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Licenziamenti disciplinari nella PA, già oggi si può

di Luigi Oliveri

Egregio Titolare,

mi scuso per tornare ad occupare i ben noti pixel, ma il caso capitato al Comune di Sanremo mi sollecita a sottoporre alcune riflessioni, utili per il dibattito. Non è il caso di entrare nel merito della vicenda. Il tema di questa abusiva occupazione di spazio nel portale riguarda la questione della presunta assenza di strumenti per licenziare i dipendenti pubblici.

È una teoria che ha ben espresso il sottosegretario alla semplificazione Angelo Rughetti, nel corso della puntata de “I conti della belva” su Radio24 del 24 ottobre. Secondo il sottosegretario, come molti altri, mancano gli strumenti operativi per giungere al licenziamento del dipendente infedele che inadempia gravemente alle obbligazioni contratte sottoscrivendo il contratto di lavoro e tale carenza troverà finalmente rimedio con il disegno di legge delega di riforma della pubblica amministrazione.

I fatti, o nel ben noto “giuridichese” il “diritto positivo”, non supportano simili affermazioni. La possibilità di licenziare, senza nemmeno preavviso, dipendenti pubblici esattamente per le ipotesi verificatesi a Sanremo è apertamente prevista da una legge vigente, il d.lgs 165/2001, e proprio per effetto del suo articolo 55-quater, introdotto nel 2009 dalla riforma Brunetta. Il comma 1, lettera a), di tale norma prevede il licenziamento senza preavviso proprio nel caso di “falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente”.

So, caro Titolare, che hai posto al sottosegretario proprio questa obiezione e che il Rughetti ha controdedotto sostanzialmente rilevando l’assenza o, comunque, la farraginosità della procedura da seguire per il licenziamento, rinviando all’attuazione della riforma Madia il necessario rimedio. Peccato che anche in questo caso le cose non stiano così. Infatti, la già citata riforma Brunetta ha innestato nel citato d.lgs 165/2001:

a) l’articolo 55-ter, per effetto del quale è perfettamente possibile (anzi doveroso in alcuni casi) licenziare il dipendente, pur essendo pendente un procedimento penale connesso all’infrazione disciplinare;
b) l’articolo 55-bis, che regola il procedimento disciplinare.

Tale ultima norma non ha affatto nulla di farraginoso e complicato. Impone, trovandoci in uno Stato di diritto e garantista, un’ovvia sequenza di fasi poste a consentire all’accusato di difendersi. Per un caso come quello di Sanremo, nel quale la contestazione disciplinare implica l’adozione della sanzione del licenziamento, occorrono la contestazione formale dei fatti, la convocazione dell’incolpato per il contraddittorio a sua difesa, la successiva istruttoria e la conclusione del procedimento, con l’adozione dell’atto finale, nell’arco di 120 giorni, termine inviolabile, decorso il quale il licenziamento sarebbe invalido.

Il procedimento disciplinare, caratterizzato dalle cautele necessarie a garantire il diritto alla difesa, non è certamente banale e semplice, ma è perfettamente lineare, gestibile e, soprattutto, caratterizzato da termini brevi e indubitabilmente certi.

La legge 124/2015, cioè la legge delega alla quale si riferisce il sottosegretario Rughetti come panacea alla presunta assenza di strumenti operativi per attuare il licenziamento disciplinare si limita, all’articolo 17, comma 1, lettera s), ad indicare al legislatore delegato di introdurre “norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare”. Che si possa accelerare il procedimento, riducendo i termini già piuttosto brevi (per infrazioni disciplinari che comportino una sanzione inferiore alla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione inferiore fino a 10 giorni i termini del procedimento disciplinare sono di soli 60 giorni), nessuno lo discute.

Che il procedimento disciplinare, tuttavia, non disponga di certezza nei tempi di espletamento e conclusione non è affatto riscontrabile nelle norme. Semmai, il problema è la volontà e capacità di attivare gli strumenti che esistono, per quanto migliorabili, non certo la loro assenza.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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