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Liberaci, o Signore, dall’assenteismo

Cosi comincia, più o meno, la preghiera di Giovanni Calabrese, sindaco di Locri, che dopo aver inutilmente denunciato l'andazzo a Carabinieri, Guardia di finanza e procura della Repubblica ed aver emanato, senza ottenere alcun risultato, numerosi provvedimenti disciplinari, non sapendo più a che santo rivolgersi, per convincere i dipendenti comunali a presentarsi al lavoro, ha deciso di scrivere direttamente al Titolare.

 

Una lettera che è una denuncia nei confronti di “alcuni dipendenti comunali che immobilizzano l'apparato burocratico e si comportano in maniera poco corretta sul posto del lavoro, tralasciando il senso del dovere”. E quell'alcuni è solo un eufemismo se, come racconta il Sindaco, su 125 dipendenti in organico, il Comune si ritrova ogni giorno ad averne disponibili non più di una ventina. Di che non riuscire a compiere neppure le più elementari opere di manutenzione, con elettricisti costantemente assenti che non cambiano neppur le lampadine e stradini che non si sognano di sprecare tempo a richiudere le buche nell'asfalto.

Di che restare disgustati pensando che (la notizia è stata riportata dai quotidiani nazionali) proprio in questi giorni, nella non lontana provincia di Cosenza, un'azienda del settore elettronico sta per chiudere i battenti, lasciando a casa 25 lavoratori, dopo che l'imprenditore che l'ha rilevata ormai da quasi un anno, nonostante abbia già ricevuto sostanziosi ordinativi, non ha ancora potuto riavviare la produzione proprio a causa dei ritardi delle burocrazia. Storie calabresi? Il resto d'Italia è ben altro.? No, se si parla di assenteismo nella pubblica amministrazione, si possono trovare esempi in tutte le regioni.

In Sicilia, certo, dove, nel 2013, un'ispezione a sorpresa della Guardia di finanza ha scoperto che negli uffici dello Iacp di Messina erano assenti, per di più ingiustificati, 81 dipendenti su 96. Nel Lazio, dove l'agenzia delle entrate di Latina, per dirne una, ha un tasso di assenteismo superiore al trenta per cento. Andiamo bene? C'è di meglio. Sempre in tema di soldi pubblici, proprio chi dovrebbe valutare che siano correttamente spesi, la Corte dei conti, fa registrare in almeno un terzo dei propri uffici l'assenza di almeno un terzo dei propri dipendenti. E se ci spostiamo al Nord, solo prendendo i primi esempi che si trovano in rete, possiamo trovare chicche come quella della “Operatrice tecnica” di un ospedale bolognese che, prima di essere finalmente denunciata, inventandosi un paio di inesistenti gravidanze e altrettanto inesistenti malattie è riuscita nell'impresa di presentarsi al lavoro per soli sei giorni nell'arco di nove anni. Meno abile di lei, ma altrettanto commendevole il pure padano primario dell'ospedale milanese Fatebenefratelli, che è riuscito a collezionare 145 giorni di assenza nel solo 2013, facendosi timbrare il cartellino dai colleghi.

Casi isolati? Nient'affatto, solo alcuni tra i più clamorosi, tra i più pubblicizzati, di un'amministrazione pubblica che, nel suo complesso, ha fatto meritare all'Italia il 158mo posto (dietro al Gambia, per capirci) nella classifica Doing Business, che indica quanto un paese sia favorevole allo sviluppo delle attività economiche. Inutile parlare di ripresa, in queste condizioni.

Inutile anche solo pensare di uscire dalla crisi, se non troveremo modo di premiare chi svolge per intero e con coscienza il proprio dovere e di punire chi il proprio dovere, a cominciare da quello minimo di presentarsi al lavoro, rifiuta di farlo. Qualcosa che oggi non avviene. E' ancora il sindaco di Locri, cui dovremmo rivolgere tutti un grazie, dalle Alpi alla Sicilia, per il coraggio e la chiarezza delle sue parole, a sintetizzare lo stato delle cose: “Si parla tanto di rendere la pubblica amministrazione efficiente, ma qualcuno dovrebbe spiegarmi come fare visto che non abbiamo strumenti”.

 

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