto che tutti i libri giudicati non abbastanza interessanti vengono distrutti. È lui, quindi, a capire che la cultura yiddish lituana rischia di scomparire assieme ai suoi esponenti. Ed è lui, assieme a un manipolo di colleghi, tra cui i poeti Avrom Sutzkever e Shmerke Kaczerginski, a iniziare l’operazione clandestina di raccogliere quel patrimonio e nasconderlo prima che venga distrutto. A questo punto è il momento di esporsi ancora di più: con la collaborazione di una ventina di uomini e donne i poeti trasportano i volumi rubati nel ghetto, dove rientrano la sera. Qui questi vengono sepolti, con la speranza di poterli riportare alla luce alla fine della guerra: questo, almeno, è il piano.

Non sono pochi i membri della comunità a trattarli come pazzi e a prenderli in giro: in tempo di guerra, sotto occupazione, è lecito rischiare la vita per portare del cibo o indumenti per l’inverno, ma nascondersi sotto il cappotto dei libri sottraendoli ai nazisti a rischio della propria vita – e magari anche di rappresaglie ai danni di tutto il ghetto – questa è pura follia.

Libri clandestini

Quando il ghetto di Vilnius viene liquidato, i membri della Brigata di Carta seguono la stessa sorte degli altri abitanti: c’è chi viene ucciso, chi viene spedito nei campi di concentramento e chi riesce a fuggire. Chi torna in città dopo la fine della guerra scopre che buona parte del patrimonio librario portato faticosamente in salvo è sopravvissuto. Le vicissitudini per questo piccolo tesoro yiddish, però, non sono finite, perché il nuovo governo locale – l’Unione Sovietica ha inglobato il territorio lituano nella propria sfera d’influenza – non ha alcun interesse a preservarlo; anzi, sta portando avanti una campagna in favore dell’ateismo. Il bibliotecario Antanas Ulpis allora nasconde la collezione superstite, di circa 150.000 documenti, in una chiesa presso un monastero carmelitano, dove sarà ritrovata nel 1991, allo sgretolarsi dell’Urss.

Altre vicissitudini riguardano invece quella parte del patrimonio che, ritenuta interessante dai nazisti, era stata inviata in Germania, nei pressi di Francoforte. Qui, nell’immediato dopoguerra viene rinvenuta dai Monuments Men dell’esercito statunitense che contatta la sede dell’YIVO a New York. È questa ad accogliere, nel 1947, i libri e i manoscritti che partono, quindi, per Oltreoceano.

Nel frattempo, molti membri della Brigata di Carta sono scomparsi nei campi sterminio, ma non tutti. Shmerke Kaczerginski, ad esempio, emigra in Argentina, dove muore nel 1954 in un incidente aereo. Avrom Sutzkever, invece, si unisce assieme a sua moglie ai partigiani nelle foreste fuori Vilnius, dove consegna a un compagno corriere alcune poesie che raggiungono il Comitato Ebraico Anti-Fascista di Mosca, che invia poi un piccolo aereo per mettere in salvo i coniugi Sutzkever. Rifugiatisi a Mosca, i due emigreranno poi in Palestina, dove Avrom continuerà a pubblicare poesie fino alla morte.

L’insieme di tutti i materiali salvati dalla Brigata di Carta e rinvenuti tra Vilnius e la Germania – tra cui le prime stesure delle più celebri poesie di Sutzkever – è oggi la più grande raccolta di materiale sulla vita ebraica nell’Europa centrorientale esistente al mondo, una testimonianza della cultura yiddish che un tempo era il fulcro della vita culturale del continente e che oggi è quasi scomparsa

L’articolo originale può essere letto qui

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