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La trincea elettrica di Hollande

Nel giorno in cui il gruppo PSA Peugeot-Citroen riporta una perdita per il primo semestre 2012 di 819 milioni di euro e si appresta a concretizzare gli annunci di tagli di capacità produttiva e posti di lavoro, il governo francese rilancia con una strategia di sostegno all’auto elettrica ed ibrida. C’è un elevato rischio che le misure risultino velleitarie ed inconcludenti, ma non si può dire che l’esecutivo francese non abbia studiato approfonditamente per incastrare tutti i pezzi del mosaico e dare corpo a quelle barriere protezionistiche non tariffarie in cui i cugini d’Oltralpe (ma non solo loro) hanno una certa expertise.

Intanto, una richiesta alla Ue per una azione contro le auto coreane, per violazione di reciprocità, che può sempre servire a prendere tempo e rinviare la resa dei conti. Poi, come detto, il “piano elettrico”. Che consta, tra le altre misure, di 490 milioni di sussidi che consentiranno di aumentare di 2.000 euro il contributo pubblico per ogni vettura elettrica acquistata dai francesi: settemila euro per le elettriche, quattromila per le ibride. Ovviamente, per non finire esposti ad accuse di protezionismo, il beneficio si estenderà a tutti i produttori, francesi e non. Viene da pensare che bisognerà erigere barriere non tariffarie contro Toyota e Honda, però, altrimenti la misura diverrà un cadeau ai giapponesi, almeno sull’ibrida.

Più interessante il modo in cui verrà reperita la copertura: imponendo una sorta di carbon tax sulle emissioni di CO2 delle vetture, una tassa dichiaratamente mirata alle auto di lusso. E qui ad essere colpiti saranno soprattutto i modelli tedeschi, Mercedes e BMW in prima fila. Parte del gettito servirà per erogare sussidi ai modelli a minori emissioni, cioè utilitarie e medie, che sono segmenti di mercato maggiormente presidiati dall’industria francese.

Lo stato francese acquisterà auto elettriche per una frazione della propria flotta che arriverà al 25 per cento, il che potrebbe patriotticamente rivalutare la funzione sociale delle auto blu, a ben vedere. Previsti anche aiuti all’indotto di fornitura per le auto elettriche ed un piano di finanziamento delle colonnine di rifornimento elettrico per 50 milioni di euro, ottenendo in cambio altrettanti fondi dalla Banca europea per gli investimenti. In cambio di tutte queste caramelle, i costruttori dovranno impegnarsi a mantenere il business dell’auto elettrica, ricerca e sviluppo inclusi, entro i patri confini. Nel piano non si fa cenno ai veri problemi dell’industria francese, automobilistica e non, tra i quali figura soprattutto l’elevato costo del lavoro ma il ministro del’Industria, Arnaud Montebourg, assicura che esso sarà oggetto di un intervento successivo.

In sintesi ed in soldoni, il governo francese tenta di mettere a leva il vantaggio competitivo che, qui ed ora, i costruttori francesi hanno sugli altri europei nell’auto elettrica, e fare un po’ di protezionismo non tariffario più o meno lecito. E’ vero che l’affermazione di nuove tecnologie spesso richiede l’intervento della mano pubblica nella fase del ciclo di vita in cui l’innovazione ha elevata probabilità di non raggiungere la “velocità di fuga”, ma questa iniziativa francese rischia di essere una battaglia di retroguardia, per quanto abilmente assemblata, sulla strada del declino manifatturiero. Vedremo inoltre se il dimensionamento della copertura finanziaria risulterà reale o solo illusorio.

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