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Le paure di Bossi sull’intervento in Libia

Che la guerra sia un evento da "eliminare" come metodo per affrontare le divergenze tra popoli e all'interno dei popoli è un'idea da sostenere a gran voce: non sia mai più guerra!

Voglio specificare che il commento che farò non significa assolutamente la mia condivisione della guerra in generale e quella libica in particolare. Il commento ha lo scopo di indicare le contraddizioni della Lega in merito all'immigrazione e all'energia.

Bossi, nel suo intervento a Erba ha sostenuto la necessità di usare cautela nel decidere interventi militari in Libia, idea che aveva già sostenuto sull'intervento in Afganistan e Iraq, poiché potremmo incorrere in problemi ancora più grandi sull'immigrazione e sull'approvvigionamento energetico.

Cautela che si tradurrebbe, alla fine, con l'attendere l'evolversi degli eventi, in parole povere "stare a guardare".

È chiaro che l'idea non è quella pacifista, ovvero, opporsi all'intervento bellico proponendo soluzioni diverse e migliori. È invece basata sulla paura di almeno due conseguenze che si potrebbero verificare: aumento dell'immigrazione, cessazione del flusso di gas e petrolio dalla Libia.

Queste paure, peraltro legittime, sono però nate dalle minacce di Gheddafi anzi, sono le minacce di Gheddafi nei confronti dei paesi che parteciperanno all'azione militare contro di lui.

Ho detto legittime perché si potrebbero verificare in ogni caso, sia che vinca Gheddafi sia che vinca l'opposizione; non va dimenticato che anche l'opposizione ha ribadito che eventuali accordi dopo la rivoluzione saranno fatti con i paesi amici, ovvero, con coloro che, in un modo o nell'altro, li hanno aiutati. Pertanto, in ogni caso, stare a guardare non ci salverà di certo.

Per quanto riguarda l'immigrazione, va notato che, fino ad oggi, dalla Libia non sono arrivati migranti. Questo significa che, se flusso ci sarà, avverrà alla fine delle ostilità pertanto, saranno tutti fuggitivi politici. L'unica differenza sarà la loro appartenenza: o saranno ribelli o sostenitori di Gheddafi. Qualcuno obietterà che migranti comunque sono. Certo, solo che se i ribelli fuggiranno da una dittatura che ha promesso nessuna pietà verso l'opposizione colpevole solo di aver manifestato il loro dissenso (non va dimenticato che fu il regime a reagire con violenza nei confronti di manifestanti pacifici), i sostenitori della dittatura fuggiranno perché coinvolti, o sostenitori, di azioni contro i diritti umani e di azioni "criminali". Una differenza che dovrà contare nel momento in cui incominceranno ad arrivare.

È più probabile che ci siano criminali tra i migranti sostenitori del regime che tra i migranti sostenitori della rivolta. Inoltre, ritenere "politici" coloro che hanno difeso con azioni anche criminali il regime non mi sembra proprio il caso; in questo caso andrebbe benissimo applicare la legge sui respingimenti e dare la possibilità al popolo libico di giudicarli.

Il tutto si deciderà a fine guerra. Il problema dipenderà comunque dalla capacità di gestire il flusso.

Riguardo al problema gas e petrolio, alla possibilità di fare accordi per l'approvvigionamento, dipenderà essenzialmente dall'aiuto, e a chi, che sarà stato dato al vincitore; in questo caso è determinante la scelta di campo. Stare a guardare non gioverà chiunque vinca.

È chiaro che decidere a priori chi uscirà vincitore da un conflitto non è mai possibile; l'unica azione rimane quella di sostenere coloro che vorrebbero porre fine alla dittatura e riportare il paese a condizioni di vivibilità e all'interno della comunità internazionale a tutti i livelli (non va dimenticato che Gheddafi non ha mai firmato la carta dei diritti umani), considerando anche che l'Italia è presente in Afganistan e Iraq proprio in nome dei diritti universali e contro le dittature, almeno così ci dicono.

Inoltre, va considerato che il vincitore, chiunque sia, avrà comunque la necessità di vendere il petrolio, maggior fonte di rendita, nelle stesse quantità di prima, o anche maggiori, e considerando la necessità di reperire tecnici in grado di gestire gli impianti, sicuramente, si limiterà a rivedere i contratti.

Per concludere, affermare che la sinistra voglia aumentare il flusso immigratorio allo scopo di avvantaggiarsene nelle elezioni dimostra anche la confusione, magari voluta, sul tema immigrati

Quando si parla di migrazione - spostamento di consistenti masse di persone da un posto all'altro - si parla anche di frontiere. Chiaro che le frontiere non si eliminano d'un colpo - la frontiera più importante e diffusa è quella culturale che ognuno di noi si porta dentro - ma è altrettanto chiaro che sono loro il maggior ostacolo. Rimuoverle significherebbe una maggior possibilità di coesione e fusione delle diverse culture.

Per rimuoverle, però, serve un approccio più aperto da parte delle istituzioni e da coloro chiamati a gestirle; cosa che la lega non fa, anzi, agisce esattamente al contrario e lo fa pur sapendo che le migrazioni sono sempre esistite e sono alla base, o, perlomeno, ne sono una componente importante, dello sviluppo umano sociale e tecnologico - il mischiarsi di culture diverse non può che essere un vantaggio perché è portatore di novità e, perciò, di innovazioni.

Di questo la lega è perfettamente consapevole - lo stesso popolo padano, e comunque del nord Italia è il risultato di continui rimescolamenti di culture fin dai tempi di Roma, ma anche prima - ma continua a divulgare la sua idea di separazione per mantenere integre le culture - che però, alla fine, più che difendere le culture si difendono le tradizioni che, tra l'altro, sono comunque sopravvissute all'unità d'Italia. E in questo sta la confusione.

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