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La sindrome italiana sul lavoro americano

Sul suo blog, Vittorio Zucconi sbertuccia il pifferaio di Arcore sulla crescita degli inattivi sul mercato del lavoro italiano, nell’anno Diciassette dell’Era del Milione-di-Posti-di-Lavoro. Zucconi cita, per confronto, la discesa del tasso di disoccupazione americano a dicembre, dello 0,4 per cento, entro un’economia che “per fiacca che sia, continua a ritmi che noi ci sogniamo, vicina al 3% annuo”. Tutto vero, sul piano fattuale, ma servono alcune precisazioni.

La riduzione del tasso di disoccupazione americano deriva, nel mese di dicembre, sia da un aumento degli occupati che da un aumento degli inattivi. Lo si vede dalla variazione del tasso di partecipazione alla forza lavoro, sceso al 64,3 per cento rispetto al 64,5 per cento di novembre, nuovo minimo di ciclo e peggior dato da inizio degli anni Ottanta. Il tasso di partecipazione alla forza lavoro misura la percentuale dei soggetti in età lavorativa che fanno parte delle forze di lavoro e, indirettamente, il tasso di inattività.

Come abbiamo segnalato ad nauseam, se il tasso di partecipazione cala, il tasso di disoccupazione può scendere, e perde comunque di significatività. Questo è quello che non riesce a ficcarsi in mente Sacconi, ad esempio, ma non divaghiamo. Negli Stati Uniti, se il tasso di partecipazione fosse rimasto alla media storica recente del 66 per cento, oggi la disoccupazione non sarebbe al 9,4 ma all’11 per cento. Secondo laHousehold Survey, infatti, a dicembre il numero degli occupati è aumentato di 297.000 unità, ma la consistenza delle forze di lavoro si è ristretta di 260.000 persone. Quindi, circa metà della riduzione della disoccupazione americana in dicembre deriva dall’aumento di inattivi.

La situazione del mercato del lavoro statunitense appare piuttosto seria, per usare un eufemismo, e con alcuni tratti “italiani”. Oltre al già citato aumento degli inattivi, altro elemento che ci accomuna all’America è la presenza di disoccupati di lungo termine, fenomeno verificatosi in occasione di questa terribile crisi. A dicembre, secondo il Bureau of Labour Statistics, ben 6.441.000 americani risultavano disoccupati da oltre 26 settimane. A ciò si aggiunge il numero di quanti lavorano a part-time per motivi economici, cioè vorrebbero lavorare a tempo pieno ma non riescono, a causa di decisioni della propria impresa.

Tutto ciò premesso, e ferma restando la continua presa per i fondelli della propaganda italiana, dove ormai non c’è giornalista che non ripeta la giaculatoria della “disoccupazione italiana più bassa della media europea” (dimenticando sia i cassintegrati di lungo corso che il progressivo aumento del tasso di inattivi), possiamo dire che Zucconi ha detto un’imprecisione. Ma non è gravissimo, ormai siamo rassegnati all’idiosincrasia dei giornalisti italiani (domestici ed expat) per i numeri dell’economia.

Disoccupati oltre le 26 settimane

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