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La storia di Cinzia, da restauratrice a pastore in Lunigiana

Lavora da due anni senza un giorno di tregua. Spesso va a letto a mezzanotte, dorme sino alle cinque, poi esce, si riposa per un paio di ore e alle sette è di nuovo in piedi per accudire i suoi 250 animali. Quando, qualche volta, si regala poche ore di libera uscita, perché un suo parente le dà il cambio, è costretta a portarsi dietro almeno una capretta, gianna e due agnelli.

E’ la storia di Cinzia Angiolini, 41 anni, di Pontremoli, che ha deciso di fare la pastora nella Lunigiana e occuparsi degli agnelli di Zeri, in provincia di Massa Carrara, dopo aver lasciato acquerelli, solventi e pennelli.

“L’arte - racconta - era il mio sogno. La mia vita”. Dopo il liceo artistico e un corso di restauro, durato cinque anni, che le ha permesso di lavorare con la Sovrintendenza di Pisa e Lucca e di rifare le pale degli altari di molte chiese, ha dovuto abbandonare tutto. Una malattia ai polmoni, dovuta all’uso di solventi, l’ha costretta al letto per tanto tempo.

Ma come è arrivata agli animali e come ha fatto ad improvvisarsi pastora?

“La decisione - spiega - è arrivata dopo alcuni anni. Intanto, ho sempre amato tutti gli animali. Sin da piccola. Ricordo che spesso portavo a casa gatti e cani abbandonati. Per loro mi sentivo un po’ come una mamma. Mio padre, poi, ha sempre avuto un allevamento di pecore. E una grande passione per loro. Quando ho deciso di dedicarmi agli agnelli del piccolo comune di Zeri, ero vicesindaco in una Giunta di centro sinistra a Zeri. Mi avevano affidato il compito di valorizzare questa razza. Di idee ne avevo tante. Ho portato avanti per anni il progetto di un mattatoio mobile, per evitare che gli animali percorressero inutilmente due - tre ore di viaggio prima della macellazione. 

Ho registrato solo parecchie resistenze da parte di chi continua a preferire mattatoi abusivi e poco igienici, oltreché una macellazione crudele. Si sa, nei mattatoi mobili l’animale viene stordito, prima di essere ammazzato. Ma, evidentemente, in tanti ancora qui preferiscono uccidere le povere bestie con i martelli. Si macella nei boschi o nelle case, si vende in nero. Nel 2001 ho creato con altre ragazze un Consorzio per la valorizzazione della pecora e dell’agnello di Zeri,che si è dato un disciplinare molto rigoroso. La voce alimentare, ad esempio, prevede, per la pecora, l'allevamento allo stato semibrado ed un’alimentazione a base di fieno locale. Gli agnelli, poi, devono essere nutriti con il latte materno e portati al pascolo con la madre fino alla macellazione”.

A causa del Consorzio, Cinzia ha dovuto abbandonare l'attività amministrativa...

“Sì, molti ravvisavano un conflitto di interessi. Era un pretesto per farmi fuori. Mi consideravano un personaggio troppo scomodo. Nel Consiglio comunale non si è mai discusso di provvedimenti relativi all'attività del Consorzio. Ma da consigliere ho preferito dare le dimissioni. Ora sono qui con le mie bestie e porto avanti un altro progetto: incentivare l’allevamento di agnelli solo per la produzione di lana. O meglio, della mezzalana, una stoffa semplice, fatta con ordito di canapa e trama in lana, che può essere considerato il tessuto tipico dell'abbigliamento popolare della Lunigiana. E questo, perché mi sta diventando sempre più difficile vedere i miei animali nascere e morire in modi tanto barbari. Credo molto nelle potenzialità dell’agricoltura, qui in Lunigiana. Non si può puntare tutto sul turismo bianco, visto che c’è poca neve. Si deve potenziare legato alle tradizioni locali, all'agricoltura e all'allevamento. Per fortuna la Regione Toscana è molto sensibile ai progetti del Consorzio. Ce la stiamo mettendo tutta, anche se fare la pastora è faticoso, non ti lascia giorni di libertà. Non le dico cosa succede quando di notte devo assistere a tre, quattro parti complicati da sola. Che stress! A dormire non vado per niente. Tra parentesi, ho imparato sul campo a far nascere gli agnelli. Non ho fatto corsi. E sa perché? In piena notte non puoi chiamare un veterinario. Siamo distanti dai centri abitati. Ci metterebbe tanto per arrivare. Vado avanti, comunque.. Amo i miei animali. Per me sono come dei figli. Quando qualche volta esco, ne porto sempre qualcuno con me”.

Ma vale la pena sacrificarsi così e quanto rende l’attività?

“Guardi non guadagno molto. Per fortuna il mio compagno lavora a Genova. Ma non mollo. Non tornerei indietro. Del resto, non posso più seguire la mia passione. Però, ammetto: ho perso un dono, ne ho trovato un altro. In futuro spero solo che qualcuno qui cominci a fare una politica con la P maiuscola, più attenta al territorio e alle sue ricchezze. Io sono qui”.

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