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 Home page > Tribuna Libera > Lettera aperta alla mia amica Paola Nugnes

Lettera aperta alla mia amica Paola Nugnes

Cara Paola,
sono certo che tu sai bene cosa voglia dire sporcarsi le mani. L’hai fatto. Hai parlato alla gente da candidata, hai dato battaglia ai “tuoi” in Parlamento, quando hai capito che ti avevano ingannata. Ti sei sporcata le mani quando te ne sei andata nel gruppo misto a far valere le tue ragioni e a dimostrare la tua nausea.

 È stato in quegli anni anni che ti sei conquistata la stima e un posto di primo piano nell’opinione di chi, disgustato, non voleva sentir parlare di politica.

Sono stati gli anni nei quali hai parlato alla gente senza badare troppo al “colore politico”. I partiti che, a giusta ragione avevi disprezzato, quelli più o meno storici e quelli nuovi, più vecchi degli altri, sono entrati nella tua vita in tempi più recenti, chi per una via, chi per un’altra, quando abbiamo pensato di dar vita a Unione Popolate. Lì, coi partiti, hai trovato il Coordinamento di cui facciamo parte, una foglia di fico per una cabina di regia che decide ciò che vuole, che nessuno controlla e che nessuno ha eletto. La cabina di regia dei padroni del simbolo o più semplicemente dei padroni.

Se non te ne sei andata, è solo perché non sai dove andare, non sai che fare, non sai come dare un tuo contributo, come far fruttare l’esperienza maturata.
Io ormai distinguo, Paula, tra i “gruppi dirigenti” e la gente comune, che non sa a che santo votarsi e non capisco perché i nostri bravi compagni di Potere al Popolo ce l’abbiano con la vecchia classe dirigente e però, con tutto il rispetto, facciano poi causa comune con Ferrero.
Sabato sono stato in una sezione del PD. C’erano vecchi cacicchi, ma c’era, anche la gente comune alla quale non parliamo e lasciamo inerme in mano a vecchie volpi.

Là, in una sezione del PD, ho “convinto” i capi ad accettare d’intestare la sezione a una partigiana comunista e a incontrare gli altri partiti d’opposizione per concordare una linea comune sul reddito di cittadinanza, sull’autonomia differenziata e sull’incombente presidenzialismo.

Alla fine della riunione buona parte degli iscritti e della iscritte della sezione erano con me.
Quando dico “sporcarsi le mani”, intendo questo: entrare nel campo avversario, costringerlo al confronto e provare a batterlo, conquistando una parte significativa della sua base. Per fare cosa? Per andare assieme ovunque occorra. Ovunque, tranne che in una chat nella quale facciamo il contrario di quello che dovremmo fare: ci chiudiamo nelle nostre inutili fortezze e lasciamo così alle destre moderate e a quelle estreme l’immenso territorio abitato da chi non ha più un riferimento.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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