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 Home page > Attualità > Cronaca > Lettera aperta al sindaco sui fatti di Brescia

Lettera aperta al sindaco sui fatti di Brescia

Ho scritto una lettera aperta al sindaco di Brescia, in realzione alla vicenda del signor Abdallah Lakhdara, che afferma di essere stato malmenato da 4 vigili urbani.
 
 Alla c.a. del sindaco di Brescia, dottor Adriano Paroli
 Gentile signor sindaco,
 
 le indirizzo questa lettera aperta, che invio anche ai mezzi d’informazione locali e nazionali, ai parlamentari eletti nella provincia di Brescia, ai presidenti di provincia e regione e al comando della polizia locale, per chiedere chiarimenti, in qualità di cittadino italiano, in merito alla vicenda che ha recentemente coinvolto il signor Abdallah Lakhdara, condannato a 4 mesi di reclusione «per resistenza», dopo una colluttazione avvenuta con quattro vigili urbani in forza al comando di Brescia.
 
 La stampa nazionale ha espresso alcune perplessità sulla dinamica dei fatti che hanno portato al processo del 25 agosto, al punto che – secondo più di un testimone – il signor Lakhdara non sarebbe l’aggressore, bensì una vittima del comportamento razzista dei quattro rappresentanti della legge. Si parla infatti di una semplice richiesta d’informazioni in merito al posto più idoneo per parcheggiare l’automobile, dell’intimazione da parte di uno degli agenti di andarsene, accompagnata da un insulto, della protesta verbale del signor Lakhdara per il trattamento subito, alla quale sarebbe stato risposto, da parte degli agenti (in particolare di uno di essi), con pugni e schiaffi.
 
 «Si sono comportati come dei razzisti, glielo leggevo negli occhi mentre mi picchiavano», ha dichiarato ai giornali il signor Lakhdara, il quale sostiene di essere stato prima malmenato, poi ammanettato, portato al comando e infine rinchiuso per ore in una stanza molto angusta, senza poter andare in bagno, mentre i colleghi dei quattro vigili si avvicinavano per insultarlo. Solo verso le 18.00 sarebbe stata chiamata un’ambulanza per il ricovero al pronto soccorso.
 


 Tale dinamica dei fatti sarebbe confermata non solo da alcune testimonianze dirette, fra le quali quella di Véronique Laester, socia di Lakhdara in una ditta di ristrutturazioni edilizie, ma dalle stesse conseguenze dei colpi ricevuti: 10 giorni di prognosi per policontusioni da percosse e un trauma cranico, oltre al collare da portare per due settimane. Neppure la condanna a 4 mesi di reclusione costituirebbe una prova definitiva della veridicità del verbale redatto dagli agenti della polizia locale, dal momento che il signor Lakhdara è stato consigliato di scegliere il patteggiamento dal proprio avvocato solo dal momento che su di lui pesava una precedente condanna per aver venduto merce contraffatta.
 
 A rendere più inquietante la vicenda sono le voci secondo cui tali episodi non costituirebbero un caso isolato: vi sarebbe chi dice che comportamenti simili si sono già verificati più volte e si spinge a parlare di vigili che sanno «ciò che accade a Brescia», ma che «hanno paura ad esporsi».
 
 Naturalmente comprendo benissimo che di norma non sia corretto dar troppo peso a semplici voci ma, considerata la gravità di quanto suggerito nel caso specifico (e le ricordo ancora una volta l’esistenza di testimonianze e la diagnosi del pronto soccorso), ritengo sia preciso dovere delle istituzioni, da lei rappresentate, chiarire una situazione potenzialmente eversiva della legalità democratica.
 
 È ciò che le domando di fare, come cittadino italiano.
 
 La ringrazio per la sua attenzione.
 
 Cordiali saluti,
 
 Mario Badino

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